Paolo Mauri

 

 

Fantasmi a Montevideo

 

di Paolo Mauri

 

da La Repubblica, 7 agosto, 2000

 

 

Montevideo Le acque livide del Rio della Plata mettono a disagio. è il fiume, penso, che mette a disagio noi europei: è troppo vasto, troppo largo, troppo imponente. In verità è l'estuario di due fiumi, un'insenatura dell'Atlantico tra Buenos Aires e Montevideo. Con i battelli veloci di oggi tutto si risolve in una gita di poche ore: si va e si torna in giornata. Trovandomi a Buenos Aires decido che ci vado. Ma perché ci vado?

 

Mario e Carlo Verdone

 

 

 

Protocollo privato

 

Per un inedito di Campana

 

di Mario Verdone

 

da Fiera Letteraria, ANNO II/numero 4 - gennaio 1947, pag. 8

 

 

 

Caro direttore,

la pubblicazione nel numero di Natale della « Fiera », a cura di Franco Matacotta, di una nuova variante del canto noto (non inedito) di Dino Campana, che fu divulgato da Mario Novaro (Riviera ligure, maggio 1916), da Bino Binazzi (Dino Campana, Canti orfici, Vallecchi 1928), da Enrico Falqui (Dino Campana, Inediti, Vallecchi 1942), e da Federico Ravagli (Dino Campana e i goliardi del suo tempo, Marzocco 1942) cui anch'io ricorsi per l'articolo Domodossola in Rinascita di Siena del 12 ottobre 1944; divulgato  sull’autografo-base dedicato al Novaro, per i primi; e sull'autografo Ricordo al caro amico ed eccellente poeta Federico Ravagli per l'ultimo caso; non mi sembra che colmi i vuoti e le oscurità della stesura finora conosciuta, come ritiene il Matacotta, ma anzi riproponga e renda prolissa una questione ormai pressoché risoluta.

 

 

 Edoardo Sanguineti

 

 

La cometa Campana

 

di Edoardo Sanguineti

 

da L’Unità, sabato 29 dicembre 1984

 

 

Anno nuovo, anniversari nuovi. E quest'anno, per le lettere italiane, la mobilitazione generale sarà in favore di Manzoni, con quella sua culla che ha la bellezza di due secoli. Sulla linea di partenza centenaria, meno clamorosamente, si sta raccogliendo comunque un bel drappelletto di nomi, più e meno celebrati e celebrabili: Campana, Moretti, Onofri, Palazzeschi, Rebora...

E, per Dino Campana, potrebbe essere anche l'occasione giusta di un confronto serio e serrato, considerando che entusiasmi e diffidenze, fanatismi e cautele, si saranno pure raffreddati, nell'affrontarsi, con il tempo, ma non certamente spenti.

 

 

 Maria Corti

 

 

MA COSA E' MAI LA CRITICA AL FEMMINILE?

di Maria Corti

da: La Repubblica, 31 maggio 1997

 

 

Il non letterato si stupisce del posto che la critica letteraria occupa nella cultura e soprattutto del fatto che agli scolari si insegni che la critica illumina le opere letterarie. Il non letterato si intende di economia, di geografia, di ecologia e prende la critica per un insieme di chiacchiere.

 

 

 

 

 

 Alfredo Giuliani con Giuseppe Ungaretti, nel 1961

 

 

CAMPANA, MISTERO PAZZO

 

 

AVEVO QUALCHE ARTE MA POI NON NE HO PIÙ

 

di: Alfredo Giuliani

 

da: La Repubblica, 20 agosto 1985

 

 

Come videro Campana i più fini, i più acuti dei suoi coetanei? Emilio Cecchi: accanto a Campana, che non aveva affatto l' aria del poeta e tanto meno del letterato, ma d' un barocciaio, "si sentiva la poesia come fosse una scossa elettrica, un alto esplosivo". Camillo Sbarbaro lo rievocò sempre sospinto da un "malo vento". L' aveva conosciuto a Firenze nel quattordici: "Sghignazzava; moveva le membra disordinatamente. Un disagio nasceva intorno a lui come potesse di punto in bianco, sventatamente, cavar di tasca qualche cosa d' insanguinato".

 

 

Giovanni Bonalumi

 

 

Un falò per Campana

 

di Sebastiano Vassalli

 

da La Repubblica del 27 novembre 1993

 

  

Ho conosciuto Giovanni Bonalumi nel 1985, pochi mesi dopo la pubblicazione del mio libro su Dino Campana, La notte della cometa. Bonalumi - svizzero del Canton Ticino - era giunto, negli anni Quaranta, ad amare la poesia di Campana per vie sue, senza essere influenzato dall' ambiente fiorentino e toscano.

La sua tesi di laurea, per cui nel 1946 soggiornò a lungo a Firenze, era stata una delle quattro tesi che avevano mosso l'ira e il sarcasmo del sessantacinquenne Papini sulla rivista L'Ultima:

 

"Abbiamo avuto notizie sicure", scrisse Papini nel settembre del 1946, "che in questi tempi si son discusse o si stanno preparando per lauree in lettere nelle Università italiane ben quattro tesi sul poeta Dino Campana, morto, come ognun sa, nel manicomio di Castel Pulci nel 1932. (...) Ci sembra che si stia ridicolmente e pericolosamente esagerando il significato storico e il valore artistico dell' infelice poeta di Marradi. Un esame sereno della sua opera dimostra a chiare note ch' egli fu scarsamente originale - s' era nutrito molto di francesi dell' ultimo Ottocento - e che non può essere presentato, se non da fanatici tendenziosi, come autentico e grande poeta".

 

 

 

Michele Mari

 

 

Campana. La maledizione di essere un poeta

 

Versi estremi. Si stampano i taccuini inediti dell’autore dei Canti Orfici.

Sono la riconferma di un grande genio. La sua vita?

Una tragica favola, oggi diventata un best seller.

Dal Corriere della Sera


15 luglio 1990

 


 

Oh avere un cielo nuovo. Dove fuggire

 

di Michele Mari

 

 

NeIl'inverno del 1913, mentre si recavano alla tipografia Vallecchi, Ardengo Soffici e Giovanni Papini furono improvvisamente accostati da uno strano personaggio. «Ci disse che si chiamava Dino Campana — racconta Soffici che era poeta e venuto appositamente a piedi da Marradi per presentarci alcuni suoi scritti, aveme il nostro parere e sapere se ci fosse piaciuto pubblicarli nella nostra rivista [Lacerba]. Tirò fuori di tasca un vecchio taccuino coperto di carta ruvida e sporca, di quelli dove i sensali e i fattori segnano i conti e gli appunti delle loro compere e vendite, e lo consegnò a Papini”.