Antonio Lanza: Nel migliore dei mondi possibili
Nel migliore dei mondi possibili, Dino Campana a Firenze
di Antonio Lanza
(Pubblicato su Metropoli il 4 marzo 2011, pag. 16)
Le tracce di Dino Campana a Firenze e nella sua provincia sono molteplici e copiose. Come i suoi versi e le sue lettere, scritte col sangue, anche i numerosi rapporti d'amicizia, amore, odio profondo che coltivò nel capoluogo toscano furono intensi, fatali. Due di queste tracce sono chiare, macroscopiche ed inequivocabili: la sua tomba, dove è seppellito a Badia a Settimo e una targa commemorativa che ci ricorda la sua presenza a Lastra a Signa tra il 1916 e il 1918.
Gleiton Lentz: Alchimia del verbo, una lettura simbolica della Chimera
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di Gleiton Lenz, Universidade Federal de Santa Catarina - Brasil
Gleiton è il traduttore dei Canti Orfici in lingua portoghese
Inconsciamente io levai gli occhi alla torre barbara, scriveva Campana all'inizio del suo canzoniere orfico con piena consapevolezza di sé, perché sapeva, mentre tratteggiava quelle righe, che sacrificava all'irrazionale il significato primario delle cose, preferendo l'inconscio al conscio, il vaneggiare alla realtà. Se è già nella sua visionaria Notte che s'intravede per la prima volta il riferimento alla torre, ad una torre barbara, sarà invece la sua figura quella tipica del poeta torre d'avorio. Ossia, colui che si compiace nel disgregare il mondo — inteso come la suprema realtà — mediante lo sdoppiamento dell'io, nonostante un accentuato sguardo visionario delle cose.
UN POMPIERE NELLA PAMPA
di
Stefano Giovanardi
Repubblica — 20 agosto 1985
Del mito-Campana, ormai, si è proprio raschiato il fondo. Per molto tempo esso si è alimentato delle forti suggestioni provenienti da una figura di poeta assolutamente eccentrica, dall' aureola "maledetta" con cui è transitato nella storia letteraria del Novecento, dai molti misteri della biografia, e anche dalle non poche falsità che Campana stesso, preda di una follia di cui non è più lecito dubitare, divulgò involontariamente e contraddittoriamente sul suo conto. O forse è stata la poesia dei Canti orfici, così "ingenua" e complessa insieme, e così inquietante nelle sue punte di maggior rarefazione, a far scattare nei lettori una presunzione di eccezionalità, facilmente ribaltabile (e appigli non ne mancavano certo) sulla vita dell' autore. Ce ne è voluto, insomma, per stabilire una verità storicamente attendibile.
Mario Petrucciani: Campana le parole, la lunga marcia
Mario Petrucciani, Per la poesia
Studi 1943-2001,
a cura di Corrado Donati e Alberto Petrucciani, tre volumi,
Metauro Edizioni, Pesaro 2011
Prefazione di Franco Contorbia
La notte sta in apertura del libro di Campana: lampeggiante segnale biografico-simbolico. Notturni, subito dopo, è l’insegna della seconda sezione dei Canti Orfici. Non basta: nella prima pagina di questo comparto, precisamente ai versi 17-18 de La Chimera, Campana ha fissato una sorta di proprio identikit:
io poeta notturno
vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo,
Ora si dà il caso che in questa espressione, certamente essenziale come dichiarazione di poetica, ricorrano due termini che figurano già nel proemio, v. 42., del De rerum natura di Lucrezio, là dove il poeta annuncia la propria teoresi scientifica e filosofica epicurea, quindi in un passo anche esso intenzionalmente investito di determinazione programmatica.
Bicicletta e Poesia
di Silvano Salvadori
Alfredo Oriani pubblicò nel 1902 “La bicicletta”: "Virgilio cantò il cavallo, Monti il pallone, Carducci il vapore, molti la nave, nessuno ancora la bicicletta". È il racconto del suo solitario viaggio nell’estate del 1897 per la Romagna e la Toscana (mille chilometri, scrive con qualche esagerazione), attraverso campi assolati, borghi, città, luoghi della memoria e della storia, come la Verna, Siena, Montaperti, Pisa. È il libro più importante e più bello dedicato in Italia al ciclismo e alla bicicletta.
Sandro Chia: Dino e Sibilla
Dino Campana e l'amore
di Silvano Salvadori
Abusata la storia d’amore con Sibilla, come abusate sono le interpretazioni dei rapporti con le prostitute! Abusate nella loro interpretazione di cronaca, senza guardare al di là, o meglio senza guardare “al di dentro” del poeta!
Pochi, come Dino, non hanno scritto poesie convenzionali d’amore, coi loro tormenti, nostalgie, speranze ecc. : egli è alieno da ogni svenimento per le belle donne.
Silvano Salvadori: Il caffè di Campana
Nella "grotta di porcellana" con Dino Campana
CAFFÈ DEGLI SPECCHI
Nella poesia Genova Campana si presenta seduto in un locale in cui dà testimonianza della sua golosa abitudine di bere caffè.
Ne Il più lungo giorno nel secondo verso è aggiunto l’aggettivo “levantino”.
A Genova in Salita Pollaiuoli c’è il Caffè degli Specchi di Mauro Rossi e all’esterno fa bella mostra di sè una targa verde in metallo su cui sono riportati i primi tre versi qui sotto citati:
Entro una grotta di porcellana
Sorbendo caffè levantino
Guardavo dall’invetriata la folla salire veloce
Tra le venditrici uguali a statue, porgenti
Frutti di mare con rauche grida cadenti
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