da matacotta a cecchi sul duellog

Da una lettera di Franco Matacotta a Emilio Cecchi

Nel Fondo Matacotta si sono conservati i documenti  "cavallereschi" relativi alla vicenda,

ma solo con la pubblicazione degli articoli del Telegrafo fatta da A. Mastropasqua

(Un episodio inedito della biografia di Dino Campana in «Es», 6, gen-apr. 1977), 

è stato possibile ricostruire questa curiosa disavventura.


 

L’onore di un poeta

 

Il duello (mancato) di Dino Campana

a cura di Paolo Pianigiani

Pubblicato su Erba d'Arno, n. 101-102, Fucecchio 2005

 


Gli antefatti

A partire almeno dal primo di aprile del 1916, data che figura in una lettera al fratello Manlio, Dino risiede insieme ai genitori, che vi si erano trasferiti per la nomina del padre Giovanni a Direttore Didattico, a Lastra a Signa, presso l’Albergo Sanesi.

Convalescente per una malattia di sette mesi, il poeta si trasferisce il 28 di maggio del 1916 a Livorno, in via Malenchini n. 9,  presso la signora Fortunata Natali e frequenta la villa della pittrice marradese Bianca Fabroni, ad Antignano. Si porta dietro alcune copie dei Canti Orfici, con la speranza di venderle, contando anche sulla pubblicazione dell’articolo di Emilio Cecchi sulla Tribuna del 21 Maggio.

Viene quasi subito fermato (31 maggio) da un maresciallo di finanza, scambiato per una improbabile spia tedesca, perchè chiede a due signore indicazioni sulla ubicazione del Cantiere navale Orlando e della Regia Accademia Navale. Chiarito l’equivoco viene rilasciato.  Dino rimane a Livorno fino al 20 giugno, quando viene di nuovo arrestato, questa volta dalla Polizia Municipale, per aver fatto in pubblico discorsi strani. Viene rilasciato ma espulso da Livorno.

 

 

 

Campana fra noi

Federico Ravagli racconta gli anni del Poeta all'università di Bologna

 di Claudio Mercatali

 

Dal Blog della Biglioteca di Marradi 

 

 

Negli anni 1912 e 1913 Dino Campana si iscrisse all'Università di Bologna, facoltà di chimica, su consiglio di un parente. Un indirizzo di studi meno adatto a lui si fa fatica ad immaginarlo e infatti il Poeta non combinò niente. Però l'ambiente umano era accogliente, anche godereccio e maturarono diverse amicizie, fra le quali quella con Federico Ravagli, che poi diventerà professore di lettere e grande estimatore del Poeta.

 

 

Camillo Sbarbaro 

 

 

 

Sproloquio d'estate

 

di Camillo Sbarbaro

 

pubblicato sull'«Azione» di Genova

il 12-13 giugno 1921

 

 

Lo cercai dov'era certamente. Per «l’antica piazza dei tornei», scorsi la sua figura rossa e tozza. Sedemmo a un tavolo d'osteria come tant'anni prima. Egli era ancora il grassatore di strada che nell'inverno del 14 avevo visto al Paszkowski stampare orme terrose. Sghignazzava; moveva le membra disordinatamente. Un disagio nasceva intorno a lui come potesse di punto in bianco, storditamente, cavar di tasca qualche cosa d'insanguinato. Quella notte, s'era tolto di seno, per me la copia del suo libro, che si portava addosso come un certificato di nascita.

 

 

 

 

 

FEDERICO RAVAGLI

DINO CAMPANA

E I GOLIARDI

DEL SUO TEMPO

(1911-1914)

 

AUTOGRAFI E DOCUMENTI

CONFESSIONI E MEMORIE

 

CASA EDITRICE MARZOCCO

FIRENZE

(1942)

 

 

Sottovoce a Campana

 

 

Vengo a cercarti, Campana, ne' miei ricordi.

E se mi rivolgo qui a te, come una volta, quasi to fossi ancor vivo, e perchè la memoria ha bisogno di trovarsi in uno speciale stato di grazia, ha bisogno di un forte stimolo affettivo per diradare le nebbie addensate sugli anni lontani da un succedersi turbinoso di eventi.

Ascoltami, dunque. E non rimproverarmi se dopo it mio ritorno dall'Africa non ho voluto vederti. M'avevan detto che di te era vivo soltanto il corpo: e che it tuo spirito stava naufragando, ormai senza speranza, nelle tenebre tempestose di una squallida tragica notte.

 

 

 

L'aggiornamento del Vademecum 2023

 

a cura di paolo pianigiani

 

 

 


 

 

 

Emilio Cecchi

 

 

Quel Dino Campana 'selvatico e diabolico'

 

di Emilio Cecchi e Leonetta Cecchi Pieraccini 

 

Da Repubblica, 26 maggio 1990

 

 

A BOLOGNA C' E' UN PITTORE: SI CHIAMA MORANDI

 

Firenze, venerdì 4 gennaio 1918

 

Carissimo mio, prima di tutto ti dirò che ho già avuto il vaglia della Tribuna: che sollecitudine meravigliosa no? (...). Ma senti che mi capita stamani. Mi capita Campana. Fin qui nulla di eccezionale. L'eccezionale, l'inaudito è stata la conversazione; neanche la conversazione: il monologo. A momenti mi pigliava quel profondo sottile tremore che si prova dinanzi ai pericoli perché vedevo il viso del mio interlocutore vieppiù alterarsi e gli occhi lustrare come se fossero di vetro. Egli era in uno stato di eccitamento verboso e immaginativo che rasentava la pazzia.

fam orlandelli
 
 

Sulle tracce di Regolo

 

di Paolo Pianigiani

 

 
Regolo è, insieme al “Russo”, che è ancora più misterioso di lui, l’unico personaggio maschile degli Orfici ad avere una qualche connotazione identificativa. Se si eccettua quel l’antico compagno di scuola, scoperto da Stefano Drei fra le foto antiche del Liceo Torricelli: il professore “purulento”, Oddone Assirelli, che appare e scompare come un fantasma ne “La giornata di un nevrastenico”.

Campana sia direttamente, ad esempio quando parlava di sé con Pariani, sia indirettamente, per gli accenni contenuti nei Canti Orfici, è una fonte degna di fede per chi vada raccogliendo notizie sulla sua vita. E questa affermazione trova una conferma anche nel fatto che una figura come quella di Regolo Orlandelli, come ho potuto constatare di persona, è esistita veramente. La ricerca che in base alle indicazioni fornite dal poeta a Pariani mi accingevo a compiere a Mantova è stata facilitata dal prof. Salvatore Gelsi, che qui ringrazio, il quale già da qualche tempo si stava occupando di alcuni personaggi pittoreschi della propria città.