Camillo Sbarbaro 

 

 

 

Sproloquio d'estate

 

di Camillo Sbarbaro

 

pubblicato sull'«Azione» di Genova

il 12-13 giugno 1921

 

 

Lo cercai dov'era certamente. Per «l’antica piazza dei tornei», scorsi la sua figura rossa e tozza. Sedemmo a un tavolo d'osteria come tant'anni prima. Egli era ancora il grassatore di strada che nell'inverno del 14 avevo visto al Paszkowski stampare orme terrose. Sghignazzava; moveva le membra disordinatamente. Un disagio nasceva intorno a lui come potesse di punto in bianco, storditamente, cavar di tasca qualche cosa d'insanguinato. Quella notte, s'era tolto di seno, per me la copia del suo libro, che si portava addosso come un certificato di nascita.

 

 

 

 

 

FEDERICO RAVAGLI

DINO CAMPANA

E I GOLIARDI

DEL SUO TEMPO

(1911-1914)

 

AUTOGRAFI E DOCUMENTI

CONFESSIONI E MEMORIE

 

CASA EDITRICE MARZOCCO

FIRENZE

(1942)

 

 

Sottovoce a Campana

 

 

Vengo a cercarti, Campana, ne' miei ricordi.

E se mi rivolgo qui a te, come una volta, quasi to fossi ancor vivo, e perchè la memoria ha bisogno di trovarsi in uno speciale stato di grazia, ha bisogno di un forte stimolo affettivo per diradare le nebbie addensate sugli anni lontani da un succedersi turbinoso di eventi.

Ascoltami, dunque. E non rimproverarmi se dopo it mio ritorno dall'Africa non ho voluto vederti. M'avevan detto che di te era vivo soltanto il corpo: e che it tuo spirito stava naufragando, ormai senza speranza, nelle tenebre tempestose di una squallida tragica notte.

 

 

 

L'aggiornamento del Vademecum 2023

 

a cura di paolo pianigiani

 

 

 


 

 

 

Emilio Cecchi

 

 

Quel Dino Campana 'selvatico e diabolico'

 

di Emilio Cecchi e Leonetta Cecchi Pieraccini 

 

Da Repubblica, 26 maggio 1990

 

 

A BOLOGNA C' E' UN PITTORE: SI CHIAMA MORANDI

 

Firenze, venerdì 4 gennaio 1918

 

Carissimo mio, prima di tutto ti dirò che ho già avuto il vaglia della Tribuna: che sollecitudine meravigliosa no? (...). Ma senti che mi capita stamani. Mi capita Campana. Fin qui nulla di eccezionale. L'eccezionale, l'inaudito è stata la conversazione; neanche la conversazione: il monologo. A momenti mi pigliava quel profondo sottile tremore che si prova dinanzi ai pericoli perché vedevo il viso del mio interlocutore vieppiù alterarsi e gli occhi lustrare come se fossero di vetro. Egli era in uno stato di eccitamento verboso e immaginativo che rasentava la pazzia.

fam orlandelli
 
 

Sulle tracce di Regolo

 

di Paolo Pianigiani

 

 
Regolo è, insieme al “Russo”, che è ancora più misterioso di lui, l’unico personaggio maschile degli Orfici ad avere una qualche connotazione identificativa. Se si eccettua quel l’antico compagno di scuola, scoperto da Stefano Drei fra le foto antiche del Liceo Torricelli: il professore “purulento”, Oddone Assirelli, che appare e scompare come un fantasma ne “La giornata di un nevrastenico”.

Campana sia direttamente, ad esempio quando parlava di sé con Pariani, sia indirettamente, per gli accenni contenuti nei Canti Orfici, è una fonte degna di fede per chi vada raccogliendo notizie sulla sua vita. E questa affermazione trova una conferma anche nel fatto che una figura come quella di Regolo Orlandelli, come ho potuto constatare di persona, è esistita veramente. La ricerca che in base alle indicazioni fornite dal poeta a Pariani mi accingevo a compiere a Mantova è stata facilitata dal prof. Salvatore Gelsi, che qui ringrazio, il quale già da qualche tempo si stava occupando di alcuni personaggi pittoreschi della propria città.

 

 

Leonetta Cecchi Pieraccini: Apparizioni di Dino Campana

Vallecchi, Firenze, 1952 

 

 Ringrazio l'amico Silvano Tognacci per avermi inviato questo testo

(paolo pianigiani)

 

 

 

APPARIZIONI DI DINO CAMPANA

 

Fu verso il 1913 che incominciarono a circolare, nel mondo letterario italiano, le prime notizie e dicerie intorno a Dino Campana, poeta stravagante e lunatico, sceso dalla nativa Marradi a Firenze, come stazione più prossima, ma reduce da più lontane mète e da complicati vagabondaggi in compagnia di tribù li zingari, di saltimbanchi, di carbonai, di bossiaki russi, di gauchos argentini.

 

Bartolini incisione 

 

MEMORIE SU DINO CAMPANA


di Luigi Bartolini

 

Da Nuova Antologia, 1 ottobre 1941

 


Ero andato ad abitare in casa ďuno di quei fiorentini che sanno legare pietrine a musaico. Vecchio, bonario, tollerava tutto. Tollerava che non fossi rientrato in casa, di notte, passandola al vento buio dell´Arno o del Piazzale Michelangelo. Fra le altre cose, tollerò che io tenessi a dormire, nella mia camera, per alcuni giorni, forse una quindicina, Dino Campana. Egli dormiva in terra sopra una stuoia dozzinale.

Diceva che non gli importava di dormire per terra: e, sopra il punto del suo grande timore di riuscire ad essere di peso alle persone, tutti quelli che l´hanno conosciuto sanno quanto egli fosse delicatissimo, pudico come una vergine fanciulla che abbia paura di spogliarsi, anche se sta chiusa a chiave dentro la came­ra. Infatti Campana aveva accettato di venire a dormire nella mia casa perché proprio non avrebbe potuto fare a meno. Nessun altro, allora, gli avrebbe dato ospitalità.