Un trekking con il Poeta sul Falterona

Nel Fondo Matacotta si sono conservati i documenti "cavallereschi" relativi alla vicenda,
ma solo con la pubblicazione degli articoli del Telegrafo fatta da A. Mastropasqua
(Un episodio inedito della biografia di Dino Campana in «Es», 6, gen-apr. 1977),
è stato possibile ricostruire questa curiosa disavventura.
Gli antefatti
A partire almeno dal primo di aprile del 1916, data che figura in una lettera al fratello Manlio, Dino risiede insieme ai genitori, che vi si erano trasferiti per la nomina del padre Giovanni a Direttore Didattico, a Lastra a Signa, presso l’Albergo Sanesi.
Convalescente per una malattia di sette mesi, il poeta si trasferisce il 28 di maggio del 1916 a Livorno, in via Malenchini n. 9, presso la signora Fortunata Natali e frequenta la villa della pittrice marradese Bianca Fabroni, ad Antignano. Si porta dietro alcune copie dei Canti Orfici, con la speranza di venderle, contando anche sulla pubblicazione dell’articolo di Emilio Cecchi sulla Tribuna del 21 Maggio.
Viene quasi subito fermato (31 maggio) da un maresciallo di finanza, scambiato per una improbabile spia tedesca, perchè chiede a due signore indicazioni sulla ubicazione del Cantiere navale Orlando e della Regia Accademia Navale. Chiarito l’equivoco viene rilasciato. Dino rimane a Livorno fino al 20 giugno, quando viene di nuovo arrestato, questa volta dalla Polizia Municipale, per aver fatto in pubblico discorsi strani. Viene rilasciato ma espulso da Livorno.

A proposito di Dino Campana e dei suoi Canti orfici vogliamo oggi ren der pubblica, e così sottoporre all’altrui riflessione, una circo stanza che ci sorprende non sia stata ancora avanzata, con la dovuta sottolineatura, da parte di altri, pur essendo numerosissimi coloro che si sono, anche molto sottilmente, occupati dell’opera. L’osservazione riguarda l’integrità del testo dei Canti orfici, quale fu stampato, in Marradi, dal Ravagli nel 1914.
Testo che, dopo l’edizione curatane dal Binazzi, per Vallecchi, nel 1928, noi potemmo migliorare nelle successive ristampe vallecchiane del ’41, del ’52 e del ’60, sempre prendendo e tenendo a campione quello della prima edizione, secondo il preciso desiderio dello stesso autore, tuttavia consapevoli, per sua stessa ripetuta confessione, delle inesattezze e delle incertezze cui non gli era stato disgraziatamente possibile sottrarre quelle pagine, scritte « in vari intervalli della sua vita errante » e lasciate « come a testimonio di sé medesimo ».
Una testimonianza sulla fedeltà della quale il Campana interveniva di frequente, a voce e per iscritto, con giunte e varianti e correzioni nelle copie offerte agli amici o vendute a estranei: segno che non finiva di esserne insoddisfatto.

Dino arriva a Livorno, risiede presso Fortunata Natali in via Malenchini 9 articolo Telegrafo del 1 giugno: …dichiaro' di trovarsi a Livorno da tre giorni
di Andrea Marzi |
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da "Salvo Imprevisti",quadrimestrale di poesia,anno XI-XII, sett. ’84 – apr. ‘85
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| "Chinan l’ore: col sogno vanitochina la pallida sorte".
Dino Campana
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Prima di incontrare Dino Campana nel 1926 a Castel Pulci, lo psichiatra Carlo Pariani1 aveva già avuto contatti con l’arte e gli artisti. Fin dai primi del ‘900 - esattamente nell’aprile del 1907 - aveva pubblicato nella Rivista di Patologia Nervosa e Mentale un articolo su uno scultore affetto da neurosifilide e, nell’aprile del 1913, nella stessa rivista, era apparso un lungo e dettagliato articolo su un pittore e scultore toscano, Pio Galeffi, da più di quarant’anni ospedalizzato per "demenza precoce", l’attuale schizofrenia.

Ringrazio Andrea Cogerino di avermi autorizzato a pubblicare questa bellissima lettera di Dino. (paolo pianigiani)
Nel 1917 i miei bisnonni ospitarono a Rubiana "il poeta matto", Dino Campana. Negli anni Ottanta e Novanta mia nonna Alice, figlia di Irma Gallo e Renzo Bottinelli, mi parlava spesso del "poeta pazzo" che sua madre (e suo padre) ospitò tanti anni prima. Stando ai racconti di famiglia che per decenni — quasi cento anni a questo punto — si son tramandati, il poeta Dino Campana era una persona buona e sensibile, ma molto solitaria e sofferente, e un po' matta: andava nel fiume Messa d'inverno (un'ora a piedi dal Mollar, dov'era ospitato presso Villa Irma), spaccava il ghiaccio e faceva il bagno. Mia nonna Alice mi raccontava spesso anche di lettere che il poeta scrisse a sua madre, Irma, e mai ritrovate. A metà degli anni Novanta i miei nonni se ne andarono, e delle lettere non si seppe più nulla.


Alberto Petrucciani
La notizia, per noi campaniani e per il mondo delle lettere è di quelle bomba: sono ricomparse le Cartelle cliniche di Dino Campana.