Campana inedito
di Gianfranco Contini
Le «varianti» rispetto ad altre redazioni
dal Corriere della Sera, Mercoledì 31 dicembre 1986
Gianfranco Contini analizza i versi pubblicati il 22 ottobre
Ricordo una città vecchia, rossa di mura e turrita, arsa su la pianura sterminata ne l'agosto torrido enorme, con il lontano refrigerio d'ampie e molli colline su lo sfondo.
Archi enormemente vuoti di ponti tesi su il fiume impaludato in magre stagnazioni di piombo. Sagome nere di zingari che vanno e silenziose su la riva: tra il barbaglio lontano di un canneto remote forme ignude di adolescenti, il profilo e la barba giudaica di un vecchio cieco: e a un tratto da il mezzo de l'acqua morta e cieca e le zingare mobili e un canto morto, da la palude afona una nenia primordiale monotona e irritante. E del mio tempo fu sospeso il corso.
Inconsciamente io levai gli occhi a la torre vera barbara che dominava il viale lunghissimo dei platani. Sopra il silenzio novo fatto visione intenso, essa riviveva il suo mito lontano e selvaggio; mentre per lontane visioni, per sensazioni oscure e violente un altro mito profondo, anch'esso mistico e selvaggio mi ricorreva a la mente a tratti.
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