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Sebastiano Vassalli

 

 

Dino Campana le solite bugie

di Sebastiano Vassalli

da: La Repubblica del 11 marzo 1995

 

 

Non c'è pace per il poeta forse più grande, certamente più disgraziato del nostro Novecento. Una insulsa crociata campanilistica ne rivendica le spoglie - sepolte nella chiesetta romanica di Badia a Settimo presso Firenze - al cimitero comunale di Marradi, il paese in cui nacque e di cui, per un quindicennio, fu "il matto" e ora, un'operazione editoriale che definire discutibile sarebbe eufemistico, perché non ci sono aspetti positivi che possano essere discussi, soltanto aspetti negativi, rimette in circolazione un testo che fu, è e continuerà ad essere il cavallo di battaglia di quanti perseguitarono Dino Campana da vivo e vogliono continuare a perseguitarlo da morto.

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Giovanni Bonalumi

 

 

Un falò per Campana

 

di Sebastiano Vassalli

 

da La Repubblica del 27 novembre 1993

 

  

Ho conosciuto Giovanni Bonalumi nel 1985, pochi mesi dopo la pubblicazione del mio libro su Dino Campana, La notte della cometa. Bonalumi - svizzero del Canton Ticino - era giunto, negli anni Quaranta, ad amare la poesia di Campana per vie sue, senza essere influenzato dall' ambiente fiorentino e toscano.

La sua tesi di laurea, per cui nel 1946 soggiornò a lungo a Firenze, era stata una delle quattro tesi che avevano mosso l'ira e il sarcasmo del sessantacinquenne Papini sulla rivista L'Ultima:

 

"Abbiamo avuto notizie sicure", scrisse Papini nel settembre del 1946, "che in questi tempi si son discusse o si stanno preparando per lauree in lettere nelle Università italiane ben quattro tesi sul poeta Dino Campana, morto, come ognun sa, nel manicomio di Castel Pulci nel 1932. (...) Ci sembra che si stia ridicolmente e pericolosamente esagerando il significato storico e il valore artistico dell' infelice poeta di Marradi. Un esame sereno della sua opera dimostra a chiare note ch' egli fu scarsamente originale - s' era nutrito molto di francesi dell' ultimo Ottocento - e che non può essere presentato, se non da fanatici tendenziosi, come autentico e grande poeta".

 

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 Una pagina del "Taccuino Matacotta"

 

 

COL SANGUE DEL FANCIULLO

 

di Stefano Giovanardi

 

da La Repubblica,1 settembre 1990

 

 

Quando Dino Campana, il 28 gennaio del 1918, entrò nel manicomio di Castel Pulci per non uscirne mai più e nei quattordici anni che lì trascorse prima di morire non aggiunse un solo verso alle fantasie senza importanza scritte nella vita di prima , lasciava dietro di sé una produzione letteraria assai confusa: un'edizione in mille copie, pagata al tipografo Ravagli di Marradi grazie a una colletta di amici, dei Canti orfici; e poi una serie di carte e taccuini manoscritti, quasi sempre privi di data, che sarebbero stati pubblicati senza troppi scrupoli filologici solo molto tempo dopo la morte del poeta.

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Campana inedito

 

di 

Roberto Incerti

 

da: La Repubblica, 28 giugno 2000

 

«E' una ricostruzione puntuale la tua, che a me sembra persuasiva, specialmente con i testi ritrovati da te». Le parole di Mario Luzi sono rivolte a Gabriel Cacho Millet, studioso di Dino Campana e autore del libro «Dino Campana sperso per il mondo. Autografi sparsi 1906-1918» appena pubblicato dalla casa editrice fiorentina Leo S. Olschki (lire 53.000) nella collana «Cultura e memoria» realizzata in collaborazione con la Provincia.

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Gigliola Tallone, omaggio a Giuseppe Pellizza da Volpedo

 


VIRGINA TANGO PIATTI

 

“CANZONE IN MORTE DI GIUSEPPE PELLIZZA DA VOLPEDO”

 

di Gigliola Tallone  

    

Gennaio 2012 - rev. Febbraio 2023

 

 

Una poesia di Virginia Tango Piatti “Agar”

 

Virginia ha scelto per quest’ode dedicata a Pellizza la forma di “canzone”, la più adatta, a mio parere, per la dolorosa dedica all’amico e la sua poetica pittura. Virginia conosceva bene Giuseppe, e lo frequentava assiduamente mentre era ospite del cognato Cesare Tallone, marito della sorella maggiore Eleonora. Aveva vent’anni al suo approdo a Bergamo, per assistere la sorella alla sua prima gravidanza. Irene, la primogenita, nasce a gennaio del 1889 e dopo pochi mesi Giuseppe Pellizza “Pepin” immortala con splendide fotografie il suo amato professore e la moglie con la bambina.

Irene, come si legge in posteriori lettere di famiglia, diventa la coccola di tutti gli allievi di Tallone che frequentavano la casa del professore.

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Emilio Cecchi

 

 

Quel Dino Campana 'selvatico e diabolico'

 

di Emilio Cecchi e Leonetta Cecchi Pieraccini 

 

Da Repubblica, 26 maggio 1990

 

 

A BOLOGNA C' E' UN PITTORE: SI CHIAMA MORANDI

 

Firenze, venerdì 4 gennaio 1918

 

Carissimo mio, prima di tutto ti dirò che ho già avuto il vaglia della Tribuna: che sollecitudine meravigliosa no? (...). Ma senti che mi capita stamani. Mi capita Campana. Fin qui nulla di eccezionale. L'eccezionale, l'inaudito è stata la conversazione; neanche la conversazione: il monologo. A momenti mi pigliava quel profondo sottile tremore che si prova dinanzi ai pericoli perché vedevo il viso del mio interlocutore vieppiù alterarsi e gli occhi lustrare come se fossero di vetro. Egli era in uno stato di eccitamento verboso e immaginativo che rasentava la pazzia.

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Vassalli, la guerra infinita

 

Chi ha «tradito» Dino Campana?

 
Polemica. Nel nome del poeta, 14 anni di accuse tra lo scrittore e il Comune di Marradi

 

di Mario Baudino

 

da La Stampa, Società e Cultura, domenica 12 Aprile 1998

 
 
«I libri rendono infelici... mi hanno fatto soffrire», avrebbe detto, forse sul letto di morte, lo psichiatra Carlo Pariani che ebbe come paziente Dino Campana, uno dei grandi poeti del nostro Novecento, nel manicomio di Castelpulci.

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  1. Enrico Falqui: aggiornamento nota bibliografica
  2. Michele Mari: Oh avere un cielo nuovo. Dove fuggire
  3. Campana. La maledizione di essere un poeta
  4. Un disgraziato episodio della vita di Campana

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