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Dino e Antonia

 

di Emiliano Cribari

 

 

Milano e Marradi. Le Alpi e l’Appennino. Antonia Pozzi e Dino Campana. Due anime inquiete. Due poeti. Siamo agli inizi del Novecento.
Dino, in montagna, non cammina: fugge. Antonia invece ammira. Estasiata. Verso l’unico grande amore corrisposto della sua vita: la montagna. In alto, Dino cerca un riparo: in paese lo chiamano il matto; morirà in manicomio (di setticemia) dopo quattordici anni di reclusione. È il 1 marzo 1932. Antonia no: sceglierà dove morire. "Ho visto un pezzo di prato libero che mi piace" scriverà nel suo diario un anno prima. "Pensare di essere sepolta qui non è nemmeno morire, è un tornare alle radici. Ogni giorno le sento più tenaci dentro di me.
Le mie mamme montagne".

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LA CHIMERA NEI «CANTI ORFICI» DI DINO CAMPANA

 

di Neuro Bonifazi

 

 

Dall'epoca romantica in poi, nel corso del secolo XIX e oltre, in Europa, i mitici mostri dell' antichita (Medusa, Chimera, Sfinge, Gorgone, Sirena, ecc.) diventano, nell'immaginario dei poeti, i simboli della loro concezione della bellezza in genere, di quella femminile in specie, della Donna e dell'eros. A cui si aggiungono le immagini emblematiche ed evocative dei grandi artisti, Leonardo, Raffaello, Michelangelo, Diirer, ecc., e in particolare, a un certo punto, I'immagine della Gioconda.

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Classe Quinta Ginnasio 1900-01 

La foto, ricavata da una lastra originale riscoperta nel 1957, è notissima perché nel penultimo ragazzo seduto in basso,

con i calzoni chiari, si credette di riconoscere Dino Campana

Ma il poeta quell’anno era allievo di prima liceo e quel giovane si chiamava invece Filippo Tramonti

 


 

Un palazzo rosso, un’estate torrida:

vita quotidiana nel Liceo Torricelli

ai tempi di Dino Campana

 

di

Stefano Drei

 

da

Liceo Torricelli-Ballardini Faenza, ed. Minerva, Bologna, 1917

 

 

   Nel fortunato romanzo biografico di Sebastiano Vassalli su Dino Campana, due brevi capitoli tentano di ricostruire le disavventure vissute dal poeta nel Regio Liceo Ginnasio Torricelli. Il romanziere afferma di non avere «informazioni particolareggiate», ma ritiene di non averne bisogno perché sa già che il liceo faentino «certamente è simile a qualsiasi altro liceo classico di qualsiasi piccola città della provincia italiana: Pinerolo, Caserta, Trapani». Probabilmente ha acquisito qualche informazione sul palazzo degli Studi sede del liceo, ma certamente non sa che si tratta dello stesso «antico palazzo rosso» che ospita la pinacoteca descritta in una pagina dei Canti Orfici, né che altre memorie di quell’esperienza scolastica intersecano variamente altre pagine del libro.

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Atti del convegno Firenze 18 - 19 marzo 1973

 

Seconda Giornata

 

EVOLUZIONE DEGLI STATI CROMATICO-MUSICALI

 

Di Maura Del Serra

 

(Trascrizione di Andreina Mancini)

 

 

Il tema di questo intervento costituisce in gran parte l'argomento di uno studio assai più ampio che esamina l'evoluzione della poetica di Campana; perciò non può e non vuole essere, in questa sede, una sorta di improbabile riassunto delle indagini stilistiche e testuali su cui si basano le conclusioni di quello stesso studio, che riguardano il divenire aperto delle immagini lungo l'intero arco temporale dei Canti orfici, che è notoriamente molto composito. Mi sembra dunque che qui possa risultare utile prendere le mosse, come base chiarificatrice, dal periodo centrale della creatività campaniana, quello che va dalla fine del 1910 con La Verna, da questa a Genova (1913 circa) fino agli ultimi frammenti, come Arabesco-Olimpia e L'infanzia nasce.., estremamente ricchi e densi di significati; e in questo itinerario mettere in luce, anche brevemente, il tipo e il significato del viaggio — un termine-guida della poetica di Campana — che le immagini percorrono lungo la loro direttrice costante di evoluzione negli Orfici. La direttrice è quella cromatico-musicale, sinestetica, o meglio analogica; intendendo quest'ultimo aggettivo in un senso dinamico che unisca l'eredità viva dell'analogia musicale del simbolismo europeo con i presagi, presenti nei lirici nuovi ma particolarmente in Campana, dell'analogia essenziale novecentesca, che sboccherà nella poetica dell'ermetismo.

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Paolo Toschi

 

 

Paolo Toschi: Ricordando.

 

Il Rimbaud della Romagna

Da: Il Resto del Carlino, Bologna, 27 novembre 1926.

 
 
 

«Ora è rinchiuso nel manicomio di Castelpucci». Così terminavano le brevi notizie che Papini e Pancrazi hanno scritto di Dino Campana davanti a una giudiziosa scelta delle sue cose, in quell'antologia degli Scrittori ďoggi, di cui i giovani letterati sogliono dir male fin che non sperano di comparirvi anche loro.

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foto di Emiliano Cribari

 

 

IL POETA ERRANTE

Un ritratto di Dino Campana

 

Le ultime notizie di lui si hanno dalle montagne della Romagna toscana

(nota autografa di Dino Campana destinata probabilmente a essere inclusa nella prima edizione dei Canti Orfici)

 

da:  Mar d’Appennino (Edizioni dei Cammini, 2022)

 

 

La prima volta che sentii parlare di Campana – frequentavo il liceo – rimasi colpito quasi unicamente dal suono del suo nome: Dino Campana. Certo, mi rapiva anche l’idea di questo paese – Marradi – che non conoscevo e che sognavo affossato in una densa fissità di castagni, e poi il fatto che il suo libro – anch’esso – suonasse così fatalmente bene: Canti Orfici. Non fui invece mai colpito dalla notizia, trita e ritrita, “facile”, della follia di Campana. Per me il genio è un barlume di lucidità.

Anche quando nasce nel buio.

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Ricevo dal mio amico Dino Castrovilli e pubblico subito!

paolo pianigiani

 


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  1. Il santino di Fanny
  2. Paolo Pianigiani: Due lettere di Dino Campana
  3. Giorgio Luti: Francesco Meriano
  4. Dino in inglese

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