Dino Campana pellegrino alla Verna
Firenze, 2 settembre 2024 – Secondo lo scrittore romagnolo Federico Ravagli “si respira più mondo in Campana che nelle descrizioni di cento esploratori. C’è più cielo e più mare, più terra e più sole nei Canti Orfici, che sulla tolda dei transatlantici e sugli aerei trasvolanti la plastica dei continenti”.
L’evidente continuità tra le escursioni del poeta di Marradi e la sua produzione poetica era stata la base del fortunato libro di Giovanni Cenacchi I Monti Orfici di Dino Campana, edito da Polistampa nel 2003 e più volte ristampato. Oggi questa indagine “geo-letteraria” trae nuova linfa dagli studi di Andrea Benati, che firma il saggio Terra d’umanesimo (Mauro Pagliai Editore), in uscita il 1° settembre e incentrato in modo particolare sul pellegrinaggio del 1910 verso il santuario della Verna. Sulla forte simbiosi fra versi e realtà – sia essa oggettiva oppure “sentita” – nella poesia di Campana sono ormai concordi le voci più autorevoli della critica: lo stesso poeta di Marradi si trovò a esplicitare tale legame davanti al primo dei suoi biografi, Carlo Pariani. La geografia dei Canti orfici e del Più lungo giorno diventa quindi valida chiave di lettura tanto della sua produzione poetica, quanto dei territori frequentati e descritti nei suoi diari. Le valli e i monti da lui percorsi sono le stesse per cui passarono anche Dante e Francesco d’Assisi: siamo a cavallo delle terre di Romagna, di Firenze e d’Arezzo, segnate nei secoli dalla civiltà etrusca e poi dal monachesimo medievale. “È anche attraverso quei luoghi”, spiega Benati, “che si giunge alla sintonia con la voce di Campana, voce che non nasce da astratte ispirazioni o speculazioni, ma da un vissuto materiale, segnato da pesanti tensioni, sofferenze e irrisioni: che quasi solo in contesti appartati gli hanno lasciato qualche parentesi di quella serenità senza cui non riusciva a scrivere”.
Gherardo Del Lungo (335 1373725)
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