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Ardengo Soffici

Paolo Pianigiani: Due punti di vista

Dino nel dicembre del 1913, si reca presso la sede della rivista “Lacerba”, a Firenze per incontrare i due direttori, Ardengo Soffici e Gio­vanni Papini, ai quali presenta e af­fida il manoscritto delle sue poesie dal titolo Il più lungo giorno, speran­do in una pubblicazione, almeno di qualche testo, nella rivista. Soffici, ultimo depositario del quaderno, in un trasloco lo smarrisce; verrà ritrovato tra le sue carte solo qualche anno dopo la sua scomparsa, nel 1971.

Il momento del primo incon­tro - qui descritto proprio da Soffici - corrisponde, dunque, all’inizio del­la lunga e tormentata vicenda del manoscritto, che conteneva testi che, insieme ad altri, confluiranno nei Canti Orfici. Dopo lo smarrimento del “taccuino”, Campana li riscriverà basandosi su altri manoscritti e li pubblicherà nel 1914 presso la tipografia Ravagli di Marradi.

La testimonianza di Soffici, quasi una cronaca in diretta, è del 1931.

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 La Maddalena, disegno di Carlo Pastorelli

 


UN RITROVATO AMICO DI CAMPANA: AUGUSTO GARSIA

di

Silvano Salvadori

 

Dalla rivista Almanacco Maddalenino VII, Paolo Sorba Editore,

2016 per CO.RI.S.MA, pp.89-96

 


 

(Testi campaniani sull’isola Maddalena)


PROSA IN POESIA


Un verde bizantino
Sopra un occhio dorato
Descrivo le lastre a quadri
Dell’isola Maddalena
Per scale di granito
Ci sono i vecchi lampioni
E pure si trova le femmine
All’isola Maddalena
Per scale di granito
Un organetto che sona
E signorine donate
A un vecchio bon sangue italiano
Un verde bizantino
Sopra un occhio dorato
Sopra le lastre a losanga
Dell’isola Maddalena
La Giuseppina si affaccia
È tutta vestita di rosso
La casa di granito
E sona l’organetto
Sotto l’insegna di ruggine
Sopra le lastre a losanga
Dell’isola Maddalena
Nel rantolo dell’ancora
Che stanca le bandiere
Si stanca sul granito
Sopra le lastre a quadri
Dell’isola Maddalena
Coll’ombra dell’occhio dorato
L’abete che riparte
Con cingoli di carene
Dell’ancora portandosi
Solo il segnale la sera
Ch’è stanca la bandiera
Ai monti lontani di Aggius
Ondeggia la rossa bandiera
Nel rantolo dell’ancora
Sotto i lampioni la sera.


(Dal Taccuino a cura di Franco Matacotta”, Amici della Poesia, Fermo, 1949)

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L’ostessa Ofelia Cimatti (seconda da sinistra) con camerieri e avventori davanti alla porta della nuova Osteria della Mosca in piazza Biffi (ora piazza Martiri della Libertà). Anno 1940 circa: sono trascorsi quasi trent’anni da quando Dino Campana l’ha evocata nei Canti Orfici. [Proprietà Sergio Montanari.]


Orfeo, Ofelia e una piazza


(con un’ipotesi sul titolo dei Canti Orfici)

Stefano Drei

 

(Pubblicato su La Piê. Rivista bimestrale d’illustrazione romagnola, anno LXXXII, numero 1, gennaio-febbraio 2013, pp. 10-15)

 

«Orfici? Perché? La parola non ci parve chiara»1. Federico Ravagli e gli amici bolognesi di Dino Campana erano perplessi. All'interno dei Canti Orfici il nome del mitico cantore non compare mai e non compare nemmeno alcun esplicito riferimento alla sua vicenda. Orfeo è assente anche dal Più lungo giorno e dalle altre carte campaniane anteriori al capolavoro: certi indizi fanno supporre che la scelta del titolo sia intervenuta tardi, quando il libro era già quasi ultimato. Non si vuol dire con questo che si tratti di scelta immotivata: Ravagli, forse indirizzato dallo stesso Dino, ne individuava la fonte ne I grandi iniziati di Édouard Schuré; una fonte su cui poi sono tornati in molti.

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Parole come musica, la straordinaria lettura di Carmelo Bene così viene ricordata da Alessandro Baricco:

 "Carmelo Bene. Me l'ero immaginato definitivamente ingoiato da una vita quotidiana inimmaginabile, e triturata dal suo stesso genio, portato via su galassie tutte sue, a doppiare pianeti che sapeva solo lui. Perduto, insomma. Poi ha iniziato a girare con questo suo spettacolo anomalo, una lettura dei Canti Orfici di Dino Campana.

L'ho mancato per un pelo un sacco di volte, e alla fine ci sono riuscito a trovarmi una poltrona, in un teatro, con davanti lui. A Napoli, all'Augusteo. Scena buia, solo un leggio. Lui, lì, con una fascia sulla fronte alla McEnroe, e dei segni di cerone bianco sotto gli occhi. Un microfono davanti alla bocca, e una luce addosso. Cinquanta minuti, non di più. Non so gli altri: ma io me li ricorderò finché campo.

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ANNI QUARANTA: ALCUNE TESTIMONIANZE DI GUERRA

scritte il 12 aprile 2016 in occasione della manifestazione per il primo Centenario della Nascita del poeta Franco Matacotta, Teatro “Durastante”, Monte San Giusto, 17 aprile 2016. 

 

A cura di Livia Brillarelli

 

 

Annunziata Morbidoni, detta “Nunziatina”, figlia di Roberto e Clorinda Zamponi, è nata a Monte San Giusto il 14 novembre del 1926 e risiede in via Nicolò Bonafede 58. Ѐ una donna che, nonostante l’età, conserva ancora una memoria lucida e viene intervistata dalla sottoscritta, che ritiene importante la sua testimonianza ai fini di una ricostruzione storica del periodo bellico degli anni 1944-45. arta nel laboratorio di Maria Bonfigli, originaria di Sant’Elpidio a Mare, moglie di Alfredo Castagna. 

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Il pittore Gordigiani con Michele Campana

Il pittore Eduardo Gordigiani con Michele Campana 

 

Michele Campana, nel 130° anniversario della nascita

 

di Micaela Pazzi

 

da: Università popolare S.Domenico

 

28° ALMANACCO 1988 - 2015

 


Anno importante per i Campaniani, Marradi prima e Modigliana poi, hanno festeggiato i due cugini di cui quest’anno ricorreva il 130° anno di nascita. 

Il primo Convegno/Mostra documentaria, si è tenuto appunto a Marradi presso il Centro Studi Campaniani e Museo Artisti per Dino Campana, Sabato 27 giugno 2015, la mostra è rimasta aperta fino al 23 agosto. La seconda tornata, in forma un po’ differente dalla prima, si è tenuta a Modigliana dal Sabato 29 agosto al 27 settembre 2015, nell’Ex Chiesa di San Rocco - Sala Pietro Alpi a Modigliana.

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Tra strade e chiese di Montesangiusto, ragazze al deschetto del calzolaio

La stranezza di una industria marchigiana che

dalla prima guerra europea fu affidata alle donne

 

di Franco Matacotta

 

Pubblicato su "La Voce d'Italia", 12 Ottobre 1941, pag. 3

 

 

MONTESANGIUSTO, ottobre.

 

Cento casette, un campanile, una cinta antichissima di mura. Monturano, Santelpidio, Montegranaro, Montesangiusto: quattro piccole patrie della calzatura ita­liana a mano. Non che vi sia sconosciuta la lavorazione meccanizzata, anzi da qualche anno vi funzionano grandi laboratori, che tentano di seppellire nell'ombra l'al­tra industria nativa, che è stata e rimane la singolarità e l'orgoglio di quei luoghi.

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  1. Paolo Pianigiani: La ristampa del Carteggio fra Dino e Sibilla
  2. Claudio Mercatali: Dino Campana arrestato a Biforco
  3. La cartolina a Meriano
  4. Gabriel Cacho Millet, l'Introduzione agli Orfici

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