[Marradi, maggio 1916]
Caro Meriano,
chi crede che quel coso a cui tu pensavi traversando il ponte vecchio debba essere messo nella calce viva è mio amico, chi non lo crede è mio nemico. E te lo provo. Mesi fa, assai più ammalato di ora chiesi a Binazzi che mi facesse entrare in un ospedale di Bologna. Ero senza mezzi e lui invece di farmi fare una sottoscrizione per cento miserabili lire d’ingresso mi rispose con una volgare lettera evasiva. Questo fatto ti potrà illuminare a che cosa servano i critici, specie fiorentini.
È vero che dice che sono il primo poeta d’Italia ma io preferisco essere l’ultimo poeta della Papuasia piuttosto che avere tali colleghi. Come vedi ho deciso di esser sincero contro tutto. Forse avrai immaginato che sono un gentiluomo e non lavoro per me. Dunque... dà su tutta la brigata e ti saluto.
E digli che vada a far il granduomo al suo paese: in Romagna non ci entrerà Papino né lui. Saluta Ravagli1
Introduzione ai Canti Orfici
di Gabriel Cacho Millet
Per l'edizione Anastatica del Centenario degli Orfici, curata dall'amico Dino Castrovilli, a Gabriel fu chiesta l'introduzione. Era l'occasione per tirare le somme, per un discorso finale su Dino Campana.
L’Introduzione, la Nota biografica e la Scelta bibliografica che qui si ristampa con lievi variazioni sono ricavate da Dino Campana, Il cantore vagabondo, a cura di Gabriel Cacho Millet, Vol. nº. 35 della Collana Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti, Edizione speciale per il Corriere della Sera, Milano 2012, pp. 5-17, 167-171, 172-180.
Dino Campana, ritratto di Giovanni Costetti
Proprietà Centro di Studi campaniani Enrico Consolini, Marradi
Foto di Claudio Corrivetti, Roma
Giovanni Costetti: I Canti Orfici di Dino Campana
Pubblicato su "LA TEMPRA" (Pistoia), II, 1915, 1, pp. 6-7
Credo che un giudizio di pittore sopra un’opera di poesia possa interessare forse più della critica d’un letterato o d’un filosofo. E più facile all’artista di avere di essa un’opinione meno logica, più istintiva, più passionale.
Mi pare che la critica diventi spesso arido esame di difetti o qualità tecniche e agisca dietro certi presupposti malsicuri. Infatti a seconda di certi suoi dogmi mutevoli ammette o nega valori che anche negati o ammessi non distrugge o non afferma durevolmente.
Le forbici del critico cosiddetto competente, tagliano spesso male, o troppo o insufficientemente.
Il critico non dovrebbe esistere perché non è un uomo d’intuizione, e l’opera d’arte vera è sempre intuitiva. Ma forse la ragione materiale di esistere del critico è l’opera d’arte voluta cioè falsa che è sovrabbondante e che bisogna condannare.
Giuseppe Ravegnani
La Poesia e la Pazzia di Campana
di Giuseppe Ravegnani
da La Stampa, sabato 4 agosto 1928
Quando, sul principio del ‘14, per i rozzi tipi del Ravagli di Marradi uscirono i Canti Orfici di Dino Campana, grande e chiassosa fu l’entusiastica meraviglia, specialmente nei gruppi dei giovani dediti alle lettere. Dei critici di fama, soltanto Emilio Cecchi ne parlò, in un colonnino della Tribuna. Gli altri, silenzio e noncuranza. Così, il nome di Dino Campana, poeta antico, passò, dopo una felice giornata di gloria. Infatti, chi mai ancora oggi ricorda la sgraziata «brochure» giallina, simile più a un lunario paesano che a un libro di canti?
L'edizione in Cofanetto del Centenario degli Orfici
INFORMAZIONI
Per l’amor del Poeta… Dino Campana
Sottoscrizione per la ristampa anastatica e l’incisione integrale dei Canti Orfici di Dino Campana nel centenario della pubblicazione
Il 7 giugno del 1914 Dino Campana, assieme ai testimoni Luigi Bandini e Camillo Fabroni, sottoscriveva col tipografo marradese Bruno Ravagli il “contratto per la pubblicazione del libro Canti Orfici”. Al Ravagli veniva versato un acconto di lire 110, risultato di una faticosa sottoscrizione tra 44 marradesi, ai quali sarebbe spettata una copia del libro, promossa da Bandini su “imperativo categorico” di Dino Campana.
Dino Campana
A Quimera
Trad. de Gleiton Lentz
Florianópolis/Desterro: Edições Nephelibata, 2007, pp. 29-31
Plaquette
A Quimera
[Livorno, 4 gennaio 1917]
Rina mia
come descriverti lo sguardo idiota di questa gente dopo essere stati baciati dal tuo!1 Rina io potrei rinunciare a te, ma per sempre. Così bella comme un rêve potrei dimenticarti solo per andare molto lontano e non tornare più. Davanti alle cose troppo grandi sento l’inutilità della vita.2 Il mare ieri era discretamente bello. Sono andato di notte al mare. Avevo visto i monti pisani velati da cui sorge la luna di Dannunzio,3 senza foco di cui leggemmo e due areoplani che volavano sul treno. Mia vergine perché leggemmo ďAnnunzio4 prima di partire? 5 Nessuno come lui sa invecchiare una donna o un paesaggio. Mio amore come vuoi che ti ami? Pallida, con una vita senza foco come col suo diritto il macchinista stinge il paesaggio e viola il cielo che non conquista? Sciocchezze? Ma sai quanto ne ho sofferto!
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