


Luisa Giaconi, Tebaide, Poesie, con un epilogo di G. S. Gargano,
Bologne, N. Zanichelli, 1909
Recensione, apparsa sul Bulletin Italien
edito a Bourdeax l'8 Aprile 1913
« Il y a encore dans la grande maison des hommes, où gronde le bruit sourd des tramways et des automobiles, où résonnent des appels incessants de téléphones, quelque petite fenêtre perdue sous les toits, oubliée entre les hirondelles et le soleil... Quand je pense à Luisa Giaconi, je la vois toujours à cette petite fenêtre, immobile, les yeux voilés de réve, occupée à regarder dans le lointain, là où la mer est le plus profonde, où la montagne est le plus haute...
PRESENTATA LA NUOVA EDIZIONE ANASTATICA DE “IL PIU’ LUNGO GIORNO”
di Silvano Salvadori
Marradi, 21 agosto 2020
Giovedì 20 agosto, centotrentacinquesimo genetliaco del poeta Dino Campana è stata presentata a Marradi la ristampa anastatica del manoscritto “Il più lungo giorno”. Erano presenti, oltre alla presidente del Centro, Mirna Gentilini, il vicepresidente, Rodolfo Ridolfi, e il prof. Stefano Giovannuzzi dell’Università di Perugia.
La prof.ssa Gentilini, ha ricordato l’emozione provata nel 1973 al convegno “Campana Oggi” - fondamentale per subire il “contagio” campaniano - promosso dal Gabinetto Viesseux di Firenze. Il convegno fu organizzato coi massimi studiosi dopo che era stato reso pubblico il ritrovamento del manoscritto fra le carte di Soffici con un articolo di Mario Luzi sul “Corriere della Sera” del 17 giugno 1971.
La ristampa anastatica del manoscritto “Il più lungo giorno” in 500 copie numerate: evento
di grande spessore culturale al Centro Studi Campaniani per il 135° genetliaco Campaniano
Il Centro Studi Campaniani, nel rispetto delle regole per il Covid 19, festeggia il 135° genetliaco campaniano con un’iniziativa di grande spessore culturale : la ristampa anastatica del manoscritto “Il più lungo giorno” di Dino Campana.
Questa terza edizione segue quella realizzata nel 1973 da Archivi d’intesa con Vallecchi, in occasione della presentazione del leggendario manoscritto
perduto da Soffici nel 1913 e quella del 2001 edita dal Centro Studi in occasione del 30° anniversario dell’annuncio del poeta Mario Luzi sul “Corriere della Sera” del ritrovamento da parte della vedova di Soffici nella casa di Poggio a Caiano.
Paolo Pianigiani: Due punti di vista
Dino nel dicembre del 1913, si reca presso la sede della rivista “Lacerba”, a Firenze per incontrare i due direttori, Ardengo Soffici e Giovanni Papini, ai quali presenta e affida il manoscritto delle sue poesie dal titolo Il più lungo giorno, sperando in una pubblicazione, almeno di qualche testo, nella rivista. Soffici, ultimo depositario del quaderno, in un trasloco lo smarrisce; verrà ritrovato tra le sue carte solo qualche anno dopo la sua scomparsa, nel 1971.
Il momento del primo incontro - qui descritto proprio da Soffici - corrisponde, dunque, all’inizio della lunga e tormentata vicenda del manoscritto, che conteneva testi che, insieme ad altri, confluiranno nei Canti Orfici. Dopo lo smarrimento del “taccuino”, Campana li riscriverà basandosi su altri manoscritti e li pubblicherà nel 1914 presso la tipografia Ravagli di Marradi.
La testimonianza di Soffici, quasi una cronaca in diretta, è del 1931.
Marco Bulgarelli: La divisa nascosta di Dino Campana
Dino Campana allievo ufficiale di Fanteria a Ravenna
Articolo pubblicato, con qualche variante, ne "Il lettore di Provincia", fascicolo 94, dicembre 1995
Nel considerare la figura del poeta Dino Campana, spesso non si è riusciti a fare a meno d'immaginarlo come una specie di Orfeo la cui esistenza è stata graffiata dalle cicatrici di periodiche discese nei regni senza luce, sordi e ronzanti, dell'inesprimibile ignoto. Proprio per questo i suoi estenuanti vagabondaggi, la sua solitudine miserabile, la serie quasi persecutoria degli arresti subiti in varie città d'Italia e all'estero, e ancora il degrado scimmiesco sperimentato nelle corsie dei manicomi hanno potuto acquistare il valore di un vero e proprio martirio e di una testimonianza, quasi fossero stati anch'essi i segni dell'autenticità di una parola scavata con le mani sanguinanti alla radice delle cose.
MISURE CRITICHE
Nuova serie
Anno XIII, n. 2 - XIV, n. 1
Luglio-Dicembre 2014 Gennaio-Giugno 2015
FAUSTO TUSCANO
ASPETTI DEL PENSIERO MUSICALE
DEI CANTI ORFICI
«Scrivo novelle poetiche e poesie; nessuno mi vuole stampare e io ho bisogno di essere stampato: per provarmi che esisto, per scrivere ancora ho bisogno di essere stampato.»[1] – così Dino Campana da Marradi il 6 gennaio del 1914 a Giuseppe Prezzolini, allora direttore della rivista fiorentina «La Voce». «Per provarmi che esisto», scrive. È la poesia che dà senso alla vita. La storia della pubblicazione dell’opera di Campana è nota. Prezzolini non risponde alla lettera. La richiesta inutile è un altro fallimento che si aggiunge ad una serie, lunga, di fallimenti non solo professionali ma anche affettivi, esistenziali. Il libro, che contiene poesie che il giovane poeta ha composto e raccolto negli ultimi dieci anni trascorsi viaggiando per il mondo, tra Firenze e Bologna, da Genova alla Francia, la Svizzera, i Paesi Bassi, l’Argentina, è stampato a Marradi nell’estate del 1914, con i soldi di una colletta, dal tipografo Ravagli.2 Nel dicembre dell’anno prima, a Firenze, Campana aveva consegnato il manoscritto (un’unica copia) a due tra gli intellettuali fiorentini più in vista del momento, Giovanni Papini e Ardengo Soffici, con la speranza che lo leggessero e lo pubblicassero, magari sulla nuova rivista «Lacerba». I due promisero di leggere, ma persero il manoscritto. La raccolta, che si chiamava Il più lungo giorno, poteva essere una novità letteraria importante. Il poeta dedica la prima metà del 1914 alla ricostruzione/rielaborazione – in parte a memoria – delle poesie perdute. (Il manoscritto perduto salterà fuori solo nel 1971, a casa di Soffici).[2] Il libro pubblicato nel 1914 ha un nuovo titolo: Canti Orfici.
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