Una copia sconosciuta dei Canti Orfici
di Stefano Verdino
Pubblicato su WUZ, storie di editori, autori e libri rari, anno III, n° 2, marzo aprile 2004
"A Luchaire e alla Francia / perché ci vendichi / Dino Campana", è la dedica, che si legge in un esemplare dei Canti Orfici, recentemente trovato a Parigi dal collezionista e studioso del libro, Beppe Manzitti, non nuovo a queste scoperte (qualche anno fa a Firenze, ritrovò nientemeno che il primo manoscritto di poesie di Mario Luzi, con i testi di La barca e molti inediti).
La dedica autografa su tre righe si legge nella prima pagina di occhietto di quest'esemplare per molti versi interessante: esso appartiene al gruppo di copie che hanno subito modifiche per volontà dell'autore: la rimozione della pagina con la dedica all'Imperatore Guglielmo II e la cancellazione della scritta “Die Tragodie des letzen Germanen in Italien” dalla quarta di copertina. E con ogni probabilità è stato sempre Campana a strappare da questo esemplare anche la pagina di titolo ove figurava la stessa scritta in tedesco, di certo non indicata per un destinatario francese. L’esemplare prevede l' “errata-corrige” all'ultima pagina e l'ultimo fascicolo (come in altre copie) è di misura difforme dal resto del volume.
Foto per l'affettuoso ricordo donato all'amico Giovanni Papini. Eseguita dalla premiata ditta Achille Cattani a Firenze
Tradurre poesia è un'esperienza spettacolare
Da: Unimondo.org
La traduzione poetica è un’arte e un’esperienza spettacolare. Ne abbiamo parlato con Antonio Nazzaro: poeta, giornalista, traduttore, nato a Torino, con una conoscenza profonda sia della lingua sia delle molteplici differenti culture dei paesi dell’America Latina.
Il prezioso lavoro di Nazzaro è un ponte sicuro sul quale muoversi per raggiungere paesi fra loro distanti. Esso, infatti, si può paragonare a un bellissimo arco, pulito, dal quale vengono scoccate poesie italiane tradotte in spagnolo dall’Italia verso il Sudamerica e, nella direzione opposta, poesie di vari autori sudamericani tradotte nella nostra lingua. Unendo, così, e attraverso file di versi - diversi come gli autori che fa sconfinare - il Bel Paese con i bellissimi popoli della vasta e complessa realtà che si estende a sud del Messico.
Franco Scalini: Dino Campana studioso in soffitta
da “NELL’ODORE PIRICO DELLA SERA DI FIERA”
Tipografia Faentina, Faenza 2004
di Franco Scalini |
La casa di Dino a Marradi:in alto le finestre della soffitta
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Erano i primi giorni d’estate del 1957. Uno di quei giorni, a Marradi, nel tardi pomeriggio mi ero soffermato nella strada davanti alla casa dove abitavo dal 1944, in via Pescetti, casa che era stata di Dino Campana. Ogni tanto mi capitava di gettare l’occhio sulle lapidi murate qualche anno prima nella facciata a ricordo del poeta, in particolare su quella che riporta il brano dei Canti Orfici intitolalo: “Marradi (Antica volta. Specchio velato)”, titolo di cui non mi risultava chiaro allora il significato del l’ultima parte tra parentesi, cioè “Specchio velato”. Altre volte avevo riflettuto su ciò, e cercato anche in qualche libro una puntuale spiegazione, ma senza alcun risultato. Mentre mi lambiccavo il cervello intorno a quella parte del titolo per me oscura , vidi che stava arrivando verso casa il dottor Manlio Campana, fratello di Dino.
GIOVANNI PAPINI
TESTIMONIANZE
SAGGI NON CRITICI
Serie dei "24 Cervelli"
MILANO STUDIO EDITORIALE LOMBARDO 18, VIA BURINI, 18
1918
I.
Giovanni Papini non ha bisogno d'esser presentato in buona e dovuta forma ai lettori italiani. Tutti sanno — e gli amici con più certa scienza de' nemici — che costui è l' uomo (se uomo si può chiamare) più deforme e contrafatto d'Italia e così repugnante che il laido Mirabeau sembrerebbe, al confronto, un gesto d'accademia, un discobolo apollineo. E poiché come avverte l'incommensurabile saggezza dei popoli in quelle compresse d'esperienza che sono i luoghi comuni, la faccia è specchio dell'anima nessuno si meraviglia nel sapere che codesto Papini sia il teppista della letteratura, il becero del giornalismo, il barabba dell'arte, il picciotto della filosofia, il buio della politica, l'apache della cultura e impegnato, come abitudine, in tutte l'imprese della malavita intellettuale.
GIOVANNI PAPINI
TESTIMONIANZE
SAGGI NON CRITICI
Serie dei "24 Cervelli"
MILANO STUDIO EDITORIALE LOMBARDO 18, VIA BURINI, 18
1918
MOTIVAZIONI
Mantengo la promessa. Ecco una terza mandata di cervelli. Per spiegare i caratteri e le intenzioni di queste mie gallerie di ritratti — ora ingrandimenti, ora visacci, ora per causa di decesso, ora per ragioni di pulizia — dovrei ripetere quel che ho detto sul limitare dei "24 Cervelli" e delle "Stroncature". Chi conosce quei volumi sa ch'io non pretendo far critica e tanto meno la critica rampicante e tutta solvibile che oggi usano quelli che la sanno lunga in fatto d’arte e non arte. Son più modesto e più superbo.
Questi miei saggi che a volte sembrano aggressioni e talaltra adorazioni, che possono essere baci e morsi, ma sempre, alla fine, preferenze e parzialità, pretendo che abbiano un valore in quanto giudizi miei, giudizi di un uomo che sa d’esser diverso dai registratori a dissettori di poeti e di altra gente fiorita. Sono, insomma, testimonianze : ora d'accusa e ora a difesa, ma d'un testimonio che ha ormai una certa esperienza dell'arte e del mondo. Come testimonianze sincere le dò: e ne facciano uso, se credono, i sentenzianti conclusivi di là da venire a giudicare i morti. Testimonio, dunque, e non giudice e tanto meno carnefice.
GIOVANNI PAPINI
TESTIMONIANZE
SAGGI NON CRITICI
3a Serie dei "24 Cervelli"
MILANO
STUDIO EDITORIALE LOMBARDO
1918
GIOVANNI BOINE
Non facciamogli, nobile malato guarito finalmente dalla morte, il solito ufficio mortuario, la dedicazione prammatica di un saluto critico e biografico. E' morto l'altro giorno, a Porto Maurizio, vicino al mare. Non in guerra, non è morto per la guerra: non è dunque permesso morire che in guerra ? E se questo amico non fu soldato, non per colpa sua, ci si vergognerà a salutarlo, ora che la terra ha ripreso quella poca terra del suo corpo ?
Ci sono altre guerre, buona gente, fuor di quella che si guerreggia lassù guerra senza tonfi e senza fasce. Si muore anche in quelle. E son guerre che non hanno fine perchè non ebbero principio: cominciarono, cioè, quando l'uomo cominciò a pensare. E se i morti si devono computare per il valore e non per il numero quanto di più sono i nostri morti, i morti senza ferite !
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