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Washington 1924, delegate WILPF di fronte alla Union Station (Foto appartenuta a Virginia Tango Piatti delegata WILPF)

 

 

Il WILPF

 

di Gigliola Tallone

 

 

Virginia Tango Piatti si reca a Washington il maggio 1924 come delegata italiana WILPF (Lega Internazionale delle donne per la Pace e la Libertà), in sostituzione della prof. Ida Vassalini del gruppo di Milano, malata e impossibilitata ad affrontare il lungo viaggio.
La casa fiorentina di Virginia di via della Fornace 9, frequentata da intellettuali e artisti e definita da un amico “la casa dell’utopia”, era stata perquisita il gennaio dello stesso anno, e vi furono sequestrati opuscoli di “Pax International”, la editrice del WILPF. Riesce, nonostante sia sotto stretta osservazione della polizia politica, a lasciare l’Italia, affidando il figlio decenne al direttore del collegio Domengè-Rossi.  Dal 1920 Agar aveva aperto la sede fiorentina WILPF in casa sua in via della Fornace 9.

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Conferenza sul rapporto della famiglia Tallone con Sibilla Aleramo e Dino Campana

 

Biblioteca Marucelliana, Firenze

giovedì 30 settembre 2010 ore 17

 

di Gigliola Tallone

 

Testo aggiornato con i ritrovamenti di carte il 2021 ad Alpignano

 

 

… Decisa a lasciare Campana ma incapace di abbandonarlo nella sua esaltazione, per Sibilla la scelta di chiedere aiuto alla mia famiglia è quasi obbligata, poiché nessuno degli altri suoi amici avrebbe accettato, avendo tutti antipatia per il giovane poeta, l’intima amica di Sibilla a Firenze, Matilde Marfori, in testa. Non solo, Eleonora possiede la casa di Alpignano, ereditata dalla madre, vicina a Rubiana - un tratto che in bicicletta si copre in venti minuti - mentre la sorella Virginia abita a Firenze: Rubiana e Firenze, i due principali luoghi in cui Dino soggiorna il 1917.

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Leonetta Cecchi Pieraccini: Apparizioni di Dino Campana

Dino Campana visto da vicino

Vallecchi, Firenze, 1952 

 

 Ringrazio l'amico Silvano Tognacci per avermi inviato questo testo

(paolo pianigiani)

 

 

 

APPARIZIONI DI DINO CAMPANA

 

Fu verso il 1913 che incominciarono a circolare, nel mondo letterario italiano, le prime notizie e dicerie intorno a Dino Campana, poeta stravagante e lunatico, sceso dalla nativa Marradi a Firenze, come stazione più prossima, ma reduce da più lontane mète e da complicati vagabondaggi in compagnia di tribù li zingari, di saltimbanchi, di carbonai, di bossiaki russi, di gauchos argentini.

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UNA LETTERA SU DINO CAMPANA

 

di Piero Santi

 

Da: Salvo imprevisti, n. 33-34, 1984-1985

 

 

Cara Mariella, ebbi, parecchi giorni fa, la tua lettera in cui mi chiedevi di scrivere qualcosa per Campana; non ti ho risposto perché ho passato un periodo colmo di grumi neri, non avevo la possibilità di mettermi mettermi alla macchina per risponderti, non potevo, ero allo sbaraglio. E ora? sì, due parole voglio scrivertele. Campana è stato uno dei miei amori; sono orgoglioso (ma no, non lo sono, ma insomma) di aver scritto su di lui nel 1939 sulla Nazione; vorrei dirti che una volta, subito dopo la liberazione, risposi male a Saba che, nella sede fiorentina della RAI mi chiese che cosa stavo facendo.

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Lasciate in pace la follia di Campana

di Annalisa Gimmi

Da: Il Giornale, 23 Ottobre 2005 

 

 

Povero Dino Campana. Bistrattato in vita. E adesso, quando il postumo amore di generazioni di lettori potrebbero restituirgli serenità, ecco che scrittori e critici si attaccano alle sue ossa per azzannare il boccone più grosso. L'uscita del libro curato da Sebastiano Vassalli, Un po' del mio sangue (Rizzoli, pagg. 298, euro 9) ha sollevato consensi e proteste anche pittoreschi. Vassalli, in veste di Depositario della Verità, si scaglia contro tutti: dai genitori del poeta, «una famiglia orribile» che lo avrebbe emarginato, considerato pazzo senza alcun reale motivo e allontanato per la vergogna; ai concittadini, fautori del mito del «mat Campana»; ai letterati che lo hanno deriso, rifiutato, e anche ai critici che lo vogliono «usare» per creare un personaggio, seguendo non ben chiari disegni di mistificazione.

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Sebastiano Vassalli 

 

 

Vassalli, su Dino Campana molte falsità

 

di Cristina Taglietti

 

dal Corriere della sera, 15 Settembre 2005 

                                                

Chi ha paura di Dino Campana? A temere il poeta di Marradi sono ancora in molti secondo Sebastiano Vassalli che di Campana si occupa dalla fine degli anni Sessanta, quando cominciò a raccogliere documenti e a studiare carte in un lavoro culminato nel 1984 con il romanzo-biografia La notte della cometa. Da allora «restituire Campana alla sua vita» è stato per il romanziere una sorta di pensiero fisso che adesso si concretizza in un volume che raccoglie i Canti Orfici , le Poesie sparse , il Canto proletario-italo-francese, le lettere dal 1910 al 1931.

Le opere del libro, intitolato Dino Campana. Un po’ del mio sangue (Bur, pagine 300, euro 9), sono presentate da un’introduzione e chiuse da una nota biografica in cui Vassalli fa il punto su menzogne (molte) e verità accertate (poche) della vita del poeta. «Ciascuno, nel corso del tempo, si è costruito il suo Campana - spiega Vassalli -. Anche perché lui per primo raccontò su se stesso un sacco di menzogne, fatti assolutamente inverosimili. Una su tutte: che era stato dappertutto, che aveva girato il mondo, mentre nella sua vita aveva avuto una sola volta un passaporto speciale per Buenos Aires, una specie di trappola congegnata dai suoi genitori per liberarsi di lui e impedirgli di tornare in Italia. Il fatto che fosse andato a Istanbul, a Odessa è falso, anche perché era un’epoca in cui le frontiere erano davvero molto difficili da varcare.

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  1. Una poesia di Dino Campana
  2. I «Canti Orfici» nella ristampa del ventesimo
  3. Lettere di Dino Campana all’amata poetessa
  4. Campana e il «partito dei marradesi»

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