Giuseppe de Robertis
Giuseppe De Robertis su "LA VOCE", nella rubrica "Consigli del libraio", in un primo momento scrisse dei "CANTI ORFICI" così e non più che così: "notevole, ne riparleremo". In un secondo tempo, e cioè il 30 Dicembre 1914, apparve, sempre su "LA VOCE" un articolo di Giuseppe De Robertis.
Un po' di Poesia
L'ALTRO CAMPANA
di Paolo Baldan
Studi Novecenteschi
Vol. 5, No. 15 (novembre 1976), pp. 275-295
Accademia Editoriale
« Rileggendo oggi l'opera completa di Campana, la prima realtà che si fa largo nella nostra mente è la semplice realtà che questo pazzo, questo poeta selvaggio, era un uomo colto » scrive Pasolini 1, e precisa: « rozzamente colto, s'intende: ma sostanzialmente giudizio da condividere se vuole porre l'accento sul carattere disordinato dell'indubbia cultura campaniana ».
1) P.P. PASOLINI, I custodi interessati della follia di Campana ed Ezra Pound, in «Tempo illustrato» del 16 dicembre 1973. Facciamo riferimento a questo articolo anche per le successive citazioni pasoliniane.
Campana inedito
di Gianfranco Contini
Le «varianti» rispetto ad altre redazioni
dal Corriere della Sera, Mercoledì 31 dicembre 1986
Gianfranco Contini analizza i versi pubblicati il 22 ottobre
Ricordo una città vecchia, rossa di mura e turrita, arsa su la pianura sterminata ne l'agosto torrido enorme, con il lontano refrigerio d'ampie e molli colline su lo sfondo.
Archi enormemente vuoti di ponti tesi su il fiume impaludato in magre stagnazioni di piombo. Sagome nere di zingari che vanno e silenziose su la riva: tra il barbaglio lontano di un canneto remote forme ignude di adolescenti, il profilo e la barba giudaica di un vecchio cieco: e a un tratto da il mezzo de l'acqua morta e cieca e le zingare mobili e un canto morto, da la palude afona una nenia primordiale monotona e irritante. E del mio tempo fu sospeso il corso.
Inconsciamente io levai gli occhi a la torre vera barbara che dominava il viale lunghissimo dei platani. Sopra il silenzio novo fatto visione intenso, essa riviveva il suo mito lontano e selvaggio; mentre per lontane visioni, per sensazioni oscure e violente un altro mito profondo, anch'esso mistico e selvaggio mi ricorreva a la mente a tratti.
«CANTI ORFICI» DI DINO CAMPANA
di Silvio Ramat
da: La poesia italiana
1903-1943
Quarantuno titoli esemplari
Marsilio 1997
Stagione di rigogliose fioriture autobiografiche e di non meno trascinanti verità d'autore consegnate a un genere istintivo qual era, e più non è, l'epistolografia, il primissimo Novecento ci affida comunque un libro, il libro unico di un poeta (i Canti orfici di Dino Campana), che quei sostegni non li possiede.
Figura 1. Domenico Baccarini, La Bitta che allatta, olio su tela, 1904,
Pinacoteca di Faenza.
Faenza come la Spagna
Nell'aria qualche
cosa di danzante
di
Leonardo Chiari
Andando verso la piazza di Faenza lungo via Santa Maria dell'Angelo, a sinistra, a fianco dell'imponente portone del Liceo Torricelli, c'è l'ingresso della Pinacoteca. Entrando, salendo lo scalone sulla destra, si accede alla sala dove domina il San Gerolamo ligneo di Donatello, circondato da immense tele.
Piero Santi e Gabrio Ciampalini alla "Beppa", Firenze 1970
Ricordo di Campana
di Piero Santi
da: La Nazione (Firenze), 31 maggio 1939, p. 3
Piero Santi è nato a Volterra nel 1912 ed è scomparso nella sua Firenze nel 1990.
Ho conosciuto in anni lontani Piero Santi, straordinario intellettuale fiorentino, autore di libri come: "Due di loro", "Amici per le vie" e "Il sapore della menta". Nella casa studio, all'Erta Canina, sulle colline sopra Firenze, in mezzo a librerie senza fine, spiccava un quadretto con la riproduzione a stampa di una strana poesia. Era Piazza Sarzano di Dino Campana. "Un poeta nostro che devi leggere", mi disse Piero. Per me quello è stato l'inizio del grande incontro con Dino.
Non mi ha sorpreso quindi il sapere che nel 1939 Santi scrisse questo ricordo su Dino Campana, attualissimo ancora oggi, ricco di musica e di colori, di fremiti e di poesia.
(paolo pianigiani)
Bruciate le mie lettere
di Franco Matacotta
da: Successo, del 11 Gennaio 1959
Pubblichiamo oggi l’inedita e forse più straziante lettera che Dino Campana, poeta folle, inviò a Sibilla Aleramo nel 1917 prima che le porte del manicomio si chiudessero dietro di lui.
Violata, l’anno scorso, con la pubblicazione dell'epistolario d'amore tra Dino Campana e Sibilla Aleramo l'esplicita disposizione di Campana stesso, di bruciare le sue lettere, diviene legittimo, ora, dare alle stampe nella sua interezza questo eccezionale documento.