Belle Arti
Luglio XIX, pag. 19
di Luigi Bartolini
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Ho detto della vagheggiata edizione delle Lettere di Fattori. Ora dovrei dire dell'altra, da me vagheggiata edizione delle « Poesie di Dino Campana » Dino Campana dipinse anche. Ma egli fu cosi sfortunato! da tanto che lo continuò ad essere anche dopo morto. Gli « sfortunati comuni » cessano dall'esserlo non appena calano nella fossa. Allora lì, generalmente, le cose si appianano. Terra per ricoprire ce n'è per tutti. Talpe che rodono la cassa da morto. Lombrici e formiche. Comunque, il povero Dino Campana fu più sfortunato di tutti in quanto, morto in manicomio (e per un poeta è quasi quasi preferibile morire in manicomio piuttostochè andare a terminare fra gli alamari le poltrone ed il salamelecchio) dopo morto la sua tomba non ebbe l'onore d'una croce, nè la ventura d'un sasso che ricordasse le sue dalle infinite ossa ecc. ecc. Cosicchè ora si sa soltanto che pressappoco egli giacque in un cimiterino non lontano dal manicomio dove stette rinchiuso parecchi anni, dando, in verità, scarsissimi segni di pazzia.
Gabriel Cacho Millet: L'introduzione al Carteggio (1903-1931)
Prologo
Da: Dino Campana, Lettere di un povero diavolo, Carteggio (1903-1931)
A cura di Gabriel Cacho Millet
Edizioni Polistampa, Firenze, 2011
Ricostruire un carteggio è come edificare un tempio: pietra su pietra. È un'opera che richiede tempo e pazienza. Si diventa detective e si insegue la preda, come i cacciatori, cercando tracce, annusando, fiutando. Ian Gibson, il biografo di Federico Garçia Lorca, scrive che non puoi mandare nessuno al posto tuo, perché ciò che potresti scoprire non sarebbe visto dall'altro come lo vedi tu. E quando trovi il pezzo che cercavi, la lettera che mancava, quella che ti permette di completare, almeno in parte, il tuo puzzle, è quasi un'estasi. E se così non fosse, non si continuerebbe a cercare: invece ogni giorno ci riserva un'avventura, piccola o grande che sia. Personalmente, ho finito per mettere Dino Campana nei miei sogni. E ciò da quando, nel lontano 1978, pubblicai con Vanni Scheiwiller Le mie lettere sono fatte per essere bruciate, primo carteggio del poeta di Marradi con gli uomini del suo tempo. Cercai allora, e cerco ancora oggi, di fare in modo che ogni lettera possa essere letta nei suoi minimi particolari, chiarificando, fin dove mi è possibile, ogni dubbio, perché è mia intenzione, al di là della "confusione di spirito" dello scrittore, che il lettore possa leggerlo come se si trattasse di un classico. Sono i lettori che decidono quando un poeta è, o no, un classico.
Antonio Tabucchi
Vagabondaggio
1.
A volte cominciava così, con un rumore impercettibile, come una piccola musica; e anche con un colore, una macchia che nasceva dentro gli occhi e si allargava sul paesaggio, e poi invadeva di nuovo gli occhi e da essi passava all’anima: l’indaco, per esempio. L’indaco aveva un suono di oboe, a volte di danno, nei giorni più felici. Il giallo Invece aveva suono di organo.
Guardava i filari dei pioppi che emergevano dal materasso di nebbia come canne di un organo e su di loro vide la musica gialla del tramonto, con qualche nota dorata. Il treno correva nella campagna, l’orizzonte era un filo incerto che appariva e scompariva fra le ondate di nebbia. Schiacciò il naso contro il finestrino, poi con l’indice scrisse sul vapore condensato del vetro: indaco, nel viola della notte. Qualcuno lo toccò su una spalla e lui sobbalzò.
“Le ho fatto paura?, disse un uomo. Era un anziano signore corpulento, con una catena d’oro sul gilet. Aveva un’aria stupita e insieme dispiaciuta.
“Mi scusi, non credevo…
“Oh niente”, disse lui, e con la mano cancellò in fretta le parole sul vetro.
Luisa Giaconi, otto poesie, una prosa
di Caterina Del Vivo
ARCHIVIO CONTEMPORANEO
Estratto dalla rivista: « Antologia Vieusseux » fascicolo LXX
Aprile - Giugno 1983
Gabinetto Scientifico Letterario
G. P. VIEUSSEUX FIRENZE
ARCHIVIO CONTEMPORANEO:
Ricerche
Ringrazio l'amica Caterina del Vivo per avermi permesso di pubblicare questo articolo. (p. p.)
La cartolina che apre il Carteggio Campaniano, pubblicata da Gabriel Cacho Millet in trascrizione, fin dal primo "Souvenir d'un pendu" del 1985, per poi trovare definitiva e corretta destinazione nell'ultimo "Lettere di un povero diavolo", Polistampa 2011.
Per errore di lettura nella prima edizione l'amico di Campana era "Accardo". Fu Stefano Drei ad accorgersi che il nome giusto era Aicardi.



Luisa Giaconi, Tebaide, Poesie, con un epilogo di G. S. Gargano,
Bologne, N. Zanichelli, 1909
Recensione, apparsa sul Bulletin Italien
edito a Bourdeax l'8 Aprile 1913
« Il y a encore dans la grande maison des hommes, où gronde le bruit sourd des tramways et des automobiles, où résonnent des appels incessants de téléphones, quelque petite fenêtre perdue sous les toits, oubliée entre les hirondelles et le soleil... Quand je pense à Luisa Giaconi, je la vois toujours à cette petite fenêtre, immobile, les yeux voilés de réve, occupée à regarder dans le lointain, là où la mer est le plus profonde, où la montagne est le plus haute...
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