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Insegnanti

 

 

DINO CAMPANA — POETA “MAUDIT” O POETA ITALICO

di Aida Mastrangelo

da

 

Italica

the Quarterly Bullettin of the American Association of Teachers of Italian

Dicembre 1950, pagg. 321-326

 

Dino Campana nacque a Marradi (Toscana) il 20 agosto 1885. Dalle testimonianze raccolte dal dott. Carlo Pariani’ nell’ospedale psichiatrico di Castel Pulci risultano in prima persona le seguenti dichiarazioni: “A quindici anni andai al collegio in Piemonte; a Carmagnola, presso Torino. Più tardi all’ Università di Bologna. Non riuscivo in chimica. E allora mi diedi un po’ a scrivere e un po’ al vagabondaggio. Una specie di instabilità mi spingeva a cambiare continuamente. ...lo dovevo studiare lettere. Se studiavo lettere potevo vivere. La chimica non la capivo assolutamente, quindi mi abbandonai al nulla...  Alcuni mesi sono stato in prigione. Due o tre mesi in Svizzera, a Basilea, per rissa. Avevo litigato con uno svizzero; delle contusioni. Non fui condannato. Avevo un parente, mi raccomandò. In Italia, arrestato, e poi un mese in prigione a Parma verso il 1902-3. Sono stato al manicomio di Imola, dal professore Brugia: ci stetti quattro mesi. Nel Belgio, dopo Imola al manicomio di Tournay altri quattro mesi. Facevo qualche mestiere. Per esempio temprare i ferri; tempravo una falce, un’accetta. Si faceva per vivere. Facevo il suonatore di triangolo nella Marina Argentina. Sono stato portiere in un circolo a Buenos Aires. Facevo tanti mestieri. Sono stato a ammucchiare i terrapieni in Argentina. Si dorme fuori nelle tende. E un lavoro leggiero ma monotono. In Argentina avevo disimparato persino l’aritmetica. Se no, mi sarei impiegato come contabile... Ho fatto il carbonaio nei bastimenti mercantili, il fochista. Ho fatto il poliziotto in Argentina, ossia il pompiere; i pompieri li hanno qualche incarico di mantenere |’ordine. Sono stato a Odessa. Mi imbarcai come fochista, poi mi fermai a Odessa. Vendevo le stelle filanti nelle fiere. I Bossiaki sono come zingari. Sono compagnie vagabonde di cinque o sei persone. Il tiro a bersaglio fu in Svizzera.: Varie lingue le conoscevo bene... 

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STILE E SPIRITO DELLA POESIA DI DINO CAMPANA

 

di Aida Mastrangelo

Washington, D. C.

The Catholic University of America

 

Da: ITALICA

VOLUME XXVIII NUMBER 4

THE QUARTERLY BULLETIN OF THE

AMERICAN ASSOCIATION OF TEACHERS OF ITALIAN

DECEMBER 1951

 

Si torna a parlare dell’opera di un poeta che non si decide a farsi dimenticare. I dati più rilevanti della tragica vita di Dino Campana sono apparsi in un articolo di questa rivista l’anno scorso. Ora si vuole indagare i modi stilistici della sua opera e scrutare nei recessi dell’anima il quid del suo mondo spirituale. Il titolo stesso del suo unico volume di poesie ‘Canti Orfici’ suggerisce qualcosa della figura spirituale del poeta. Vi appare un carattere religioso che fa pensare ad Orfeo, ai misteri orfici, ad una potenza dionisiaca, ai miti cosmici. Vi si avverte la necessità originale di una tale poesia e la natura assolutamente spontanea e primitiva del poeta. Il termine Canti suppone un movimento attivo di iniziata liberta, la ricerca d’un’armonia definitiva e perfetta. L’altezza del titolo spiega benissimo l’assoluta necessità della parola in lui, una parola estremamente trasformatrice e mai definita: la parola inquieta di Campana obbligata sempre a uno stato migliore di metamorfosi e riferita sensibilmente all’essenza, allo spirito realmente suo.

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Foto per l'affettuoso ricordo donato all'amico Giovanni Papini. Eseguita dalla premiata ditta Achille Cattani a Firenze

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Tradurre poesia è un'esperienza spettacolare

 

di Francesca Bottari

 

Da:  Unimondo.org

 

 

 

La traduzione poetica è un’arte e un’esperienza spettacolare. Ne abbiamo parlato con Antonio Nazzaro: poeta, giornalista, traduttore, nato a Torino, con una conoscenza profonda sia della lingua sia delle molteplici differenti culture dei paesi dell’America Latina. 

Il prezioso lavoro di Nazzaro è un ponte sicuro sul quale muoversi per raggiungere paesi fra loro distanti. Esso, infatti, si può paragonare a un bellissimo arco, pulito, dal quale vengono scoccate poesie italiane tradotte in spagnolo dall’Italia verso il Sudamerica e, nella direzione opposta, poesie di vari autori sudamericani tradotte nella nostra lingua. Unendo, così, e attraverso file di versi - diversi come gli autori che fa sconfinare - il Bel Paese con i bellissimi popoli della vasta e complessa realtà che si estende a sud del Messico. 

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Franco Scalini: Dino Campana studioso in soffitta

 

da “NELL’ODORE PIRICO DELLA SERA DI FIERA”

Tipografia Faentina, Faenza 2004

di Franco Scalini 

 
Immagine anteprima
 
La casa di Dino a Marradi:
in alto le finestre della soffitta

 

Erano i primi giorni d’estate del 1957. Uno di quei giorni, a Marradi, nel tardi pomeriggio mi ero soffermato nella strada davanti alla casa dove abitavo dal 1944, in via Pescetti, casa che era stata di Dino Campana. Ogni tanto mi capitava di gettare l’occhio sulle lapidi murate qualche anno prima nella facciata a ricordo del poeta, in particolare su quella che riporta il brano dei Canti Orfici intitolalo: “Marradi (Antica volta. Specchio velato)”, titolo di cui non mi risultava chiaro allora il significato del l’ultima parte tra parentesi, cioè “Specchio velato”. Altre volte avevo riflettuto su ciò, e cercato anche in qualche libro una puntuale spiegazione, ma senza alcun risultato. Mentre mi lambiccavo il cervello intorno a quella parte del titolo per me oscura , vidi che stava arrivando verso casa il dottor Manlio Campana, fratello di Dino.

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GIOVANNI PAPINI

TESTIMONIANZE

SAGGI NON CRITICI

 Serie dei "24 Cervelli"

MILANO STUDIO EDITORIALE LOMBARDO 18, VIA BURINI, 18

1918

 

 

 


I.

Giovanni Papini non ha bisogno d'esser presentato in buona e dovuta forma ai lettori italiani. Tutti sanno — e gli amici con più certa scienza de' nemici — che costui è l' uomo (se uomo si può chiamare) più deforme e contrafatto d'Italia e così repugnante che il laido Mirabeau sembrerebbe, al confronto, un gesto d'accademia, un discobolo apollineo. E poiché come avverte l'incommensurabile saggezza dei popoli in quelle compresse d'esperienza che sono i luoghi comuni, la faccia è specchio dell'anima nessuno si meraviglia nel sapere che codesto Papini sia il teppista della letteratura, il becero del giornalismo, il barabba dell'arte, il picciotto della filosofia, il buio della politica, l'apache della cultura e impegnato, come abitudine, in tutte l'imprese della malavita intellettuale.

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GIOVANNI PAPINI

 

TESTIMONIANZE

 

SAGGI NON CRITICI

 

 Serie dei "24 Cervelli"

 

MILANO STUDIO EDITORIALE LOMBARDO 18, VIA BURINI, 18

 

1918

 

papinidedica

 

 

MOTIVAZIONI

 

Mantengo la promessa. Ecco una terza mandata di cervelli. Per spiegare i caratteri e le intenzioni di queste mie gallerie di ritratti — ora ingrandimenti, ora visacci, ora per causa di decesso, ora per ragioni di pulizia — dovrei ripetere quel che ho detto sul limitare dei "24 Cervelli" e delle "Stroncature". Chi conosce quei volumi sa ch'io non pretendo far critica e tanto meno la critica rampicante e tutta solvibile che oggi usano quelli che la sanno lunga in fatto d’arte e non arte. Son più modesto e più superbo.

Questi miei saggi che a volte sembrano aggressioni e talaltra adorazioni, che possono essere baci e morsi, ma sempre, alla fine, preferenze e parzialità, pretendo che abbiano un valore in quanto giudizi miei,  giudizi di un uomo che sa d’esser diverso dai registratori a dissettori di poeti e di altra gente fiorita. Sono, insomma, testimonianze : ora d'accusa e ora a difesa, ma d'un testimonio che ha ormai una certa esperienza dell'arte e del mondo. Come testimonianze sincere le dò: e ne facciano uso, se credono, i sentenzianti conclusivi di là da venire a giudicare i morti. Testimonio, dunque, e non giudice e tanto meno carnefice.

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  1. Giovanni Papini su Giovanni Boine
  2. Luigi Bartolini sulla terza edizione dei Canti Orfici
  3. Gabriel, un maestro
  4. Tabucchi: Vagabondaggio

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