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G. Contini 

 Gianfranco Contini

 

Gianfranco Contini: Campana poeta visivo

 

da:

Letteratura

Firenze 1937

 

 

 

 Visions de route, de campagne, de voyage à pied, d’alcools: queste sono le Illuminations in un rigo, quali, più o meno esattamente, ha creduto di poterle riassumere Thibaudet, o è un sommario dei Canti orfici (un po’ meno alcoolici, un po’ meno afrodisiaci)? Già col raccogliere, sullo stesso piano, poesie e prose, lunghe solo fino all’esaurimento d’un tema, o d’una catena tematica, di passeggiata, e raccoglierle sotto quel titolo, Campana poneva se stesso, proprio negli anni della «scoperta» di Soffici, come un Rimbaud italiano; si faceva leggere nella chiave, nel ruolo d’un «voyant».

Ma Campana non è un veggente o un visionario: è un visivo, che è quasi la cosa inversa. («Che le corna di questo dilemma siano tutt’altro che inconciliabili», ha poi inteso dimostrare Eugenio Montale (Sulla poesia di Campana, nell’"Italia che scrive" di settembre-ottobre 1942), acutamente insistendo sulla dilatazione linguistica che Campana volle germanicamente conferire all’italiano). «Un treno: si sgonfia arriva in silenzio, è fermo: la porpora del treno morde la notte»: quell’ansito sottinteso, quando giunge al silenzio, e a un «silenzio occhiuto di fuoco», si scioglie in una visione ardente.

Si dice: un visivo, e s’intende qui un temperamento così esclusivo da assorbire e fondere in quella categoria d’impressioni ogni altra; com’è dello sparo di mezzogiorno calato nella «verde» campagna: «gli ultimi soffii di riflessi caldi e lontani nella grande chiarità abbagliante e uguale quando per l’arco della porta mi inoltrai nel verde e il cannone tonò mezzogiorno». E’ facile osservare come nel momento in cui la fantasia di Campana tocca la regione emiliana dai contorni netti e dalle tinte sicuramente campite, Bologna o Faenza, la sua potenza dl rappresentazione visuale si sfreni. Luogo ideale di Campana, che accoglie il lettore già dalla soglia dei Canti orfici: La Notte.

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calvino     

       

  Con Calvino, solfeggiando "Genova",  a Buenos Aires        

 

di Gabriel Cacho Millet

 

Non ho mai saputo cosa sia veramente accaduto il giorno dell'inaugurazione dello stand italiano nella  Xª Edición de la Feria Internacional del Libro tenuta a Buenos Aires nel 1984. L'episodio, comunque ha a che fare con una mia versione in spagnolo della poesia  Genova  con cui  Dino Campana ha voluto chiudere il suo unico libro, Canti Orfici.

Ero stato invitato insieme a Italo Calvino all'evento col compito di parlare dei soggiorni in Argentina di Dino Campana (1908) Carlo Emilio Gadda (1922) e Luigi Pirandello (1927, 1933). Calvino, ospite ufficiale, doveva invece inaugurare lo stand italiano analizzando  le sensazioni che provava ogni volta che visitava una grande esposizione  al momento di perdersi "in questo mare di carta stampata, in questo firmamento sterminato di copertine colorate, in questo pulviscolo di caratteri tipografici".

Il libro e i libri, aveva intitolato Calvino il suo discorso, nel quale avrebbe raccontato della vertigine che sentiva davanti ai libri: "l'apertura di spazi senza fine come una successione di specchi che moltiplicano il mondo".

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campana foto nuova

Proprietà Famiglia Bàusi, Firenze 

 

Alla ricerca delle foto autentiche di Dino Campana

 Intervista a Stefano Drei, il ricercatore che ha trovato la foto inedita di Dino Campana

a cura di Paolo Pianigiani

 

L’aveva promesso, il prof. Stefano Drei: ho tolto una foto dall’album di Dino Campana, ma forse riuscirò a trovarne una nuova…

Dopo aver scoperto che la foto di gruppo di una classe del Liceo Torricelli, non comprendeva il poeta di Marradi, ma un altro studente, tale Filippo Tramonti, le ricerche sono continuate, fino a scoprire una nuova foto, recentemente messa in copertina dell’ultimo volume curato da Gabriel Cacho Millet, “Lettere di un povero diavolo”, uscito a Dicembre 2011 per i tipi di Polistampa, a Firenze.

Ma proviamo a ricostruire la storia di questa foto, rarissima, scattata nel gennaio del 1912, a un giovane ancora sconosciuto, ma che sarebbe diventato di lì a pochi mesi l’autore dei Canti Orfici.

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luigi 1982 a 

 Luigi nel 1982

 


 

Luigi Schenoni: Dino Campana

 

Luigi Schenoni, il geniale traduttore di Finnegans Wake di James Joyce, il più intraducibile dei libri, è scomparso recentemente. 

 

 

Ho avuto la fortuna di averlo amico e, nel corso di uno degli ultimi incontri, mi donò una copia di una sua tesina di laurea, che risale alla fine degli anni 50, presentata alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere "Bocconi" di Milano. Era felice di rendere pubblico quel suo lontano lavoro di studente.

In pochi conoscevano Campana e lui era fra i pochi. Mi diceva sempre che Campana lo interessava perchè aveva fatto l'università a Bologna, era in qualche modo "bolognese" come lui. Non considerava Campana un grandissimo poeta, ma in quegli anni lontani anche un riconoscimento come il suo era un segnale importante.

La pubblico con molta emozione, in ricordo di Luigi Schenoni e del suo meraviglioso lavoro di traduttore. Grazie ancora Luigi!

Paolo Pianigiani

 


 

UNIVERSITA’ “LUIGI BOCCONI” MILANO

FACOLTA’ DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE


I “Canti Orfici”

di DINO CAMPANA

Sottotesi di laurea in italiano di Luigi Schenoni

Relatore:
Chiar. mo Prof. F. GIANNESSI


ANNO ACCADEMICO 1958-59

 


Prima di considerare particolareggiatamente i Canti Orfici di Dino Campana, e di cercare quindi di determinare il loro posto nell’ambito della poesia dello sfortunato poeta di Marradi, sarà bene, credo, ritracciare nelle linee essenziali la vita dello scrittore, data l’importanza che le avventure terrene assumono nello svolgimento della sua attività creativa.

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Gino Gerola e Giorgio Luti al Vieusseux

 

Gino Gerola: Dino Campana a Firenze

di Gino Gerola1

 

 

I rapporti tra un uomo e una città sono sempre per lo meno abbastanza complessi. Se poi l'uomo è un poeta, le complicazioni aumentano. Se infine, si chiama Dino Campana, autore quanto mai estroso e insieme esigente, allora la complessità raggiunge direi il massimo. Sopra tutto poi se la città si chiama Firenze. Tentiamo di vedere da vicino questa relazione, appunto Campana - Firenze. Credo sia il caso di distinguere tra ambito umano - sociale e ambito letterario.

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Dino Campana, il mito del poeta ribelle

 

di Alberto Casadei


pubblicato sul sito della Società Dante Alighieri, alla voce Dino Campana

e su: "Pagine della Dante", LXXXVIII, s. 3, 2, aprile-giugno 2005, pp. 50-54

 

 

La grande luce mediterranea

S’è fusa in pietra di cenere:

Pei vichi antichi e profondi 

fragore di vita, gioia intensa e fugace:

Velario d’oro di felicità

È il cielo ove il sole ricchissimo

Lasciò le sue spoglie preziose

E la Città comprende

e s’accende

E la fiamma titilla ed assorbe

I resti magnificenti del sole,

E intesse un sudario d’oblìo

Divino per gli uomini stanchi.

Perdute nel crepuscolo tonante

Ombre di viaggiatori

Vanno per la Superba

Terribili e grotteschi come i ciechi.

 

Dino Campana, da Genova, in Canti Orfici (1914)

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DINO CAMPANA O DELLA MORTE AL CINEMA

 

di Luca Mazzei

 

 

Quando trovo

In questo mio silenzio

una parola

scavata è nella mia vita come un abisso

Giuseppe Ungaretti

 

 

Una titolo dimenticato

Papini, Ferri, Thovez e pochi altri. Non furono molti prima dell'avvento/evento del D'annunzio cinematografico i letterati in sala. Ancora meno quelli di cui tutt'oggi si ricordi il nome nelle antologie. Ma forse tra i letterati spettatori di quegli anni c'è ancora un nome non recensito. È Dino Campana, poeta dei misteri, delle accese diatribe, e delle lacune letterarie, cui la filologia ha reso, postumamente, più onore di quanto non abbiano potuto fare la Storia e la cronaca.

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  1. Poeti italiani, il Novecento: Dino Campana
  2. Susanna Sitzia: L'ignoto autore dei versi tradotti da Campana è la poetessa americana Julia Ward Howe
  3. Paolo Pianigiani: i colori nei Canti Orfici
  4. Silvano Salvadori: Pampa e Whitman

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