Sibilla Aleramo, alias Rina Faccio
Sibilla ricorda Dino: una testimonianza diretta
Da: Dino Campana. "Le mie lettere sono fatte per essere bruciate", a cura di Gabriel Cacho Millet
Testimonianza depositata nel 1950, presso l'Istituto Gramsci, Roma Archivio Aleramo
A Firenze, settimane prima, avevo sentito parlare, forse da Franchi, di uno strano volumetto: Canti Orfici, pubblicato in veste meschina a spese dell'autore Dino Campana. L'avevo portato con me in campagna. Lo lessi, ne rimasi abbacinata e incantata insieme, tanto che scrissi al poeta alcune parole d'ammirazione. Egli mi rispose, una bizzarra cartolina. Abitava anche lui in quel momento nel Mugello, nel suo paese nativo, Rifredo (sic). Vi fu uno scambio epistolare, dopo di che ci incontrammo a Barco, un gruppetto di case ad un valico dell'Appennino Toscano.
Gino Gerola e Giorgio Luti al Vieusseux
Gino Gerola: Dino Campana a Firenze
di Gino Gerola1 |
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I rapporti tra un uomo e una città sono sempre per lo meno abbastanza complessi. Se poi l'uomo è un poeta, le complicazioni aumentano. Se infine, si chiama Dino Campana, autore quanto mai estroso e insieme esigente, allora la complessità raggiunge direi il massimo. Sopra tutto poi se la città si chiama Firenze. Tentiamo di vedere da vicino questa relazione, appunto Campana - Firenze. Credo sia il caso di distinguere tra ambito umano - sociale e ambito letterario.
La Stampa
12 Agosto 1988
TORINO — Sulla pagella c'è scritto 6 e 6 in lettere italiane, 6, 7e 6 in lettere latine, 6 e 7 in lingua greca, 4 in storia e geografia, 7 in filosofia, 6 in matematica, 4 in storia naturale. L'alunno deve riparare nella sessione autunnale. E nella sessione autunnale, con un 7 e un 6 in luogo dei due 4, passerà.
L'alunno, rubricato con il numero 11 di protocollo, è “Campana Dino di Giovanni, nato a Marradi il 30 agosto 1885”. Il liceo è il D'Azeglio di Torino, nel 1903. Assai prima di Pavese e di Mila, di Babbio e Giulio Einaudi. di Natalia Girtzburg e Primo Levi, la scuola di via Panni ha avuto fra I tuoi allievi l'autore dei Canti orfici, ma nessuno, all'interno del D'Azelio, lo sapeva.
I manoscritti del poeta pazzo Dino Campana
di Maria Cristina Brunati
Ringrazio la dott.ssa Brunati per avermi permesso di pubblicare il suo articolo. (p.p.)

Federico Ravagli
Dino Campana e i goliardi del suo tempo
Edizioni Marzocco, Firenze, 1942
di Jacopo Panerai |
La poesia ha, fra gli altri, il dono di riverberare eternità anche su chi ne è solo sfiorato. Di Federico Ravagli (1889-1968), ad esempio, pochi probabilmente si ricorderebbero al di fuori della provincia di Cesena, dove fu una figura abbastanza nota di “operatore culturale” (né molto gioverebbero alla sua fama postuma i numerosi libri che, docente al liceo di Tripoli, consacrò negli anni Venti e Trenta alla Libia), se non fosse stato anche l’autore di un volume di ricordi dedicato a Dino Campana, che gli ha meritato una collocazione in tutte le bibliografie dedicate al poeta di Marradi.
Dario de Tuoni
Ringrazio la dott. Laura Paris per avermi permesso di pubblicare la foto di Dario, dalla sua pubblicazione
Ritratti di Dario de Tuoni (Innsbruck 1892 - Trieste 1966)
Dario de Tuoni: Dino Campana prima del mito. Souvenir d'un pendu
Pubblicato su LA FIERA LETTERARIA, XVI, 1961 |
Dario de Tuoni |
Nella copertina posteriore dell'edizione originale dei Canti Orfici, un grosso frego ha fatto scomparire la strana dicitura: Die Tragodie des letzten Germanen Italiens (La tragedia dell'ultimo germano d'Italia). Su quel volumetto, stampato a Marradi da un tipografo di provincia, che il Campana definisce "coscienzioso coraggioso e paziente", volumetto in carta mezza d'un colore e d'una qualità mezza d'un'altra, né tutta dello stesso formato, oltre all'indifferenza dei critici, che pochi si degnarono allora di sfogliarlo, si rovesciava infatti anche il livore bellico di quegli anni - neutralismo interventismo: berci isterici e bussa sode - e il poeta si vide costretto a cassare con il bitume quel suo grido finale che, dato i tempi, poteva apparire intenzionalmente provocatorio.
Giacomo Natta: Il cappotto di Dino Campana
di Giacomo Natta |
Pubblicato su Paragone, 124, Firenze, Sansoni, 1960 Paragone. XI:I22, 124.—La costituzione dell' "Ottica" idillica. Ill: Imaginazione e sogno o Tra idillio e elegia, Piero Bigongiari; Carratteri dell' evoluzione sveviana, Giorgio Luti.— L'Istituto di Studi Superiori di Firenze cento anni dopo, Eugenio Garin; I "Racconti” di Pavese, Alfonso Gatto; Il punto sull'attualiti letteraria in Francia, Aldo Rossi; Il cappotto di Dino Campana, Giacomo Natta. |
Nazzareno Cogurra, ritratto di Giacomo Natta, anno 1952
Sei o sette anni fa, a Torino, dov'ero di passaggio; andai a vedere la mostra degli Espressionisti Tedeschi, in palazzo Madama. Entrando nella prima sala, a due passi dalla porta mi trovai in presenza di Teodoro Daübler. Era seduto in poltrona, maestoso. Posto al centro della parete che mi si parava dinanzi, egli figurava, nella sontuosa cornice dorata, in tutto il suo volume naturale. Il poeta, che avevo, nel 13, lasciato poverissimo, trasandato e problematico, nel quadro di Nolden riposava l'anima; nell'agiatezza, nel benessere del corpo. La sua grande barba, senza dubbio fragrante, mi parve accarezzata dal successo.
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