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    LA CHIMERA NEI «CANTI ORFICI» DI DINO CAMPANA

     

    di Neuro Bonifazi

     

     

    Dall'epoca romantica in poi, nel corso del secolo XIX e oltre, in Europa, i mitici mostri dell' antichita (Medusa, Chimera, Sfinge, Gorgone, Sirena, ecc.) diventano, nell'immaginario dei poeti, i simboli della loro concezione della bellezza in genere, di quella femminile in specie, della Donna e dell'eros. A cui si aggiungono le immagini emblematiche ed evocative dei grandi artisti, Leonardo, Raffaello, Michelangelo, Diirer, ecc., e in particolare, a un certo punto, I'immagine della Gioconda.

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    Atti del convegno Firenze 18 - 19 marzo 1973

     

    Seconda Giornata

     

    EVOLUZIONE DEGLI STATI CROMATICO-MUSICALI

     

    Di Maura Del Serra

     

    (Trascrizione di Andreina Mancini)

     

     

    Il tema di questo intervento costituisce in gran parte l'argomento di uno studio assai più ampio che esamina l'evoluzione della poetica di Campana; perciò non può e non vuole essere, in questa sede, una sorta di improbabile riassunto delle indagini stilistiche e testuali su cui si basano le conclusioni di quello stesso studio, che riguardano il divenire aperto delle immagini lungo l'intero arco temporale dei Canti orfici, che è notoriamente molto composito. Mi sembra dunque che qui possa risultare utile prendere le mosse, come base chiarificatrice, dal periodo centrale della creatività campaniana, quello che va dalla fine del 1910 con La Verna, da questa a Genova (1913 circa) fino agli ultimi frammenti, come Arabesco-Olimpia e L'infanzia nasce.., estremamente ricchi e densi di significati; e in questo itinerario mettere in luce, anche brevemente, il tipo e il significato del viaggio — un termine-guida della poetica di Campana — che le immagini percorrono lungo la loro direttrice costante di evoluzione negli Orfici. La direttrice è quella cromatico-musicale, sinestetica, o meglio analogica; intendendo quest'ultimo aggettivo in un senso dinamico che unisca l'eredità viva dell'analogia musicale del simbolismo europeo con i presagi, presenti nei lirici nuovi ma particolarmente in Campana, dell'analogia essenziale novecentesca, che sboccherà nella poetica dell'ermetismo.

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    Paolo Toschi

     

     

    Paolo Toschi: Ricordando.

     

    Il Rimbaud della Romagna

    Da: Il Resto del Carlino, Bologna, 27 novembre 1926.

     
     
     

    «Ora è rinchiuso nel manicomio di Castelpucci». Così terminavano le brevi notizie che Papini e Pancrazi hanno scritto di Dino Campana davanti a una giudiziosa scelta delle sue cose, in quell'antologia degli Scrittori ďoggi, di cui i giovani letterati sogliono dir male fin che non sperano di comparirvi anche loro.

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    foto di Emiliano Cribari

     

     

    IL POETA ERRANTE

    Un ritratto di Dino Campana

     

    Le ultime notizie di lui si hanno dalle montagne della Romagna toscana

    (nota autografa di Dino Campana destinata probabilmente a essere inclusa nella prima edizione dei Canti Orfici)

     

    da:  Mar d’Appennino (Edizioni dei Cammini, 2022)

     

     

    La prima volta che sentii parlare di Campana – frequentavo il liceo – rimasi colpito quasi unicamente dal suono del suo nome: Dino Campana. Certo, mi rapiva anche l’idea di questo paese – Marradi – che non conoscevo e che sognavo affossato in una densa fissità di castagni, e poi il fatto che il suo libro – anch’esso – suonasse così fatalmente bene: Canti Orfici. Non fui invece mai colpito dalla notizia, trita e ritrita, “facile”, della follia di Campana. Per me il genio è un barlume di lucidità.

    Anche quando nasce nel buio.

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    Ricevo dal mio amico Dino Castrovilli e pubblico subito!

    paolo pianigiani

     


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    Il Santino di Fanny

     

    di Paolo Pianigiani

     

    La mamma di Dino, Francesca Luti, detta Fanny, atta a casa, era molto religiosa. Terziaria francescana, era particolarmente devota al Santo d'Assisi. Il Santino qui sopra pubblicato lo inserì in una delle lettere inviate a Sibilla. Credo che santini simili finissero all'interno dei libri di Campana, come forma di benedizione e protezione.

    Non pare che Dino gradisse molto queste attenzioni materne, ma è pur vero che nei Canti Orfici il Santo dei poveri è citato più volte, e pochi poeti sono "francescani" come Dino. Per inciso il Santino riproduce il celebre dipinto di Murillo, che si trova nel Museo di Siviglia.

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    Meriano, Binazzi e Nascimbeni (?) a Bologna, ai tempi della "Brigata"

    1916-17

     


    Francesco Meriano

    Arte e Vita

     

    a cura di Gloria Menghetti, Carlo Ernesto Meriano e Vanni Scheiwiller

     

    Quaderni della Fondazione Primo Conti - Libri Scheiwiller

    Milano 1982

     


     

    INTRODUZIONE

     

    di Giorgio Luti

     

     

    Il mio incontro con Francesco Meriano — o meglio con la memoria dello scrittore e il gusto liberty e démodé degli Epicedi — risale agli anni lontani della giovinezza. Correva il 1945, se ben ricordo. Per noi che uscivamo appena dai giorni della guerra, si aprivano le aule dimesse dell'Università fiorentina nell'antica Piazza San Marco. Pochi, pochissimi allievi ai seminari di letteratura italiana di Giuseppe De Robertis; ma ciascuno portava con sé un suo piccolo mondo letterario da verificare e confrontare con gli altri, nella prospettiva diversa che l'Europa libera e l'Italia finalmente restituita alla vita democratica sembravano consentire alle nostre confuse aspirazioni.

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    1. Dino in inglese
    2. Giancarlo Vigorelli: In manicomio si credeva Edison
    3. Francesco Meriano: Un ricordo a Giovanni Boine
    4. Enrico Falqui: Alberto Tallone, l'ideale della perfezione

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