Primo Conti nel 1913
Intervista a Primo Conti su Dino Campana inclusa con alcune varianti nel volume P. Conti,La Gola del merlo, Memorie provocate da G. Cacho Millet, Sansoni, Firenze 1983. |
Pubblicato in: Dino Campana Fuorilegge, Edizioni Novecento 1985di Gabriel Cacho Millet |
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PRIMO CONTI - Ricordo Campana come una specie di spirito vagante sulla terra, una specie d'arcangelo che disse quello che doveva dire e poi sparì. Sembrava uno di quei girovaghi nordici, fisicamente splendido, scalzo, col bastone sulla spalla e appeso al bastone un sacchetto di tela dove teneva i libri, le camice e un paio di scarpe che spesso si infilava per la strada.
Qualche volta è venuto di sorpresa a trovarmi nello studio perché amava il senso popolaresco dei miei collages e non è a caso che Cesare Vivaldi e Luciano De Maria abbiano rilevato nei miei dipinti e nelle mie poesie di allora un segreto legame coi Canti Orfici.
Gabriel Cacho Millet: prefazione al "Ritrovamenti biografici e appunti testuali", di Stefano Drei
PREFAZIONE
Rilevare le ombre che ancora oscurano la biografia di Dino Campana, poeta randagio che tanto soffrì e che scomparve quasi dimenticato nella solitudine di una stanza di manicomio, è un obbligo d’amore. Lo chiedono le sue fughe dettate dalla disperazione, le intemperanze che erano la ribellione di chi non si sente amato e poi la miseria, l’asilo notturno, le carceri, gli ospedali, i manicomi e quella solitudine spaventosa di chi ha perduto la compagna più fedele e insostituibile, unica: la poesia.
Ci tocca oggi toglierlo dall’ombra, gettare luce sul suo calvario, mostrarlo come autore del solo libro che scrisse e del quale si compie il centenario della pubblicazione. Bisogna illuminare i lati oscuri, cercarlo anche in piccole cose che apparentemente hanno scarsa importanza perché alla luce di tale ricerca si rivela l’uomo e qualche cosa del poeta come sta facendo il meritorio professore di lettere del Liceo Torricelli di Faenza, Stefano Drei.
Con Calvino, solfeggiando "Genova", a Buenos Aires
di Gabriel Cacho Millet
Non ho mai saputo cosa sia veramente accaduto il giorno dell'inaugurazione dello stand italiano nella Xª Edición de la Feria Internacional del Libro tenuta a Buenos Aires nel 1984. L'episodio, comunque ha a che fare con una mia versione in spagnolo della poesia Genova con cui Dino Campana ha voluto chiudere il suo unico libro, Canti Orfici.
Ero stato invitato insieme a Italo Calvino all'evento col compito di parlare dei soggiorni in Argentina di Dino Campana (1908) Carlo Emilio Gadda (1922) e Luigi Pirandello (1927, 1933). Calvino, ospite ufficiale, doveva invece inaugurare lo stand italiano analizzando le sensazioni che provava ogni volta che visitava una grande esposizione al momento di perdersi "in questo mare di carta stampata, in questo firmamento sterminato di copertine colorate, in questo pulviscolo di caratteri tipografici".
Il libro e i libri, aveva intitolato Calvino il suo discorso, nel quale avrebbe raccontato della vertigine che sentiva davanti ai libri: "l'apertura di spazi senza fine come una successione di specchi che moltiplicano il mondo".
Lello Campana a vent’anni studente universitario, nella casa paterna a Marradi
L’ultimo dei Campana
di Gabriel Cacho Millet
Pubblicato su "L'Informatore Librario", Roma, anno VIII, N.5, Maggio 1978
Non ha dimenticato il poeta Lello Campana le parole — le uniche — che suo cugino Dino avrebbe esclamato riconoscendolo nel manicomio di Castel Pulci, nel 1929, né la pacca che a mo' di saluto gli avrebbe dato sulle spalle dicendogli: “Anche tu sei un Campana!”
Nulla o quasi nulla sapeva a 14 anni “l'ultimo dei Campana” del suo famoso cugino, ad eccezione di qualche altra avventura che il padre, Torquato — “il parente” che consigliò Dino “di fare qualcosa di pratico” studiando Chimica all'Università di Bologna — gli avrebbe raccontato. Dalle labbra di Torquato Campana, a quanto pare “tutore” allora del “minorato” Dino, Lello seppe che suo padre nel febbraio del 1908 accompagnò fino al porto di Genova il più “difficile” della famiglia per l'avventuroso viaggio in Argentina.
Gabriel Cacho Millet: Il manoscritto di Campana perduto, ritrovato e venduto
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Publicato su "Wuz", storie di editori, autori e libri rari
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n. 3 maggio - giugno 2004 |
di Gabriel Cacho Millet |
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É stato venduto all'asta lo scorso 18 marzo, a Roma, il manoscritto de Il più lungo giorno di Dino Campana (1885-1932) per centosettantacinquemila euro. Ascoltare Fabio Bertolo battere all'asta presso Christie's quel quaderno con un'offerta iniziale di centotrentamila euro, a me che ho seguito per anni le contorte tracce del poeta vagabondo si stringeva il cuore. Pensavo a Campana che andava nei caffè di Firenze e di Bologna per vendere personalmente a lire due e cinquanta "con o senza dedica" i Canti Orfici, il libro che riscrisse e che avrebbe riscritto comunque, anche ignorando che Ardengo Soffici gli aveva smarrito il manoscritto con l'ultima stesura.
Gabriel Cacho Millet: Le lunghe braccia dell'autunno
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Editore Mauro Baroni Viareggio Lucca collana Jazz di Mediterranea |
recensione di Marisa Cecchetti ![]() |
recensione di Maurizio Giammusso ![]() |
di Paolo Pianigiani |
E' appena uscita per i tipi di Mauro Baroni Editore in Viareggio, l'ultima opera teatrale di Gabriel Cacho Millet: Le lunghe braccia dell'autunno. Fa il paio, questo lavoro, con un'altro, uscito a Roma nel 1977, che ha titolo Quasi un uomo, un monologo con protagonista Dino Campana. Chiude il cerchio e definisce, nei dettagli e negli impeti, la figura della poetessa e autrice di romanzi Rina Faccio, in arte e per il mondo Sibilla Aleramo.
I Racconti dell'uomo che ha fretta
a cura di Gabriel Cacho Millet
Fazi editore 2007
"Vedrai, te ne innamorerai. Non è come Campana, anche se qualcuno li ha avvicinati. Sono due poeti assolutamente diversi. Cerca il libro, IL PRIMO DIO, dell'Adelphi".
Così per la prima volta, ho sentito parlare di Emanuel Carnevali, da Gabriel Cacho Millet, che dello scrittore fiorentino ha curato per l'editore Fazi la recente pubblicazione dei Racconti di un uomo che ha fretta. Non è stato facile trovarlo, Il primo Dio: esauritissimo nella prima edizione, quella del 1978. Ne ho scovato uno, della seconda edizione, del giugno 1994. Nel risvolto della copertina l'errore depistante sulla nascita: Bologna, invece che Firenze, dove, in via Montebello, al numero 11, il 4 dicembre 1897 Manuel Federico Carlo Carnevali arrivò in questo mondo. Una lettura subito febbrile: si tratta di una specie di diario fatto di racconti per accumuli, una storia che si dipana ansiosa fra i primi anni trascorsi in Italia, la fuga verso il nuovo mondo, la disperata realtà delle strade di New York, dove il giovanissimo scrittore approdò il 15 aprile del 1914.
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