Roberto RUSSI

 

(Università di Banja Luka)

 

 

IN VIAGGIO E IN SOGNO

SUGGESTIONI PETRARCHESCHE IN UN SONETTO DI DINO CAMPANA

 

 

 

1. Tornare a Petrarca?

Poesia facile è un sonetto del cosiddetto Quaderno, che contiene testi inediti di Dino Campana. Questa lirica testimonia l’inquietudine fisica e psicologica che caratterizza la biografia e la scrittura del poeta, trasformando il tema ricorrente del viaggio in un sogno dai contorni sfumati, nel quale la meta non è tanto importante quanto l'atto stesso della partenza.

L'adesione al modello del sonetto è piuttosto insolita in Campana e, a una lettura superficiale, sembrerebbe giustificare il titolo, la cui 'facilità' andrebbe cercata nel rispetto, almeno parziale, delle convenzioni formali della tradizione letteraria e di alcuni artifici retorici.

 

Dai versi emerge però anche un forte rapporto intertestuale con il sonetto CXXXIV dei Rerum vulgarium fragmenta di Petrarca, che mette in evidenza alcuni elementi comuni al percorso interiore e alle strategie poetiche dei due scrittori.

Il Quaderno, in cui sono raccolti versi scritti da Campana probabilmente tra il 1906 e il 1913,1è stato ritrovato dopo il 1938 dal fratello Manlio a Marradi, e consegnato a Enrico Falqui che ne ha pubblicato il contenuto per la prima volta nel 1942 tra gli Inediti campaniani.

Il manoscritto, andato perduto nel1945,2 forse durante la Battaglia dell'Appennino, era un vero e proprio quaderno scolastico, le cui pagine apparivano piene di correzioni e appunti.3

143 testi (di cui uno in prosa) del Quaderno ci offrono le prime esperienze poetiche, ma anche europee, di Campana; da una parte echi di Carducci, del Crepuscolarismo e della Scapigliatura, dall'altra influssi del Simbolismo, di Baudelaire4e di D'Annunzio,


1 Turchetta (2003: 99).
2 Le uniche pagine delLoriginale rimasteci sono quelle riprodotte da Falqui nella prima edizione del Quaderno.
3 Sitzia (2011: 54).

4 Camps (2002: 259).


e poi parecchio Futurismo,5 assieme a molto Nietzsche6, soprattutto quello della Gaia scienza. Una sorta di palestra per il poeta, dunque, in cui Campana ripercorre il Decadentismo per approdare al Futurismo,7utilizzando una densa serie di riferimenti biografici, ovviamente trasfigurati nel tipico stile onirico che caratterizza tante pagine dei Canti orfici.8

E infatti l'importanza del Quaderno consiste anche nel mostrare che gli stessi Canti orfici non sono frutto di un lampo di genio unico e un po' sregolato, ma scaturiscono da un progetto consapevole di riorganizzazione rigorosa, di riscrittura e ripensamento dei modelli letterari precedenti.9

E Petrarca? All'epoca di Campana non si può certo dire che Petrarca e il petrarchismo fossero molto popolari: siamo nel fiorire delle Avanguardie, che tendono in primo luogo a rifiutare come necessaria per la poesia proprio quella tradizione della continuità legata allo stile petrarchesco,10 tanto che Papini, nel saggio del 1912 Le due tradizioni letterarie italiane, potrà mostrare il suo disprezzo per «tutto quel che v'è di molle, di elegante, di musicale, di armonioso, di decorativo, di convenzionale, di letterario, di vuoto»,11 dove "musicale", "armonioso" e, naturalmente, "letterario", in evidente accezione negativa stanno a simboleggiare le parole chiave del modello ideologico legato a Petrarca.

Tuttavia, a partire dal primo Novecento, la riflessione critica sul senso e i modi della poesia, vivacizzata dagli scrittori stessi, mostra come Petrarca sia in fondo così presente «nell'inconscio collettivo della poesia italiana»,12da continuare a produrre interrogativi su questioni già nel tempo ampiamente dibattute, anche in chi è più affine al mondo petrarchesco, come Giuseppe Ungaretti13, che in un articolo del 1929 dal titolo Risposta all anonimo scrive:14

Ma come tornare a Petrarca? Si vorrebbe forse che il sottoscritto riproducesse, come un qualsiasi orecchiante, certi atteggiamenti sentimentali del Petrarca, o certe cadenze, o certe simmetrie del tessuto sillabico? Per tale risultato basterebbe ad uno studente di liceo alcuni giorni di esercizio [...]. C'è un altro modo, ed è quello di scoprire l'arte insuperabile colla quale il Petrarca risolve gl'infiniti problemi proposti dal rapporto tra contenuto e forma.


5  Bonifazi (2014: XXIV).

6  Per i rapporti tra Campana e Nietzsche cfr. Bazzocchi (2003).

7  Jacobbi (1973: 156).

8  Turchetta (2003: 101-104).

9  Turchetta (2003: 103).

10 Cortellessa (2004b: V).

11 Cit. in Cortellessa (2004b: VI-VII).

12 Cortellessa (2004b: IV).

13 Sul rapporto tra Ungaretti e Petrarca cfr. Ossola (1994) e Livorni (2004).

14 Originariamente pubblicato sul quotidiano II Tevere di Roma.


Sono soluzioni sottili, per le quali, a tutt'oggi, relegantissimo Mallarmé è il maggiore dei petrarchisti.15

Sì a Petrarca, ma censurando quegli aspetti della lezione petrarchesca che rischierebbero di trasformare la poesia in un vacuo esercizio alla portata di un qualunque "studente di liceo".

Via quindi "certi atteggiamenti sentimentali", assieme alle "cadenze" e alle "simmetrie"; dunque, ancora una volta, si rimarca che la musicalità e l'armonia rappresentano solo un aspetto secondario, superficiale e facile dello stile di Petrarca, la cui vera essenza risiederebbe invece altrove, in qualcosa che Ungaretti colloca nel "rapporto tra contenuto e forma".16

E Campana? Si potrebbe dire che il petrarchismo di Campana sia in gran parte piuttosto indiretto, quasi frutto di un lapsus, una sorta di riflesso inconscio, forse ancora legato alle letture liceali; e tuttavia, proprio per quel cosciente ripensamento della tradizione che caratterizza tanto l'apprendistato del giovane poeta, quanto i suoi frutti più maturi, è forse possibile ipotizzare anche un differente rapporto tra Campana e Petrarca, per quanto attribuibile a un davvero esiguo numero di testi.

 

 

2. I travestimenti di un sonetto

Cominciamo dalla forma: Poesia facile è un sonetto. Scrivere un sonetto non fa, inutile dirlo, di un poeta un petrarchista. Tuttavia, da quando Pietro Bembo ha consacrato Petrarca come l'autore di sonetti per eccellenza, un istintivo accostamento può avvenire in modo quasi naturale.

Campana poi, che nei suoi versi di solito non usa forme tradizionali o strutturate, quando lo fa è verosimilmente per una precisa scelta poetica, anche perché mai la veste classica del sonetto è accolta senza esercitare una qualche azione eversiva su di essa, sia rispetto alla metrica che ai temi.

Tra i versi di Campana ci sono solo tre sonetti, tutti nel Quaderno, e due strutture variamente rapportabili al sonetto sono dissimulate nei Canti orfici. Il primo esempio contenuto nell'opera maggiore è quello degli ultimi quattordici endecasillabi di Immagini del viaggio e della montagna, in cui la spaziatura tra gli otto versi delle due quartine e i sei versi delle due terzine è indicata graficamente, rivelando nelle rime una delle sequenze più tradizionali tra quelle utilizzate dal poeta: ABBABAAB CDECDE, con ulteriore assonanza tra A e D17.


15 Cit. in Cortellessa (2004b: IV).

16 Ancora nel 1952, Sergio Solini ìnNostalgia di Petrarca, recensione a una storia della letteratura italiana, descrive la «complessa struttura sintattica e musicale» riconducibile al petrarchismo come del tutto anacronistica, e nota invece che «la poesia del Petrarca ha assunto presso i moderni il carattere d’un esempio supremo, di un tipico “luogo” insieme irraggiungibile e pure idoleggiato, se non altro come nostalgia», cit. in Cortellessa (2004b: Vili).

17 «La messe, intesa al misterioso coro / del vento, in vie di lunghe onde tranquille / muta e gloriosa per le mie pupille / discioglie il grembo delle luci d ’oro. / O Speranza! O Speranza! a mille a mille / splendono nell’estate i frutti! un coro / ciré incantato, è al suo muimure, canoro / che vive per miriadi di faville!... //Ecco la notte: ed ecco vigilanni/ e luci e luci: ed io lontano e solo: / quieta è la messe, verso Гinfinito / (quieto è lo spirto) vanno muti canni / a la notte: a la notte: intendo: Solo / ombra che toma, ch’era dipartito...» Campana (2014: 49)


Il secondo esempio è dato dai primi quattordici versi di Genova, ancora endecasillabi, questa volta senza alcuna divisione grafica e con uno schema di rime insolito: ABABCDCDEFFEGG, assonanza di A ed E, consonanza di C e F;18 inoltre il quattordicesimo verso non conclude il senso della frase, che prosegue per altri tre versi, dissolvendo così a poco a poco Fimpronta del sonetto, fino all'ottonario conclusivo della sezione. In entrambi i testi la struttura sintattica segue una complessità del tutto indipendente dall'andamento ritmico, che di solito si basa invece sulla scansione del verso singolo; anche in questo Campana accoglie pienamente le istanze di una poesia moderna in cui «la sintassi tende a superare la metrica», e dove a una «connessione linguistica stretta tra verso e verso» è spesso contrapposta una diversa tipologia di rapporti tra «codice linguistico e codice metrico».19 

Si produce così quel doppio movimento, tipico della poesia di Campana, caratterizzato da una peculiare ma intensa musicalità e da un procedere per analogie, empatico e associativo.20

Ecco dunque che la musica del verso, riconosciuta caratteristica petrarchesca vista con sospetto dalla modernità letteraria, diventa per Campana una componente essenziale dello stile; è però una musicalità che non si basa su eleganza e raffinatezza, ma sulla libera combinazione di elementi tradizionali, come il verso e la rima, assieme a «un fitto gioco di echi fonici, di iterazioni lessicali e di parallelismi sintattici».21 Come sempre, anche quando le usa, le interpreta, le accoglie, Campana sembra muoversi in senso tenacemente contrario alla cultura e alla letteratura del suo tempo.22


18 «Poi che la nube si fermò nei cieli / lontano sulla tacita infinita / marina chiusa nei lontani veli, / e ritornava l’anima partita / che tatto a lei d’intorno era già arcana- / mente illustrato del giardino il verde / sogno nell’apparenza sovrumana / de le corrusche sue statue superbe: / e udii canto udii voce di poeti / ne le fonti e le sfingi sui frontoni / benigne un primo oblio parvero ai proni / umani ancor largire: dai segreti / dedali uscii: sorgeva un torreggiare / bianco nell’aria: innumeri dal mare / [...]», Campana (2014: 88).

19 Scarpa (2012: 112).
20 Esposito (1992: 52-53). 21 Esposito (1992: 53).
22 Jacobbi (1973: 154).


Tornando ora al Quaderno, troviamo Sonetto perfido e focoso, Sonetto di Vittoria Colonna e Poesia facile. Qui la struttura formale del sonetto è sempre riconoscibile, tuttavia Campana, almeno nei primi due testi, sembra voler evitare di proposito ogni possibile parallelo con la tradizione petrarchesca.

Sonetto perfido e focoso richiama infatti nell'impianto delle rime la tradizione francese moderna (stabilita soprattutto da Baudelaire), ma rifà un po' il verso anche a quellatoscana della poesia comico-realista, per il contenuto palesemente erotico.23

La struttura delle rime è ABBC CBBC DEF GHA24, dove C è in assonanza con A, come a ricomporre in qualche modo lo scarto dall'usuale rima alternata, c'è assonanza di E con G, mentre il ritorno di A nell'ultimo verso enfatizza quel procedere circolare tanto, caro a Campana, che lo accosta ancora a Petrarca come «poeta dell'ossessione temporale» e insieme come «poeta deH'infmita variazione dell'identico».25

Sonetto di Vittoria Colonna è invece una variante del sonetto ritomellato26, in cui il verso aggiunto in coda rima con il primo e il quarto verso della prima strofa, e con il secondo verso della quarta strofa, imprimendo ancora un forte senso di iteratività e di circolarità alla poesia.

Lo schema delle rime è: ABBA CDBC EFE GAG A, con l'assonanza tra B e D di nuovo a ricomporre lo schema delle quartine, mentre il contenuto sembra proporre una parodia della poetessa rinascimentale, amica di Michelangelo e, naturalmente, petrarchista, in cui al raffinato neoplatonismo amoroso di Vittoria Colonna si sostituisce un'ambigua sensualità e addirittura un fosco e misterioso delitto, forse passionale.27

In entrambi questi esempi, se Petrarca c'è, va cercato piuttosto nelle strutture profonde della poetica di Campana che in una qualsivoglia relazione diretta. Diverso il caso di Poesia facile.


23 Ceragioli (2003: 178).
24 «Io voglio nel sonetto pastorale / te luccicante nelle bionde anelle / te dal nascente tuo sesso ribelle / inasperita, nuda incatenare; // e con sacro fervore esagitare / Paroma acerbo delle membra snelle / e piamente sopra la tua pelle / lunghi e superbi [—] rievocare: // per veder gli ocelli tuoi torbidi e verdi / che accese fangiol che ti donne accanto / a notte tarda nei sogni infiniti // dal profondo implorarmi, mentre un tardo / sospiro apra la bocca mortuaria / al riso bianco dei denti immortale», cit. in Salvatori (2011: 76).
25 Cardini (2004: 45).
26 Che prevede in chiusa raggiunta di un endecasillabo che rima con Гultimo verso, oppure di un distico (sempre endecasillabo) in rima baciata. Diffuso per lo più tra il XIII e il XIV secolo, è stato utilizzato anche da Guido Cavalcanti.
27 «Ilbelpaggettodalcorpoondulato/èandatonellastanzacherinchiuse/inunvelariodiluce le sue fuse / forme di bronzo e un gemito attardato // gentile e grave e ricco cuor d’amante / si offerse vivo alle carezze ignude... / Poi nella notte lentamente schiuse / il suo segreto pel mio cuor tremante // oppresso dalfamore e dal mistero / il suo atroce segreto di fanciullo / partì dalle sue labbra lento e nero: // l’uccisi con un colpo alla mammella / nella notte: rimorso e catturato / alzai la testa e ricercai la stella // avvelenata sotto cui son nato», cit. in Salvatori (2011: 194).


 

3. Non trovo... Non cerco...

 

Pace non cerco, guerra non sopporto

tranquillo e solo vo pel mondo in sogno

pieno di canti soffocati. Agogno

la nebbia ed il silenzio in un gran porto.

 

In un gran porto pien di vele lievi

pronte a salpar per l'orizzonte azzurro

dolci ondulando, mentre che il sussurro

del vento passa con accordi brevi.

 

E quegli accordi il vento se li porta

lontani sopra il mare sconosciuto.

Sogno. La vita è triste ed io son solo.

 

O quando o quando in un mattino ardente

l'anima mia si sveglierà nel sole

nel sole eterno, libera e fremente.28

 

Anche qui la rima è spesso sostituita o integrata da assonanza e consonanza, secondo un procedimento che Gabriele D'Annunzio aveva già sperimentato nelle liriche di Alcyone, mentre la sequenza di rime diverse nelle quartine appartiene a Correspondences di Baudelaire; «la coesione è della singola strofa»,29 ma l'unità strutturale è difesa da una serie di accorgimenti retorici disposti con grande sapienza da Campana.

Questo lo schema delle rime: ABBA CDDC EFG HIH, inoltre A è in assonanza con B e G, e in consonanza con E, D è in assonanza con F, G è in consonanza con I. Poesìa facile è l'Х1 testo del Quaderno e reca accanto al titolo l'annotazione «stile indovinello»,30 tanto il titolo quanto questa sorta di sottotitolo sembrerebbero indicare la semplicità espressiva e l'andamento cantilenante di un testo "facile" perché rispettoso delle convenzioni formali del genere. Tuttavia, non è insolito che in Campana titoli e annotazioni abbiano un valore autoironico, come anche il Sonetto perfido efocoso lascerebbe intendere,31 e la forma stessa si mostra più complessa di quanto l'autore vorrebbe far credere. Ad esempio, il modello offerto da A (tra rime assonanze e consonanze) interessa quasi la metà dei versi, altro esempio di struttura iterativa neH'officina di Campana; la coesione interna delle quartine è rafforzata da due inarcature: agogno / la nebbia" e "il sussurro / del vento"; il testo è disseminato di ripetizioni, che utilizzano anche artifìci retorici della tradizione poetica antica. Abbiamo esempi di coblats capfinidas32 tra le due quartine: "la nebbia ed il silenzio in un gran porto / In un gran porto pien di vele lievi", e tra la seconda quartina e la prima terzina, con la posizione dei termini invertita: "[il sussurro] del vento passa con accordi brevi. / E quegli accordi il vento se li porta”; la seconda terzina inizia con un'epizeusi: "o quando o quando in un mattino ardente”; infine un'anadiplosi collega gli ultimi due versi: "l'anima mia si sveglierà nel sole / nel sole eterno, libera e fremente”. Inoltre, alle parole /solo/ e /sogno/ viene conferita una particolare enfasi attraverso l'allitterazione della /о/, l'assonanza con A (divenendo quindi elemento del moto iterativo), e la ripetizione, in posizione invertita, nel secondo e nell'undicesimo verso.


28 Campana (2014: 100).

29 Scarpa (2012: 111).

30 Campana (2014: 174).

31 Mazza (1986: 11).

32 Artificio retorico della poesia provenzale che consiste nel ripetere ima o più parole deirultimo verso di una strofa nel primo verso della strofa seguente.


La solitudine e la dimensione onirica sono infatti i due poli che caratterizzano sia l'atmosfera del sonetto sia la condizione esistenziale dell'io lirico, e possono essere entrambe ascritte all'universo poetico petrarchesco.

Nel testo di Campana, come accade anche in molti versi di Petrarca, l'immaginario viene posto a un livello superiore rispetto al reale, poiché solo nel sogno sembra possibile trovare la parte più autentica di sé: l'anima che dovrebbe alfine svegliarsi nel sole "libera e fremente”.

 

 

4. Il viaggio e il canto

 

In Campana sono molte le citazioni :siano esse testuali o parafrasi vengono soprattutto dai simbolisti francesi, in particolare da Baudelaire. Reminiscenze di Petrarca, invece, oltre all'esempio offerto da Poesia facile, si possono trovare ancora in Boboli,33 un'altra poesia del Quaderno che passerà, profondamente variata, nei Canti orfici con il titolo Giardino autunnale (Firenze).34

In entrambi i testi abbiamo un io lirico petrarchesco immerso in una dimensione imprecisa e sfumata,35 dove tutti i riferimenti temporali si annullano e si confondono, suggerendo il possibile realizzarsi di un'unità armonica con l'arrivo della visione. Si crea un legame, una sorta di identità, tra l'alloro e la donna, che rende anche possibile l'inizio della creazione poetica.

Questa equivalenza delle due immagini funge inoltre da tramite per favorire l'instaurarsi di un dialogo, per stabilire un punto di contatto, fra l'uomo e il paesaggio, in cui il profumo dell'alloro possa alfine incarnare il raggiungimento della perfezione artistica.36

"Il lauro reciso" o "al lauro muto", come anche "il profumo dell'alloro" o "in aroma d'alloro", e perfino il biondo e l'oro che colorano Boboli, sono probabili reminiscenze, se non addirittura citazioni petrarchesche, allo stesso modo "io lento, vinto e solo" (sempre in Boboli) può rievocare il celebre incipit del sonetto XXXV dei Rerum vulgarium fragmenta: «Solo et pensoso i più deserti campi / vo mesurando a passi tardi et lenti».

 


33 «Nel giardino spettrale / dove il lauro reciso / spande spoglie / ghirlande sul passato, / nella sera autunnale, / io lento vinto e solo / ho il profumo tuo biondo rievocato. / Dalle aride pendici / aspre, arrossate ne l’ultimo sole / giungevano i rumori / rauchi già di una lontana vita. / Io su le spoglie aiuole / io t’invocavo: o quali le tue voci / ultime furon, quale il tuo profumo / più caro, quale il sogno più inquieto / quale il vertiginoso appassionato / ribelle sguardo d’oro? / Si udiva ima fanfara / straziante salire; il fiume in piena / portava silenzioso / i riflessi dei fasti d ’altri tempi. / Io mi affaccio a un balcone / e mi investe suadente / tenero e grandioso / fondo e amaro il profumo dell’alloro: / ed ella mi è presente / (tra le stadie spettrali nel tramonto)», cit. in Salvatori (2011: 73).

34 «Al giardino spettrale al lauro muto / de le verdi ghirlande / a la terra autunnale / un ultimo saluto! / A Paride pendici / aspre arrossate nell’estremo sole / confusa di rumori / rauchi grida la lontana vita: / grida al morente sole / che insanguina le aiole. / S’intende una fanfara / che straziante sale: il fiume spare / ne le arene dorate: nel silenzio / stanno le bianche statue a capo i ponti / volte: e le cose già non sono più. / E dal fondo silenzio come un coro / tenero e grandioso / sorge ed anela in alto al mio balcone: / e in aroma d’alloro, / in aroma d’alloro acre languente, / tra le statue immortali nel tramonto / ella m ’appar, presente.» Campana (2014: 25).

35 Ramat (1973: 183).

36 Catenazzo (2003: 151) e Bàrberi Squarotti (2007: 24). 37 Pecoraro (1986: 113).


In Campana sono tuttavia molto rare le citazioni in sede incipitaria,37 come quella evidentissima che apre Poesiafacile. Qui il rapporto intertestuale è quasi alla lettera, con l'esordio «Pace non cerco, guerra non sopporto» che duplica quello del sonetto CXXXIV «Pace non trovo, et non ò da far guerra», mentre in modo più sfornato il secondo verso, «tranquillo e solo vo pel mondo in sogno», richiama ancora le atmosfere del XXXV.

Campana scioglie il chiasmo, inverte l'ossimoro, conserva la negazione ripetuta; ne risulta, da parte dell'io lirico, un atteggiamento più passivo ("non cerco" vs "non trovo").

L'antitesi tra pace e guerra, e con essa l'intimo dissidio dell'animo di cui è metafora, si sposta dall'irriducibile conflitto in atto tra percezioni fìsiche e sensazioni psicologiche, alla dimensione onirica e visionaria di un viaggio orfico, iniziatico, in cui «la ricerca del sublime si coniuga con la ripresa della mitologia del viandante», mentre l'elemento liquido (il "mare sconosciuto") «si offre come tramite stesso del viaggio, o come parte non eliminabile del contesto in cui il cammino si svolge».38

In Campana, analogamente a quanto accade anche in alcune poesie di Carlo Michelstaedter, la dialettica tra l'elemento terrestre (il "gran porto") e l'elemento acquoreo (il mare che qui aspetta di essere percorso dalle "vele lievi"), tende al superamento del primo, quello umano e definito nello spazio-tempo, pur accettandone il limite intrinseco assieme all'impossibilità di ogni certezza (come suggerisce la conclusiva invocazione "O quando o quando").39

Il viaggio viene così idealizzato: quello che l'io lirico percorre è sì un cammino interiore, ma soprattutto un cammino letterario, alla ricerca di un mondo finalmente ricomposto dalla parola poetica.

Se certo Campana usa Petrarca per realizzare un recupero novecentesco del classicismo, abbiamo però potuto mettere in evidenza sin qui alcuni elementi chiave dell'enciclopedia petrarchesca: il tempo, il viaggio (soprattutto il viaggio permare, conle sue navi, le vele, il vento), il rapporto tra la realtà e il sogno, lafigura femminile (che in Campana diviene Chimera) sfoggente, irraggiungibile eppure necessaria. Possiamo ora aggiungere un'idea della poesia come lavoro continuo di riscrittura, che si lega a due principi fondamentali dello stile di Campana: la ripetizione e la variazione.


38 Di Martino (2012: 202).
39 Papini (2011: 3).


Tutti questi tasselli, che dunque appartengono a vario titolo alla poetica di Petrarca, arrivano a Campana anche grazie alla mediazione di Mallarmé e Valéry, che attuano Tincessante svuotamento del mondo esperibile in favore del mondo intelligibile (o addirittura ipotetico), attraverso l'assolutizzazione del principio petrarchesco di "selettività".40

Il petrarchismo moderno non è però più quello della «selettività lessicale», ma semmai quello della «selettività degli oggetti», gli oggetti della rappresentazione poetica, e della «emblematicità delle occasioni».41

Allora Petrarca si fa, se così si può dire, "ermetico", nel senso di "antimimetico, mistico, magico", proponendosi come il simbolo stesso della poesia.42

Ed è probabilmente questo il Petrarca dei primi esperimenti di Campana, poiché al centro del suo pensiero, anche in un sonetto così "facile", c'è sempre l'obiettivo di dare legittimità alla poesia, una poesia che possa essere chiave e senso di tutte le cose.

 


40 Berardinelli (2004: 39).

41 Cortellessa (2004b: V).

42 Cardini (2004: 46).


 

 

Bibliografia

 

 

BÀRBERI SQUAROTTI, GIORGIO, 2007, «Le due chimere: D’Annunzio e Campana», in Marcello Verdenelli (a cura di), Dino Campana, “una poesia europea musicale colorita ", Giornate di studio. Macerata, 12-13 maggio 2005. Macerata, EUM (Letteratura. Poesia), pp. 17-30.

 

BAZZOCCHI, MARCO ANTONIO, 2003, Campana, Nietzsche e la puttana sacra. Manni, Lecce.

 

BERARDINELLI, ALFONSO, 2004, «Il fantasma di Petrarca», in Cortellessa 2004a. pp. 37-42.

 

BONIFAZI, NEURO, 2014, «Introduzione», in Campana 2014, pp. VII-XXXIII.

 

CAMPANA, DINO, 2014, Canti orfici e altre poesie, a cura di Neuro Bonifazi, Milano. Garzanti.


CAMPS, ASSUNTA, 2002, «Viaggio e esilio in Dino Campana: per un’ermeneutica della sua opera», in Annali d’Italianistica, n. 20, pp. 259-274.

 

CATENAZZO, TIZIANA, 2003, «Verginità e vertigine nei paesaggi di Dino Campana», in Verdenelli 2003, pp. 133-154.

 

CERAGIOLI, FIORENZA, 2003, «Campana prima e dopo i Canti orfici», in Verdenelli 2003, pp. 167-182.

 

CORTELLESSA, ANDREA (a cura di), 2004a, Un'altra storia. Petrarca nel Novecento italiano, Studi (e testi) italiani, 14, Roma, Bulzoni.

 

CORTELLESSA, ANDREA, 2004b, «Petrarca è di nuovo in vista». Introduzione a Cortellessa 2004a, pp. I-XXXI.

 

DI MARTINO, VIRGINIA, 2012, Sull'acqua. Viaggi, diluvi, palombari, sirene e altro nella poesia italiana del primo Novecento, Napoli, Liguori.

 

ESPOSITO, EDOARDO, 1992, Metrica e poesia del Novecento, Milano, Franco Angeli.

 

GARDINI, NICOLA, 2004, «Un Petrarca che non c’è», in Cortellessa 2004a, pp. 43­ 53.

 

JACOBBI, RUGGERO, 1973, «L’esilio e la visione», in Geno Pampaioni (a cura di), Dino Campana Oggi, Firenze, Vallecchi, pp. 147-156.

 

LIVORNI, ERNESTO, 2004, «Ungaretti’s Critical Writings on Petrarch and the Renewal of the Petrarchan Tradition», in Annali d'Italianistica, 22, pp. 337-360.

 

MAZZA, RICARDO, 1986, La forza, il nulla, la chimera: Saggio su Dino Campana. Roma, Istituto della Enciclopedia italiana (Bibliotheca biographica. Sezione artistico-letteraria).

 

OSSOLA, CARLO, 1994, «Ungaretti lettore del Petrarca», in Tra storia e simbolo. Studi dedicati a Ezio Raimondi, numero monografico di Lettere italiane, Olschki. Firenze, pp. 281-300.

 

PAPINI, MARIA CARLA, 2011, «Montale o della malinconia. Response a Sandro Maxia», in Between, n. 1, 1, disponibile online in <http://www.between-joumit/>, consultato il 4 settembre 2014.

 

PECORARO, ALDO, 1986, «Campana fra Verlaine, Baudelaire e Rimbaud», in Piero Cudini (a cura di). Materiali per Dino Campana, Lucca, Fazzi, pp. 117-146.

 

RAMAT, SILVIO, 1973, «Note al Quaderno», in Enrico Falqui (a cura di), Dino Campana. Opere e contributi, 2 tomi. II, Firenze, Vallecchi, pp. 357-371.

 

SALVADORI, SILVANO (a cura di), 2011, Dino Campana prima dei Canti orfici.  Marradi, Centro studi campaniani Enrico Consolini.

 

SCARPA, RAFFAELLA, 2012, Forme del sonetto. La tradizione italiana e il Novecento, Roma, Carocci.

 

SITZIA, SUSANNA, 2011, «Per una nuova edizione del Quaderno di Campana. Testimoni e varianti di tradizione», in Oblio. Ossen’atorio Bibliografico della  Letteratura, n. 2-3,1, pp. 54-66.

 

TURCHETTA, GIANNI, 2003, Dino Campana. Biografia di un poeta, Milano. Feltrinelli.

 

VERDENELLI, MARCELLO (a cura di), 2003, O poesia tu più non tornerai. Campana moderno, Macerata, Quodlibet.