Libro85EnricoConsoliniSebastianoVassalli 

 Enrico Consolini con Sebastiano Vassalli a Marradi
 

 

 

 

Enrico per Enrico

 

ricordo di Enrico Consolini, campaniano, sindaco e socialista

 

 

di Enrico Gurioli

 

 

Settembre è un mese strano a Marradi. Solitamente la stagione estiva è già finita prima di ferragosto, quando le nuvole che si addensano, stizzose, sui monti dell’Appennino, fanno cadere la pioggia su questo strambo paese che di montagna non è. Qui è nato Dino Campana, qui è nato Enrico Consolini il 29 marzo del 1945, strappato alla vita da un tragico azzardo, ad un passaggio livello, mentre stava arrivando la vecchia Littorina lungo la ferrovia che da Firenze porta a Faenza.

 

Atroce destino, quello di Enrico, amato Sindaco di un Comune che toscano non è. «Oh’ s’è amazè Ricco!» «Si è ucciso Enrico» è la traduzione letterale di questa infausta frase detta in quel dialetto romagnolo di confine, che come una saetta, e un giudizio di condanna, attraversò le vie di un borgo che romagnolo non è.

Enrico Consolini era un marradese a Firenze, fiorentino per ragioni di lavoro ma «se non vado tutte le settimane a Marradi per vedere se occorre qualcosa mi sembra che manchi qualcosa anche a me» era solito dire.

Era un sindaco socialista o un socialista sindaco, parte viva di quel gruppo di giovani di allora, figli di un sessantotto paesano, quando essere socialista aveva un significato e un senso ed egli, concepito nella linea gotica, era, nel gruppo, il più anziano per età e militanza politica. Una militanza, la sua, nata ragionando in dialetto romagnolo con i vecchi socialisti incontrati, di sera, nello storico circolo di Piazza Le Scalelle.

C’era da parte loro l’orgoglio di avere un giovane studente, - si era laureato in sociologia all’Università di Urbino nel luglio 1972 con una tesi sul “Sindacalismo rivoluzionario di Arturo Labriola”- un intellettuale pronto a dialogare alla pari con i professionisti della politica che di tanto in tanto arrivavano da Firenze.  Poi altri giovani, nati con la Repubblica, entrarono in quel circolo iscrivendosi alla Sezione del Partito.

Quello di Nenni.  Lì, in quei contesti, con quei compagni giovani e vecchi del socialismo italiano, avvenne la sua formazione politica e il suo amore per Marradi, anzi per il binomio Dino Campana-Marradi; qualcosa di indissolubile da non discutere. Lì cominciò a comprendere meglio l’ambigua attenzione dei marradesi verso il concittadino poeta.

Andava cambiata, confortato da una assidua frequentazione di cenacoli romagnoli e fiorentini, supportato anche da incondizionati echi arrivati dal faentino Claudio Marabini a dalle aule liceali del Cicognini di Prato e quelle bolognesi di Ezio Ramondi.

C’era insomma una miscela esplosiva di cultura politica e letteraria tale da destare sospetto nel passatismo democristiano e comunista marradese del tempo. Ma in grado di entusiasmare i giovani. E i vecchi socialisti, su Dino Campana si fidarono di Enrico. È passato mezzo secolo da quel periodo, però attraverso la testimonianza di Enrico è cambiato a Marradi il clima verso il mondo campaniano.

Alto, di sana e robusta costituzione, poco più che ventenne era capace di trainare per qualche chilometro un carro con sopra un bovino macellato lungo un percorso stradale con altimetria variabile che dal macello pubblico arrivava alla bottega del padre, macellaio, posta a fine salita di una via del paese. Poi la sua metamorfosi. Decise di dimagrire ingerendo per qualche tempo solo l’amaro Petrus Boonekamp fino ad assumere una postura ieratica, dinoccolata e sofferta, da intellettuale di sinistra, radicale e pannelliano.

Dietro queste pose, talvolta studiate, si nascondeva un uomo con una grande ironia e una capacità di non prendersi sul serio, anche se, da politico di razza era dotato di una grande impostura nel palesarsi attento agli altrui problemi. Capace di fingere per decine di minuti nell’ ascoltare pazientemente il prossimo, in realtà vagava con la mente in un suo mondo fantastico, nei suoi sogni tra i suoi progetti. Esplorava il mondo della letteratura, della filosofia, della natura ma era sempre Dino Campana un suo termine culturale di raffronto.

Narcisista come tutti coloro che scrivono, aveva pubblicato a proprie spese, “Pancreas. Fantasie cosmiche”, un prosimetro di testi ermetici giovanili ispirato senza dubbio alcuno dai Canti orfici. Sapeva benissimo che ognuno ha dentro sé un proprio Campana, soprattutto se vissuto in quegli anni dove era facile incontrare a Marradi, Mario Luzi, Sebastiano Vassalli, Sergio Zavoli, Gabriel Cacho Millet, Gianni Turchetta, tutti alla ricerca di qualche lontana testimonianza su Dino Campana.

Così lentamente, ma inesorabilmente, ogni giorno Enrico Consolini nella sua Marradi, stava tessendo assieme a loro l’ordito di una tela per Dino Campana.

Ordito che sol di Marradi non è.

 

 

 

 

 

……….

 

Enrico è morto il 25 settembre del 1988 imprigionato dalle lamiere della sua auto violentemente scagliata contro un robusto ciliegio che sta al bordo della rotaia, ancora in piedi, ritto, come un testimone vivente di una vera sciagura per una intera comunità.

Enrico non ha lasciato eredi a Marradi, semmai amici e compagni, a cui ha trasmesso il suo entusiasmo per le poesie di Campana: egli le conosceva quasi tutte a memoria amando declamarle, soprattutto a tarda sera, in piazza, tra tavoli del bar Centrale, quando le discussioni sul futuro del paese languivano e, come sempre, verso mezzanotte il farmacista appariva, come un sagrestano, per chiudere la buia notte marradese.

Notte che buia non è.  

È lì, fra quei tavoli, o nel bar di Enzo, dove di tanto in tanto, in estate, appariva Lello, l’ultimo dei Campana e cugino di Dino, a sciorinare le sue poesie composte all’istante su occasionali pezzi di carta, nacque il Premio Dino Campana; rielaborazione di una idea abbozzata a bordo di un gommone, al largo di Milano Marittima, in una estate del 1978.

 

……….

 

Siamo nel 2023. Sono ormai trascorsi 35 anni da quel tragico settembre e dall’invito ai cittadini marradesi di aderire alla costituzione di un Centro Studi Campaniani dedicato alla memoria di Enrico Consolini con l’intento di valorizzare l’opera pura e sofferta del poeta Dino Campana.

Un anno dopo la realizzazione di questa idea, nata per ricordare un giovane sindaco di Marradi che ha sognato assieme ad altri suoi amici e concittadini di offrire un altro giudizio sul Dino Campana matto di paese, che matto non era, il Centro Studi ha preso corpo e vita con dentro l’anima di Enrico. Anche parlando con il suo amato dialetto marradese.

Che dialetto non è.

Molto è stato fatto per il poeta Dino Campana in questi anni di attività del Centro Studi Campaniani, seppure con qualche caduta filologica legata soprattutto a un eccesso narrativo localistico. Si potrebbero definire eccessi di sciovinismo di qualche campanista esegeta della Valle del Lamone, tutto da perdonare.

Perché a Marradi lo sciovinismo non c’è.

 

Enrico Gurioli 

Bologna, Agosto 2023