Virginia con la figlia Rosabianca e nipotini Poggi, Sanremo 1908 circa

 

 

 

Virginia Tango Piatti "Agar" tra le anime della WILPF

 

di Gigliola Tallone curatrice dell’Archivio Tallone Milano 3 giugno 2015

 

Testo dell'intervento al seminario WILPF - Italia -

20 maggio 2015 Università RomaTre e Casa Internazionale delle donne.

 

Il  coraggio delle donne per la Pace (dagli Anni Venti al Secondo Dopoguerra)

 

Un messaggio per il femminismo attuale

 

 

Per comprendere la magnitudine dell’opera delle delegate WILPF, dobbiamo, come si fa per studiare un’opera d’arte, arretrare alla giusta distanza per studiarne l’insieme.

Erano donne che avevano conquistato un ruolo identificativo nella società, ai tempi marcatamente maschile, attraverso la cultura, molte di loro insegnanti, scrittrici, poetesse, scienziate, prevalentemente di ambiente borghese.

Solo poche tra loro provenivano da militanza in movimenti femminili o politici. Erano nel mezzo del cammin di loro vita, cioè in quello stadio in cui, realizzate le proprie aspirazioni, di solito la donna raccoglie i frutti della sua stabilità, gli affetti famigliari, una tranquilla vita domestica allargata a una cerchia di amici con cui condividere i propri gusti.

Erano donne equilibrate, non contestavano la tradizione e il ruolo fondamentale della famiglia nella società, non amavano l’atteggiamento a volte smodato delle suffragette, pur condividendone il giusto fine del suffragio femminile, né perseguivano come loro un femminismo in opposizione al maschilismo. E allora come è stato possibile il loro impegno nel pacifismo internazionale il 1915, in piena guerra, affrontando viaggi rischiosi, il pubblico dileggio, o peggio, l’accusa di nemiche della patria?

Una chiave di lettura del fenomeno può essere la storia di Virginia Tango Piatti, delegata wilpfer fiorentina dal 1920 al 1926.

Virginia Tango nasce a Firenze il 21 settembre del 1869, figlia dell’avvocato napoletano Vincenzo Tango, primo Procuratore Generale della Corte dei Conti del Regno Unito e della piemontese Paolina Tarizzo Borgialli. Terzogenita di quattro figli, la sua precoce intelligenza e sensibilità si sommano ad un inusuale senso pratico per la giovanissima età ed all’innata  generosità che la spinge al sacrificio di sé per aiutare il prossimo.

Sospende a 12 anni i suoi brillanti studi all’Istituto delle monache francesi di Roma per soccorrere la sorella maggiore ogni volta che giunge una nuova gravidanza, ben dieci in dieci anni, diventando, giovanissima, la seconda madre dei nipoti. Il resto del tempo lo dedica ai genitori che non lascerà fino alla loro scomparsa. Affezionatissima al padre, erudito personaggio dell’alta burocrazia romana, lo segue nei viaggi di vacanze e di rappresentanza e organizza la vita sociale romana.

Sensibile alle arti, si dedica al disegno e alla scultura, a Roma e poi a Torino, dove sarà allieva di Leonardo Bistolfi. La sua vasta cultura è ancor più sorprendente in quanto autodidatta: adolescente studia metrica e scrive le prime poesie, a 18 anni un romanzo che sarà pubblicato solo il 1915, suona con talento il pianoforte.

Vince concorsi letterari, scrive piccole commedie e allestisce spettacoli da rappresentare nelle estati nel paese materno di Alpignano (To), dove si svolgono le lunghe vacanze della famiglia. Ha padronanza del francese, una seconda lingua che le sarà utile per il futuro lavoro di traduttrice. Più avanti, studierà inglese e rudimenti del polacco. Insomma, una enfant prodige che sboccia in una giovane attivissima e avida di conoscenza. Soffre profondamente per la morte del padre il 1902 e della madre due anni più tardi.

Libera dall’impegno gravoso ma felicemente assolto,  si concede a 35 anni al sogno di formare una famiglia sua. La generosa e innocente Virginia sposa il pittore Antonio Piatti, l’uomo più egoista, prepotente e avaro del mondo, che sarà il tormento della sua esistenza.

 

 

Virginia con il marito, il pittore Antonio Piatti

 

 

Dopo la prima nata, mette al mondo due figli maschi che muoiono a pochi mesi, in un’atmosfera tiranneggiante che obbliga le sorelle ad intervenire per accusare di crudeltà il marito. Nonostante la resistenza di Virginia, disposta a subire pur di tenere unita la famiglia, viene cacciata di casa con la bambina di 3 anni.

Conia lo pseudonimo di biblica memoria “Agar” e prosegue la sua strada con le sue sole forze. Nonostante le angherie subite, torna dal marito ogni volta che la reclama, per organizzargli le mostre di pittura o per malanni veri e immaginari.

Il 1914 lui manifesta un ravvedimento, il cui frutto sarà il figlio Rori, la grande consolazione di Virginia.

 

 

Virginia con il marito, Antonio Piatti, a Venezia nel maggio del 1907

 

Poco durerà l’idillio, e sarà nuovamente sola coi due figli, la primogenita di 10 anni e l’ultimo nato di pochi mesi. Mantenendosi soprattutto con le traduzioni, pubblica novelle e poesie, come nella prestigiosa rivisa “La Riviera Ligure” di Mario Novaro, e intraprende la carriera di giornalista.

Dal 1912 diventa collaboratrice fissa del “Nuovo Giornale di Firenze” e del “Il Buon Consigliere – Rivista Universale”, un domenicale romano che dedica ampio spazio alle notizie internazionali, una sorta di fratello serio della Domenica del Corriere.

Il fortunato ritrovamento delle annate, compreso il 1914, permette di concentrarci sul suo determinato, solitario e coraggioso impegno per la pace.

Socia del Lyceum Club Internazionale  di Firenze dal 1913 e attiva anche in quello milanese, segue l’evoluzione dei movimenti delle donne, che segnano quello straordinario periodo di risveglio delle istanze di giustizia e uguaglianza, e che a Milano si incentrano sull’attività dell’Umanitaria, dell’Università Popolare, dell’Unione Femminile Nazionale, del Lyceum.

 

 

        

Cartolina postale di Anna Kuliscioff a Virginia, del 3 Marzo 1912 

 


 

NOTA

Ricerca presso Unione Femminile nazionale, Milano.

Dagli indici del periodico “La Difesa delle Lavoratrici” a cura di Donatella di Gravio, Ornella Furlani e Mirella Mingardo.

Risultano due testi di Agar, un racconto “Rinascita” e una poesia “Canto di Madri”:

Agar, Rinascita, A.VI, n.10, 3 giugno 1917, p.3

Piatti Tango, Virginia, Canto di madri. A.VII, n.19, 1 dicembre 1818, P2.

Ricopiate da me a mano, perché non è permessa la riproduzione con scanner o foto. Canto di madri è una sorta di inno marziale “Sui campi che fumano/di sangue fraterno/ le varie bandiere han voci di scherno…”, mentre il racconto Rinascita, ben congegnato come tutti quelli di Virginia, contiene un messaggio di speranza nella cupa tragedia della guerra. La prima pagina del racconto è gran parte censurata.

 


Proprio per una sua sollecitazione a Filippo Turati di promuovere un maggior impegno delle donne per la pace contro la guerra in Libia, collabora con la rivista “La difesa delle lavoratrici” di Anna Kuliscioff, e stringe legami con donne di ispirazione pacifista, pur di diverse formazioni e appartenenze politiche e non, come Rosa Genoni, Maria Gioia, Leda Rafanelli, Vanna Piccini, Ada Negri.

Determinante per la sua passione pacifista è anche la conoscenza, prima come giornalista e poi come amica, di Romain Rolland con la sua visione europeista.

Nella sua rubrica “Vita sociale” nel Buon Consigliere dell’annata 1912, si occupa soprattutto dell’educazione dell’infanzia, con la pubblicazione a puntate di un suo libretto intitolato “L’educazione della gioia”, in cui sostiene la centralità del bambino, che deve essere aiutato con dolcezza e gratificazione alla responsabilità. Non manca di stigmatizzare l’uso dei giochi guerreschi e violenti tanto di moda.

Nella rubrica “Attualità” delle annate 1913-1914 troviamo una straordinaria identità di vedute con la futura costituzione della WILPF, fondata il 1915. Di più, capiamo la psicologia di una donna giornalista che si dichiara “antifemminista convinta”, che lancia strali sulle suffragette, da lei volentieri dileggiate quali disorganizzate, chiassose e controproducenti persino alla giusta causa del suffragio femminile. Per Agar, la parola stessa femminista è improponibile, come specchio al femminile della parola maschilista.

Contesta soprattutto l’atteggiamento nei confronti della tradizione e della famiglia, per lei pietra fondante della società, di cui la donna è il nume tutelare. Non è tenera con gli atteggiamenti provocatori e mascolinizzati delle femministe inglesi, a cui contrappone, in un pezzo magistrale, le conquiste dei movimenti femminili nei paesi considerati più retrogradi, come la Finlandia, L’Australia, la Nuova Zelanda, il Giappone:

 

“le rivoluzioni sono state fatte vertiginosamente, come ogni grande creazione del mondo dello spirito. Così quelle donne hanno ottenuto una “ragionevole” rivendicazione dei loro diritti… Le donne senza perdere il loro tempo nella cabala della politica, hanno già saputo dettar leggi umanitarie tutte loro, per la protezione dei fanciulli, per la moralità pubbica, ecc. E nel Giappone l’attuale movimento femminile è stato davvero subitaneo e stupefacente come un colpo d’ala… una crociata santa, una rinascita vera.”

 

Paragona il volo audace delle giapponesine, a dispetto dei piccoli piedini stroppi, con il movimento femminista inglese dai mille conati convulsionari

 

“la loro rivoluzione nevrotica non corrisponde,  come per le piccole giapponesi, ad una vera necessità sociale e umana, ad un risveglio contro la schiavitù di cui le emancipate inglesi non conoscono le catene…”.

 

Riporto la sintesi di questo articolo, perché Agar parla per la prima volta di quella propulsione ad agire “in fretta” che può venire solo dalla vera necessità dello spirito.

Nel procedere in questo anno 1914 travolto da venti di guerra sempre più fragorosi, la sua voce solitaria, i suoi moniti, i suoi richiami alla responsabilità degli intellettuali ormai sempre più inclini all’interventismo, si trasforma in urgenza di reagire a cui le donne sono chiamate; la sua parola pacata e ironica in principio, e poi stupefatta davanti alla follia umana, diventa protesta, diventa urlo “sia maledetta la guerra!”, diventa chiamata alle donne 

 

“…negli affari di politica e sociali d’importanza estrema, gli affari cioè nei quali si decidono le sorti dell’umanità intera, come sarebbe questo del momento attuale, le donne dovrebbero tutte poter esprimere in pubblico la propria opinione.

La loro opinione vera, donnesca, non svisata dalla velleità di scimmiottare l’uomo, né asservita ad alcuno supinamente per abitudine di quieto vivere. Dovrebbero dirla in qualunque modo, correndo nei Parlamenti, intromettendosi nei comizi, promovendo adunate, agitandosi ardentemente nell’azione sociale, una volta per tutte.

Perché la donna rappresenta la metà del genere umano; perché se essa sta benone in casa a far la patetica calzetta, può però avere in questi frangenti da difendere appunto la sua casa che il colpo di testa di un uomo potrebbe distruggere; perché, se gli uomini offrono il loro sangue nelle terribili contese, la donna vi dà qualche cosa di più che il suo sangue: dà quello che essa ha trasmesso ai suoi figli. In un plebiscito femminile - ma universale, non formato dagli esseri di eccezione che disertano la casa sempre ed hanno già svisato perciò la loro inclinazione naturale - si vedrebbe che su cento amazzoni che incitano la patria alle conquiste ed agli eroismi battaglieri e pomposi, centomila donne gemono e pregano invocando la pace...”

 

Questo scrive in “Attualità” l’11 ottobre 1914. Il suo spirito “donnesco” non incline a colpi di testa, è adesso pronto a uscire dalla propria casa, per  difendere l’ideale di pace.

Virginia qui rappresenta la tipica protagonista di quello che sarà tra breve il movimento più straordinario che le donne abbiano mai concepito: “La Lega Femminile Internazionale per la Pace e la Libertà” (WILPF).

Mi sono chiesta spesso come da poche fondatrici dell’incontro preliminare ad Amsterdam il febbraio 1915 al congresso all’Aia del maggio, si fossero riunite più di 1300 donne: era quella “fretta” della vera necessità dello spirito di cui parla Agar, il potente istinto materno della perpetrazione della specie umana, l’anelito a salvare i propri figli dal mostro divoratore della guerra.

All’ingresso in guerra dell’Italia, Virginia presta servizio volontario alla Croce Rossa di Firenze, vivendo l’incubo tante volte paventato, la tragedia di giovani mutilati e moribondi, innocenti sacrificati alla guerra che è affari”. Durante una manifestazione a Firenze della Croce Rossa, in presenza dei reduci e delle autorità, disgustata degli interventi roboanti che parlano d’amor di patria, prende la parola per dire che l’Italia avrebbe fatto bene ad ascoltare Giolitti e restar fuori dal conflitto e getta la bandiera italiana a terra. L’episodio è riportato nel corposo fascicolo a lei intestato quando viene iscritta come sovversiva nel Casellario Politico Centrale il 1928 “davanti alle autorità serba un contegno indifferente”.

Annota la sua esperienza in un diario, che sarà publicato a puntate il 1917 nella Rassegna Nazionale col titolo “Dal diario di un’infermiera”, ad apertura la frase di Romain Rolland “Soyez la paix vivant, l’Antigone eternelle”, successivamente stampato in volume il 1919.

A chiusura del libro fa una dichiarazione d’intenti, in cui si offre tutta alla causa della Pace:

 

”… per incidere - a costo del mio sacrficio cosciente e oscuro - sulle pietre insanguinate delle vie del mondo il mio piccolo ma fiero tenace segno, la mia viva materna parola aspra di ricordi, la mia utopia che sarà la verità di domani, fervida di universale amore!”.

 

Il 1920 fonda a Firenze la sezione della WILPF e ne informa la segreteria di Ginevra, inviando il suo recapito: Virginia Piatti Tango (Agar) 9, via della Fornace Firenze.

Alla sua lettera in francese giunge le risposta dalla segreteria che si congratula e la invita a partecipare a Ginevra al “Congresso Internazionale del Suffragio” che si terrà dal 6 al 12 giugno e che potrà ospitare due delegate per ogni paese.

Procedendo coi pochi documenti rintracciati, ritroviamo Virginia il 1922 come organizzatrice, con Rosa Genoni, della scuola estiva programmata a Varese. Poiché il sindaco aveva negato gli stabili per l’occasione, Virginia deve recarsi a Roma  nei ministeri competenti. Nel frattempo, alcune azioni teppistiche mettono in allarme la Genoni che avvisa la segreteria di Ginevra dell’eventuale pericolo, e rapidamente la sede della Summer School viene spostata a Lugano. “L’attenzione” delle autorità Fasciste diventano oppressive e sia Rosa Genoni che Ida Vassalini, che la sostituisce come coordinatrice del gruppo milanese il 1922, sentono il fiato del Regime sul collo. In particolare, la Vassalini temeva di perdere la possibilità di insegnare e sollecitava le wilpfers ginevrine ad aiutarla a trovare lavoro all’estero.

Il 1924 viene programmato il Congresso di Washington, al quale, in procinto di partire per Washington il maggio 1924, per ragioni di salute Ida Vassalini non può recarsi.

Alla delegata Fiorentina Virginia Tango Piatti il gennaio del 1924 la polizia politica aveva perquisito la casa di via della Fornace, sede della sezione Wilpf da lei fondata, e aveva sequestrato “vari opuscoli dal titolo “Pax international”, in uno dei quali erano apprezzamenti contrari al Regime. Nonostante la situazione scottante, Virginia, su invito delle pacifiste americane, sistema il figlio di 10 anni in collegio e accetta di sostituire Ida Vassalini.

A Parigi si riuniscono le delegate di 17 nazioni europee alla prima riunione del Congresso internazionale Femminile per la Pace. Vengono raggiunte da Jane Adams “la grande benefattrice degli emigranti”, pronte a partire per Cherbourg e imbarcarsi sul trasatlantico Orduna, per giungere a Washington. Nel “Report of the Fourth Congress of the Women’s International League for Peace and Freedom, Washington, may 1 to 7, Pax English edition” vengono riportate le parole della delegata Virginia Tango Piatti.

Commemora Guglielmo Lucidi a due mesi della sua prematura morte all’età di 37 anni, ricordando che era stato discepolo di Tolstoj, poi fondatore del gruppo Clartè in Italia, infine il suo impegno solitario e dispendioso della fondazione della Casa Editrice Internazionale, dalla quale era sorta la prestigiosa rivista “Rassegna Internazionale”. Riporta ancora che morì povero e che aveva combattuto contro il mondo, senza compromessi, di fronte ai problemi dell’umanità, con la sua domanda di verità e giustizia nella difesa dei deboli, offrendo un esempio di autosacrificio e di forza morale.

Parla poi brevemente della sede da lei fondata a Firenze e diretta con una dozzina di donne artiste e scrittrici, ove “si era scelto non solo di riunire un largo numero di donne del popolo ma di intellettuali che con Guglielmo Lucidi hanno formato il gruppo Clartè, ora silenzioso e perseguitato”. Presenta inoltre un tema riguardante la stampa, sottolineando l’urgenza che le delegate e i membri della Lega correggano le false notizie e le denuncino, sollecitando a spedire a una commissione da stabilirsi a Ginevra tutti i rapporti ingiuriosi nei confronti della causa della pace.

Il committee dovrebbe investigare ogni rapporto e riferire le informazioni basate sulla ricerca. Lei stessa si ripromette di pubblicare il resoconto del Congresso nella stampa italiana, riportato, tra altre pubblicazioni, in “La vita Internazionale” del 25.12.1924, mentre ne “Il nuovo giornale di Firenze” pubblica “L’america e i problemi dei negri”, argomento di discriminazione razziale toccato in sede congressuale.

 

 

Virginia, la prima sulla passerella della nave al ritorno in Italia nel 1924

 

Al Congresso viene eletta membro della commissione della stampa internazionale.

Va da sé che, se la Polizia Politica Fascista era tollerante con la Lega Wilpf, per il suo carattere internazionale e apolitico, non lo era invece con la stampa italiana, già stretta nelle morse della censura e in procinto del silenzio imposto dalle leggi speciali del 1925.

Virginia-Agar si mette quindi al centro del mirino e al suo ritorno a Firenze le viene tolto il passaporto. Nonostante ciò, riesce a pubblicare come promesso, non solo, collabora a una lunga rassegna nell’ “Almanacco della donna italiana” del 1925, annuario diretto dall’amica Silvia Bemporad, come lei socia del Lyceum di Firenze.

 

 

 

 

Viene illustrata la storia dei movimenti femminili e del pacifismo, ivi compresa la relazione di Virginia sul congresso di Washington, con tanto di nome e cognome e fotografia.

Nella rassegna si leva un j’accuse alto e forte al Regime Fascista, e sarà naturalmente l’ultima pubblicata sulla rubrica della rivista a cura di Laura Casartelli Cabrini.

Ma Agar non demorde e annuncia alla segretaria wilpf a Ginevra Vilma Glucklich, in una lettera del 19.11.1924, il progetto dei “Quaderni della pace”, l’imperativo categorico della sua esistenza di scrittrice, lo scopo ultimo, un quaderno mensile sui problemi della Pace.

Un generoso editore, Menotti Pampersi di Tarquinia, noto per le battaglie compiute in vita contro ogni limitazione di libertà, le mette a disposizione i suoi torchi e la sua rivista femminile “Penelope”, chiedendo solo un certo numero di abbonamenti per aiutarlo nell’impegno.

Agar descrive con dettagli il progetto, i costi dell’abbonamento alla rivista richiesto alle colleghe wilpfer, di cui ha già la collaborazione di alcune di loro, dove potranno scrivere “tous les pacifistes d’Italie (qui sont si muets et opprimès et  èperdus, par ici et par la) et les  ètrangers; et ainsi M.me Genoni, M.elle Vassalini, M.me Cimbro e Fonnet m’aideront”.

In principio Agar vorrebbe allegare alla rivista come inserto i suoi “Quaderni della pace”, ma temporaneamente, per alleggerire i costi, vengono aggiunte pagine alla rivista.

Per Agar il progetto serve per insegnare l’abc della pace alle donne italiane che non hanno che una sola visione, quella Fascista. Chiama a collaborare una piccola folla di amiche scrittrici, Ada Negri, Gina Pagani, Gina Lombroso Ferrero, Paola Lombroso Carrara, Luisa Santandrea Boschetti, Vanna Piccini, oltre alle consocie wilpfer Andrèe Jouve, Margherita Gobat e Marcelle Capy.

Organizza una biblioteca con libri donati dalla sua parente Duchessa D’Andria, nota traduttrice di Tolstoj, e da Jolanda  de Blasi presidentessa del Lyceum di Firenze, con le recensioni. E anticipa che pubblicherà scritti di Rolland, Tagore e Sir Norman Angell dei quali ha l’autorizzazione per la traduzione.

Restano purtroppo solo 10 esemplari nell’archivio di Tarquinia e i numeri di Penelope in cui compare Agar vanno dal settembre 1924 al marzo 1925, ma sono sufficienti per comprendere la trasformazione sorprendente. Non potendo inserire i Quaderni della pace, trasforma la rivista stessa nei Quaderni della pace, con la perizia e intelligenza di tanti anni alle spalle di lavoro di redazione. 

È un progetto coraggioso e commovente, compiuto nell’anno in cui la stampa è messa a tacere dalla censura, è la summa della sua irrefrenabile determinazione a contagiare con la Pace. Purtroppo il buon Pampersi muore il luglio 1926 e non sappiamo per quanti numeri sia stata pubblicata la rivista rinnovata nella copertina con la partecipazione di disegnatori dal piglio moderno, il sommario e le anticipazioni.

Appaiono interessantissimi articoli sul pacifismo, “e poi versi, novelle, attualità, conversazioni e arte in cui il sogno della pace si manifesta” . Quest’ultimo sogno sarà stato spezzato dalla morte dell’editore, o forse ancor prima dalla lunga mano della censura? Non sappiamo, ma è la misura del coraggio intellettuale di un donna rimasta sola a scrivere di pace in Italia.

Il 1925 fu un anno terribilis, in particolare per Firenze che vide sconvolta la vita dei suoi amici, la casa di Amelia Rosselli devastata, la rivista “Non mollare” i cui cofondatori erano Carlo Rosselli e Gaetano Salvemini distrutta, barbaramente uccisi i diffusori della rivista.

L’amica Gina Lombroso Ferrero è in procinto di lasciare Firenze per la sua tenuta dell’Ulivello, dove spesso è invitata Virginia che si prodiga per collaborare a un’idea di Gina, la raccolta di “Vite Vere”.

L’autunno del ’25 deve lasciare la sua amatissima casa e sede Wilpf di Via della Fornace. Nonostante solleciti il passaporto ripetutamente, non le viene più rilasciato; in una lettera a Roberto Bracco commenta che l’inasprimento dei controllo a parere suo era dovuto a una missiva inviata “al suo quasi cugino” Gaetano Salvemini.

Senza casa, dissolta la sezione della Lega, non viene meno alla responsabilità nei confronti della Lega, e al Congresso di Dublino del 1926 si recherà senza passaporto, riportando poi il resoconto dell’avvenuto congresso in “La vita Internazionale”. Questa è la sua ultima presenza attiva nella Lega.

Sempre il 1926 Madeleine Doty la invita recarsi a Ginevra e la segnala quale rappresentante wilpf al Bourneville Works  Council, una fiera inglese dell’editoria del 1927, ma Agar è costretta a rinunciare.

Il 5.12.1928 viene iscritta al Casellario Politico Centrale, una delle tre possidenti schedate tra le 517 sovversive toscane.

La Lega sta abbandonando l’Italia pacifista al suo destino, Virginia, ultimo baluardo, deve cedere. Dopo un lungo silenzio giunge l’ultima lettera del 17.4.1932 di richiesta di chiarimento a proposito del Congresso di Grenoble programmato dal 20 al 22.5.1932.

Come riporta la tesi della dott. ssa Maria Grazia Suriano, dopo un lungo silenzio, una lettera di Virginia Piatti Tango raggiunse Camille Drevet, nuova segretaria internazionale, il 1932. Chiedeva alla Drevet se la si considerasse ancora rappresentante della sezione italiana e, nel qual caso, se la sua presenza sarebbe stata gradita al Congresso di Grenoble. La lettera non ebbe risposta.

La sua opera di diffusione mezzo stampa non si era però fermata, e ritroviamo articoli fino al 1930 che riguardano temi della Lega, come il ben documentato “Le crociate contro l’oppio”, argomento della conferenza indetta dalla Lega Internazionale Femminile a Ginevra il 28.4.1930.

E così la corraggiosa wilpfer fiorentina Virgina Tango Piatti “Agar”, che ha messo a rischio la sua libertà subendo ripercussioni gravi, e il suo lavoro di giornalista colpito da censura, si vede liquidata da un lato dalla sede centrale, che vuole lavarsi le mani della patata bollente del Regime italiano - né altro poteva fare per la sua costituzione apolitica - dall’altro dalle nuove “colleghe”, che agiscono nella sicurezza delle sedi estere.

Poco conclusiva sarà la nuova collaborazione del gruppo delle residenti estere, e sulla storia del nostro pacifismo cala definitivamente l’ombra del Regime.

Non finisce qui la sua avventurosa vita, a Parigi, dove si reca il 1933, diventa recapito parigino di Angelo Tasca e Carlo Rosselli, e il figlio Rori, che si laurea alla Sorbona in ingegneria aeronautica, diventa attivo componente di Giustizia e Libertà.

Virginia a Parigi gode anche di un periodo gratificante per la sua attività di scrittrice, per la ristampa in francese dei suoi libri per ragazzi, e per articoli sotto pseudonimo inviati a riviste italiane, talvolta obbligate ad interrompere la collaborazione per la censura occhiuta.

Nonostante sia seguita dalla Polizia Politica Fascista tutta la sua corrispondenza, sistema le opere inconcluse di Leo Ferrero, recandosi anche a Ginevra ad incontrare l’amica Gina.

Studia per diventare  ècrivain de langue française e si cimenta nel cinema. Tenta, in ogni modo, di convincere il fraterno amico Roberto Bracco a raggiungerla a Parigi, senza però riuscirvi per la cattiva salute dell’amico.

Dal 1939 in Italia, sopravvissuta al bombardamento di Alpignano il febbraio 1943, viene arrestata a Torino per volantinaggio antifascista e rinchiusa alle Mantellate di Firenze.

Ottiene di essere accolta nei campi internati svizzeri, unica intellettuale non ebrea.

Trascorre, dopo la difficile quarantena, periodi felici accolta dall’amica Alice Descoudres, educatrice, dottore in Honorirs Causae.

A Lugano, ancora attiva nel giornalismo svizzero, vivrà gli anni più tranquilli della sua esistenza. Muore a Viganello (Lugano) il primo di luglio del 1958, all’età di 89 anni.

Oltre alle privazioni e difficoltà per il suo impegno pacifista e antifascista, mi preme ricordare che la censura di regime ha avuto l’odiosa responsabilità di imporre l’oblio a una delle più colte e brillanti giornaliste del suo tempo, che torna finalmente alla luce.

Biografia, bibliografia e note documentali in Gigliola Tallone, Virginia Tango Piatti. Una vita per la Pace. La vita, le opere, la corrispondenza. Ed. Transfinito, Soave 2010.