UNA LETTERA SU DINO CAMPANA

 

di Piero Santi

 

Da: Salvo imprevisti, n. 33-34, 1984-1985

 

 

Cara Mariella, ebbi, parecchi giorni fa, la tua lettera in cui mi chiedevi di scrivere qualcosa per Campana; non ti ho risposto perché ho passato un periodo colmo di grumi neri, non avevo la possibilità di mettermi mettermi alla macchina per risponderti, non potevo, ero allo sbaraglio. E ora? sì, due parole voglio scrivertele. Campana è stato uno dei miei amori; sono orgoglioso (ma no, non lo sono, ma insomma) di aver scritto su di lui nel 1939 sulla Nazione; vorrei dirti che una volta, subito dopo la liberazione, risposi male a Saba che, nella sede fiorentina della RAI mi chiese che cosa stavo facendo.

Ero in una saletta con uno speaker: dovevo leggere alla radio alcune poesie dai "Canti Orfici" e un breve saggetto mio; ma ero un po' rauco; e perfino timido, che ne so; insomma avevo deciso di far leggere le poesie allo speaker e lo consigliavo di essere semplice nella lettura, senza enfasi etc. etc. Ed ecco Saba. Rispondo: leggo Dino Campana. "Ah quel nazista che dedicò un suo libro all'imperatore di Germania". lo sono nevrotico, cara Mariella, tanto più quando sento che ho qualche motivo di ragione; qui poi ce n'erano più d'uno. Lo guardai, credo, neppure con antipatia, ma con sufficienza: chissà quante cose mi saranno venute in mente.

Quel che ricordo è che dissi: "All'imperatore dei Germani, non di Germania. Ma me ne frego di queste cose, non sono irredentista, so solo che Campana è il maggior poeta italiano moderno". Un colpo basso senza dubbio misero, come stupide erano le mie parole precedenti, ma mi pare che Saba non si meritasse di meglio (lo penso ancora). Ma questo non conta, odio gli aneddoti. Quel che che conta è che, nella nostra letteratura moderna da me non amata (come atmosfera, intendo, perché c'era e c'è qualcuno che violenta quella provincia sorda), Campana è oltre i confini del formalismo, capisce le cose nella loro sostanza meno svelata.

Ma non mi far fare della critica, non mi riesce; soltanto, cara Mariella, vorrei dirti: noi siamo quello che siamo, con le nostre paure e le nostre speranze, anche perché abbiamo avuto la fortuna di trovare, nella nostra lingua, uno scrittore come Campana. Vorrei anche dirti che nel buio in cui piuttosto spesso precipitiamo (almeno io...), anche se nessun poeta forse ci può dare un aiuto, sappiamo che è esistito, grazie al dio, qualcuno che... non voglio essere enfatico e impudico... capirai quel che vorrei dire senza che lo dica. Forse, cara Mariella, facevo meglio a non scriverti: queste parole diventano sempre più private; e... e... Proprio non ho la forza di continuare.

Cara Mariella, mi scuso e ti abbraccio,

Piero  Santi