Libro85EnricoConsoliniSebastianoVassalli Enrico Consolini e Sebastiano Vasssalli a Marrradi

 

 

Signor Campana, torni in manicomio

 

di Sebastiano Vassalli

 

dal Corriere della sera, 27 Marzo 1985

Ero stato una prima volta a Marradi, «cantante e fischiante paesetto toscano» patria di Dino Campana, nel settembre del 1983. Non ricordo più da che parte ci arrivassi. Avevo girovagato a lungo per l'Appennino, cercando i luoghi e le atmosfere dei «Canti Orfici» e degli ultimi scritti del poeta: ero passato dal Barco e, da Casetta di Tiara, dov'era iniziata la grande storia d'amore di Dino Campana con Sibilla Aleramo nell'estate del 1916.

 

Mi ero ritrovato quasi per caso dentro un cimitero di guerra germanico, e poi anche ero finito in un'antica locanda — l'Osteria dell'Omomorto — certamente nota al poeta marradese e cara ai suoi vagabondaggi tra le montagne del Mugello. Il primo approccio con Marradi non fu memorabile. Paragonato alle vivide immagini dei «Canti Orfici» il paesaggio mi sembrò deludente; e il tabaccaio a cui chiesi se c'erano in commercio cartoline che ricordavano il poeta non capì nemmeno cosa volessi, andò nel retro a cercare cartoline illustrate di via Campana. Tornò dicendo che non c'erano.

In piazza Scalelle vidi quella cupola del municipio, con a fianco il leone in ferro battuto, che già conoscevo attraverso la poesia dei Canti («Una cupola rossa ride lontana con il suo leone»): ma in municipio non ci entrai di proposito, perché non volevo avere niente a che fare con le tradizioni orali marradesi. Da Gino Gerola (1950) a Gabriel Cacho Millet (1980) tutti i biografi di Campana che eran passati in municipio si erano sentiti raccontare la leggenda dei «Canti Orfici» smarriti da Ardengo Soffici e ricomposti da Dino interamente lì, dettati ad una persona addetta alla macchina per scrivere che secondo l'umore di chi narrava a volte era uomo e a volte era donna. Documenti non ce n'erano e non era il caso di insistere. Marradi, durante la seconda guerra mondiale, s'era venuta a trovare sulla cosiddetta «linea gotica», era stata bombardata e occupata dai vari eserciti.

Dopo tanti anni e tante distruzioni cosa poteva essere rimasto, ormai? Su invito del sindaco, ritorno a Marradi nel febbraio del 1985. «La notte della cometa» (edito da Einaudi, sottotitolo: «Il romanzo di Dino Campana») è in libreria da tre mesi e il quotidiano «La Nazione», ha appena annunciato, dando alla cosa notevole rilievo, la «scoperta» di documenti campaniani inediti presso l'archivio comunale marradese. Tale scoperta, dice l'autore dell'articolo, «non è recentissima», e comunque deve considerarsi anteriore alla pubblicazione del mio libro: cui si riconosce il merito d'aver anticipato qualche piccola verità «da non paragonarsi», però, «con il contenuto dell'archivio marradese; il quale include, e in alcuni casi completa, qualcuno dei particolari inediti conquistati faticosamente da Vassalli».

Guelfi e Ghibellini

Enrico Consolini, sindaco di Marradi, è visibilmente seccato. Questo clamore degli inediti è venuto fuori tutt'a un tratto, dopo che lui mi ha invitato a presentare il mio libro ed a parlare di Campana. Una coincidenza? Può darsi: ma la cosa è poco probabile. Le elezioni sono ormai prossime, il responsabile dell'archivio è uomo di idee politiche diverse e contrastanti rispetto a quelle del sindaco e della giunta è insomma qualcuno ha voluto contrapporre al Campana de La notte della Cometa, diventato il Campana ufficiale dell'amministrazione civica marradese, il Campana inedito dell'opposizione.

Siamo nella terra dei Guelfi e dei Ghibellini e poi c'è di mezzo il centenario della nascita del poeta (1885-1985), c'è l'occasione prestigiosa delle celebrazioni ufficiali che si terranno a settembre e che non si sa ancora da quale parte politica verranno gestite. Chi vincerà le elezioni? Scendiamo a consultare gli inediti e con stupore ci accorgiamo che sono quasi tutti referti polizieschi. Questo Campana scaturito dal nulla, nell'anno del centenario, è proprio «il matto» di Marradi!

C'è una sgarbata comunicazione della Prefettura di Firenze che annuncia il rinvio dei documenti presentati da Dino a un pubblico concorso in quanto l'interessato «non trovasi in possesso dei requisiti richiesti». (E’ matto). C'è un verbale dei Regi Carabinieri di Marradi, assai pregevole per l'uso della lingua e per i fatti narrati. Ci sono i fogli di via con cui Dino veniva rispedito al suo paese perché sprovvisto di documenti o per altri motivi. C'è il carteggio (che io avevo cercato a Firenze e in Belgio e che invece era finito qui) tra autorità belghe e questura di Firenze, per il rimpatrio da Tournai. In base a tale carteggio gli storici ed i biografi del poeta dovranno spostare di due anni, dal 1908 al 1910.

il viaggio di Campana in Argentina: senza che nulla poi cambi, almeno nella sostanza dei fatti, rispetto alla mia ricostruzione «romanzata». Due tessere del complicato mosaico dovranno essere scambiate di posto: per il resto, i documenti inediti marradesi mi danno solo conferme. Mario Campana è lo zio pazzo. La grande fuga a Parigi si compie nel 1906, nell'estate del 1909 Dino è «pittore»... Chiedo al sindaco Consolini perché queste carte sono rimaste nascoste fino all'uscita del mio libro, senza che nessuno degli scopritori sentisse il bisogno di rivelarne al mondo l'esistenza. Quanto tempo fa è avvenuta la scoperta. Allarga le braccia: «Non lo so».

Prima di ripartire da Marradi incontro l'unico personaggio vivente de La notte della cometa: è Mariannina Cappelli, cugina di Dino. Ha ottantasette anni, un viso privo di rughe e una memoria lucidissima. Ha letto il libro sul cugino e le è piaciuto. Ricorda quando, ragazzina, serviva le consumazioni ai clienti del caffè di piazza Scalelle e Dino veniva a sedersi sempre allo stesso tavolo, in un angolo, con i suoi libri e i suoi appunti. «I tavoli erano di marmo con il supporto in ghisa.

Dino era già un uomo, aveva forse venticinque anni, ed io provavo molta curiosità nei suoi confronti». Da come parla del cugino, si direbbe che Mariannina ne fosse un poco innamorata. Niente di serio, s'intende: una piccola infatuazione, come spesso capita agli adolescenti... «Una volta lui dimenticò un quaderno su una sedia ed io, dopo che i miei avevano chiuso il locale, mi alzai dal letto e scesi pian piano per andare a dare una sbirciatina al quaderno. Era ancora là. Lo sfogliai. Non ricordo cosa c'era scritto».

Ma le scenate del pazzo, le domando: quei suoi momenti di furore in cui il poeta, stando alla leggenda, terrorizzava Marradi. Lei, le ha mai viste le scenate? «Dino aveva un suo modo di parlare, di muoversi, che non passava inosservato. In questo solo si può dire che non fosse una persona come gli altri. Magari incominciava a dire qualcosa e poi tutt'a un tratto s'infervorava, s'accendeva... Sì, qualche volta l'ho visto ubriaco. Ma matto no. Le imprese del matto io le ho sempre sentite raccontare dagli altri».

 


 

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Regione Territoriale dei Carabinieri Reali

Stazione di Marradi

8 aprile 1909, in Marradi

 

 

Noi sottoscritti Capitani Cesare maresciallo comandante la suddetta stazione, Albaroli Carlo appuntato carabiniere aggiunto, Guadagnoli Francesco, della medesima stazione, rapportiamo alla competente autorità che verso le ore 20 d'oggi 8 andante, il capo guardia forestale Ignesti Alessandro ci informò che poco prima nella frazione Biforco, Campana Dino di Giovanni d'anni 23 da Marradi, emesso dal manicomio di Imola da pochi mesi, dava, in detta frazione, segni di pazzia furiosa, tanto che senza alcun motivo, percuoteva e minacciava chiunque lo avvicinasse.

Noi suddetti militari in seguito a tale denuncia, in compagnia del capo guardia stesso, ci mettemmo sulle ricerche del Campana che già dalla frazione Biforco era ritornato in Marradi e, percorrendo le vie del paese continuava a minacciare i pacifici cittadini, tanto da incutere timore nella popolazione. Rinvenutolo in via Fabroni lo conducemmo, con buoni modi, in caserma: egli non oppose resistenza ma, appena entrati, cominciò a tirare pugni e calci e gridare «vigliacchi, spie», sputando nel viso all'indirizzo di noi tutti, in particolare modo del capo guardia Ignesti e del maresciallo Capitani.

A viva forza lo richiudemmo in camera di sicurezza per essere col presente verbale presentato al locale signor sindaco acché possa provvedere all'immediato rinvio in manicomio essendo il Campana riconosciuto per matto furioso dal dottore condotto del luogo di cui sopra, ci siamo sottoscritti.

 

Guadagnoli Francesco, carabiniere aggiunto

Albaroli Carlo, appuntato

Capitani Cesare, maresciallo