ANNI QUARANTA: ALCUNE TESTIMONIANZE DI GUERRA

scritte il 12 aprile 2016 in occasione della manifestazione per il primo Centenario della Nascita del poeta Franco Matacotta, Teatro “Durastante”, Monte San Giusto, 17 aprile 2016. 

 

A cura di Livia Brillarelli

 

 

Annunziata Morbidoni, detta “Nunziatina”, figlia di Roberto e Clorinda Zamponi, è nata a Monte San Giusto il 14 novembre del 1926 e risiede in via Nicolò Bonafede 58. Ѐ una donna che, nonostante l’età, conserva ancora una memoria lucida e viene intervistata dalla sottoscritta, che ritiene importante la sua testimonianza ai fini di una ricostruzione storica del periodo bellico degli anni 1944-45. arta nel laboratorio di Maria Bonfigli, originaria di Sant’Elpidio a Mare, moglie di Alfredo Castagna. 

Con Alfredo vivevano anche la sorella Irene e la mamma Elvira. Maria era una sarta bravissima ed erano molte le ragazze che ambivano imparare il lavoro con lei.  Io fui fortunata e divenni una sua collaboratrice. La casa era grandissima ci si poteva passeggiare, occupava quasi un’ala del primo piano di Palazzo Bonafede, quella che attualmente è destinata agli uffici della segreteria comunale. Le stanze, molto ampie, erano comunicanti tra loro e il laboratorio si affacciava nell’angolo nord-ovest del Palazzo. Spesso ci veniva a salutare il poeta Franco Matacotta, che indossava quasi sempre una tuta blu con l’elastico in fondo ai pantaloni e sopra un blusotto con le maniche lunghe. Qualche volta, quando faceva freddo, portava in testa un cappellino, una specie di papalina e aveva quasi sempre in mano una tazzina da caffè, forse la bevanda  era un surrogato del caffè, dati i tempi. Matacotta amava passeggiare per le stanze e per il lungo corridoio, usciva poco da casa, perché non voleva farsi vedere in paese. Inoltre il laboratorio era spesso frequentato da Iris Mariani e dalla sorella di Maria, Anna detta “Annetta”, insegnante di educazione fisica, che si era sposata a Montegranaro.

Sistematicamente parlavano con il poeta allontanandosi dalla stanza, cercando di non farmi capire, ma io ero molto curiosa e percepivo che nell’appartamento si incontravano delle persone che collaboravano con i partigiani; alla fine, sapendo come la pensavo, non ebbero più riguardi per me, tanto che le mie impressioni iniziali furono confermate. Con molta probabilità Iris e Anna facevano le staffette di collegamento con i partigiani e Maria collaborava pur non muovendosi da casa, forse tenendo i contatti fra le staffette. Il poeta, quando usciva, andava a  casa di Iris e di altri suoi conoscenti, ma, come ripeto, non amava farsi vedere per il paese.  Franco Matacotta era una persona diversa dalla norma, si distingueva dai sangiustesi, aveva dei modi molto raffinati, eravamo tutte attratte da lui e dal suo modo di parlare.

Dopo la guerra Iris entrò nella scuola elementare di Monte San Giusto come insegnante e in paese si sosteneva palesemente che avesse avuto il posto grazie al suo impegno nella Resistenza; si diceva pure che a testimoniare la sua attività fosse stato Pacifico Compagnucci, detto “Pacì de Mimma”.  Io ero troppo giovane per inserirmi in tale attività, oggi rimpiango di non aver avuto una maggiore età,  perché anch’ io avrei voluto partecipare alla Resistenza.  Dico questo perché ho avuto un cugino da parte materna, Pacifico Lattanzi che è morto in Russia molto giovane, le cui spoglie non sono state restituite alla famiglia, perché sotterrato in una fossa comune.  Un altro mio cugino, sempre di parte materna, Domenico Gentili che viveva a Corridonia, faceva il partigiano, veniva spesso a Monte San Giusto a casa di mio zio Mario Zamponi detto “ Maruccio de Mundì” e di mia cugina Antonia, detta “Andunina de Mundì”, che oggi vive nella casa di riposo. La casa si trova ancora in via Bonafede al numero 18. Mio cugino veniva a Monte San Giusto con la scusa di salutare i parenti, in realtà  ispezionava la zona e la situazione per riferire ai partigiani.  Vi si trovò anche in alcune  situazioni drammatiche, ad esempio, quando i fascisti provenienti  da Morrovalle ed altri paesi malmenarono gli avversari e quando i tedeschi, per l’uccisione di un loro soldato, misero al  muro della casa fuori  porta, attuale abitazione De Luca,  varie persone del paese per fucilarle,  che poi furono salvate da uno sfollato di Civitanova Marche, Antolini Nicola, detto “Nicò”, che parlando la loro lingua riuscì a spiegare che la persona, che aveva sparato al militare tedesco,  non era del paese. Una  volta, per aiutare mio cugino a ritornare a Corridonia, feci finta di essere la sua fidanzata, lo accompagnai tenendolo sottobraccio fino alla chiesa delle Panette e lì ci salutammo, lo aspettavano delle strade  semideserte per arrivare al suo paese. La testimonianza è stata raccolta lunedì 11 aprile  2016, in casa di Annunziata, dalle ore 16,30 alle 19,30, alla presenza di una componente del corso di storia sangiustese, Caterina Cudini.                                                                                           

Per precisare quanto raccontato da Annunziata, ho intervistato per telefono Vincenzo, il figlio di Pacifico Compagnucci, residente in via Castelletta 9, il quale conserva nitidi alcuni racconti del padre, che, afferma, era il capo dei partigiani di un piccolo distretto comprendente Monte San Giusto, Montegranaro e Corridonia. Iris, Annetta e Gentili avevano i contatti con mio padre per informarlo sulla situazione dei loro rispettivi paesi, portando contributi di ogni genere. Quando chiedo a Vincenzo se ricorda il cognome di Matacotta, mi risponde: Erano così tanti i nomi che faceva mio padre, che ho memorizzato solo quelli ripetuti più volte, non ricordo racconti precisi e particolari sul poeta, certamente, se anch’egli si serviva di Iris e Annetta, essi erano collegati anche tra loro.

Nella foga dei ricordi prosegue il racconto dicendomi: Mio padre dipendeva dal gruppo di Ancona, al quale doveva riferire ogni particolare sulla nostra zona prendendo poi ordini sul da fare e aveva come collaboratori alle sue dipendenze ben quindici slavi.  Nel momento della liberazione del fronte prese in mano per un breve periodo le redini del paese, praticamente assumendo le funzioni del sindaco. Poiché la popolazione era stremata dai bombardamenti, dalle distruzioni e dalla morte di molti loro cari, nonché dalla fame, decise di  far aprire i silos colmi di grano dei signori e dei nobili del paese,  per sfamarla; alcuni di loro furono disponibili,  altri si opposero con forza, tipo Botti ed il conte Roberti, i quali pur di difendere le loro provviste cercarono di corromperlo offrendogli in cambio dei terreni. Mio padre rifiutò le offerte, i silos furono aperti e la popolazione sfamata. Oggi non mi sembra che esistano simili gesti di solidarietà, tipici, invece, di molte persone di quel periodo. Dopo la guerra mio padre rimase amico di Paglietta e Ingrao. Confermo che testimoniò per le attività partigiane di Iris Mariani, facendola salire nella graduatoria degli insegnanti e ottenere così il posto nel paese.

Ho anche raccolto personalmente altre testimonianze sulla presenza del poeta nel nostro paese. Nel 1984 intervistai Irene Castagna, perché stavo realizzando il libro Come Eravamo e a casa sua vidi tantissime foto: ricordo in particolare quella del poeta bambino,  dei suoi genitori e della sorella. Irene mi raccontò dell’antica e forte amicizia con la famiglia Matacotta, dovuta al fatto che i Castagna avevano una specie di drogheria a cui aggiunsero anche il servizio del  telefono pubblico; il negozio si trovava nel corso all’attuale numero 10  ed i Matacotta lo rifornivano dei loro prodotti. Mi parlò delle irrequietezze manifestate da Franco fin da bambino nei confronti della madre, che lo lasciava spesso dai Castagna per dei giorni perché con loro il fanciullo si trovava a suo agio, era tranquillo, avendo stabilito un bel rapporto con tutti i componenti della famiglia. Mi disse che il fratello Amedeo era stato il padrino di battesimo del poeta. Infine aggiunse che a Fermo, a casa del poeta, aveva conosciuto di sfuggita la scrittrice Sibilla Aleramo, compagna di Franco.

Inoltre intervistai la nipote di Irene, Marisa, figlia di Amedeo, che mi parlò di un articolo di giornale dedicato al nostro paese: io lo cercai per anni senza risultato e solo poco tempo fa, per puro caso, ho avuto la possibilità di leggerlo grazie alla generosità di Ivo Cesanelli una persona anziana di Morrovalle, che tra le sue carte aveva conservato il giornale e ne aveva fatto dono al Comune. In  occasione di questa celebrazione lo abbiamo ristampato in copia anastatica, è una pagina poetica dedicata alla storia del nostro paese e alla sua gente, di cui dovremmo essere orgogliosi e conservarla come una preziosa testimonianza.

Recentemente ho parlato, sempre per telefono, con un discendente della famiglia Castagna, l’avv. Amedeo Mazzocconi, figlio della signora Marisa, la quale ricordava il poeta che periodicamente era presente nella casa paterna, inoltre rammenta che la madre gli parlava di foto del poeta ereditate dalla zia Irene, dicendogli che le aveva riposte nella sua camera, ma, nonostante le ricerche, non sono state ancora trovate.                                                                      

Un’altra testimonianza, che va a completare il quadro sopra esposto e che ho raccolto recentemente, è quella di Rossana Martini, figlia di Maria Mariani, cugina di Iris. La mamma di Rossana raccontava spesso del poeta e della sua presenza a casa di Iris, non riuscendo a capire la motivazione di quel legame fra i due, supponeva che essi fossero innamorati, impressione avvalorata anche dal fatto che Iris era una bella donna.

Infine conservo nitido il ricordo dei sistematici racconti di mio padre, punto di partenza del mio impegno per recuperare tale memoria. Fin dalla prima infanzia egli mi parlò del poeta, leggendomi le sue poesie; ne aveva trascritte alcune su dei fogli poi, quando mi regalò il libro Fisarmonica Rossa, appresi che  facevano parte  di quella raccolta. Mi parlava dettagliatamente dello spirito organizzativo di Matacotta e dei vari collegamenti che teneva fra le persone del paese e i partigiani e, se non erro, anche dei rapporti con gli inglesi.

Mio padre lo conosceva bene, fin dall’infanzia, erano quasi coetanei. Negli anni Quaranta babbo viveva a Civitanova Marche perché era l’infermiere del pronto soccorso della fabbrica ausiliaria La Cecchetti e non poteva muoversi dal posto e lo avevano esonerato anche dalla Croce Rossa di cui faceva parte, perché la fabbrica aveva bisogno del pronto soccorso e perciò doveva essere reperibile in tutte le ore. Infatti, nel 1940 fu mandato all’ospedale di Ancona con la Croce Rossa ma pochi mesi dopo fu rispedito al pronto soccorso di Civitanova Marche.

Quando uscivano, le pubblicazioni di Matacotta babbo me le comprava e così per me, pur non conoscendolo di persona, il poeta era diventato come un personaggio della famiglia.  per Fisarmonica Rossa rimase intatta nel tempo, tanto che quando divenni insegnante e organizzai dei laboratori teatrali, lavorai più volte con quelle poesie facendole manipolare e animare dai miei alunni. Conclusi la mia carriera scolastica andando in pensione nel 2008  con uno spettacolo al teatro “Rossini” di Civitanova, dedicato alla Resistenza intitolato Fisarmonica Rossa di Pace.

I miei alunni aggiunsero al titolo la parola Pace perché vollero inserirvi la speranza della rinascita.                                                                                        

Altro particolare curioso della mia vita, che mi ricollega al poeta, è che io sono vissuta per oltre quarant’anni a Civitanova Marche in via Adriano Cecchetti 57, vicino alla Vetreria, la prima industria della città. Rina Faccio si trasferì dal Nord a Civitanova ancora bambina, in quanto il padre Ambrogio era l’ingegnere dirigente della fabbrica di proprietà del marchese Ciccolini.

Rina, dotata di un forte temperamento e di buona cultura, fin dalla gioventù lavorò nella Vetreria e subì, forse ingenuamente,  le attenzioni del ragioniere Ulderico Pierangeli, che fraintendendo i suoi sentimenti, la sedusse e quindi lei fu costretta a sposarlo, secondo l’uso dell’epoca. Dal marito Rina ebbe l’unico figlio Walter, ma il matrimonio si rivelò difficile, anzi drammatico. Ella si ribellò, lasciando dopo sofferenze e perplessità la famiglia, compreso l’amato figlio che rivide solo in tarda età. Il figlio Walter divenne medico, esercitò la sua professione in Ancona, ove visse con la famiglia, però fino a metà anni Cinquanta veniva sistematicamente per le visite mediche anche a Civitanova, risiedendo nella villetta in via Vetreria, nelle mie vicinanze e mio padre lo conosceva benissimo, io ne conservo invece un ricordo molto vago.

Rina, diventata una famosa scrittrice femminista italiana del secolo scorso, prese il nome di Sibilla Aleramo, condusse una vita errabonda ed eccessivamente libera per l’epoca. Lei conobbe Franco Matacotta, giovane studente universitario a Roma, città ove viveva ormai da molto tempo. Si innamorarono nonostante la grande differenza di età, quasi quarant’anni e la loro relazione durò circa dieci anni. Al poeta, Sibilla dedicò il Diario che va dal 1940 al 1944, intitolato Un Amore Insolito, dove vi sono riferimenti al nostro paese proprio nel periodo storico sopra citato.

Se a Civitanova  si conoscono bene questi due scrittori, lo si deve soprattutto al “Centro Studi Città di Civitanova” fondato dalla presidente della Biblioteca Rita Bellomarì, dalla sottoscritta e da Roberto Mancini, con l’avallo dell’amministrazione comunale, del comitato dei lettori della biblioteca, della direzione e del suo consiglio. Il gruppo di ricerca del settore di storia locale, da me istituito e gestito per circa cinque anni, nella sua prima miscellanea edita nel 1987 pubblicò due articoli su Sibilla Aleramo e la Vetreria, a cura di Ricciotti Fucchi e Pier Lugi Cavalieri; quest’ultimo, poi, alcuni anni fa pubblicò anche un libro sul periodo civitanovese dell’Aleramo. Inoltre lo scrittore e critico letterario Luigi Martellini, docente di letteratura contemporanea e moderna all’università di Viterbo, è venuto più volte a Civitanova a parlarci dei due scrittori. Ora una nostra collaborazione con lui, ampliando una serie di interviste potrebbe farci recuperare altri particolari di questa pagina storica quasi dimenticata.

Attendiamo il contributo di chi possa segnarci ricordi, documenti e persone.                                                                                           

Partendo da oggi, 17 aprile 2016, da questa manifestazione organizzata per ricordare il primo Centenario della Nascita del poeta Matacotta, con la presenza del figlio dott. Cino Matacotta e del prof. Luigi Martellini, che generosamente è venuto a parlarci del poeta, dobbiamo impegnarci tutti a far sì che presto si possa pubblicare un opuscolo sul rapporto che  Franco Matacotta ebbe con Monte San Giusto, perché rimanga a futura memoria.