Amelia Rosselli

 

 

Erminia Passannanti: Logos, afasia e spazialità poetica nella poesia di Amelia Rosselli

 

 di Erminia Passannanti, Oxford, Uk

 

Si ringrazia Laura Incalcaterra McLoughlin per avere concesso la pubblicazione di questo saggio di Erminia Passannanti edito in Spazio e spazialità poetica, Laura Incalcaterra McLoughlin (Ed.), Collana Transference, Troubador Publishing Ltd., Leicester, Uk, 2005  (p.p.)

 

Premessa 
 
In questo saggio s'intende proporre un'analisi del rapporto tra logos, afasia del linguaggio e spazialità poetica nella poesia di Amelia Rosselli come resa della crisi del contesto attraverso la manipolazione del mezzo linguistico. Le osservazioni che seguono individuano una tendenza citazionista nella poesia di Rosselli de La libellula (1958 e Serie ospedaliera (1963-65), influenzata dallo sperimentalismo di Dino Campana. La tendenza collaterale è quella di destrutturare lo spazio testuale del logos per ricostituirlo in una spazialità afasica e straniata.


Riflettere sul tipo di spazio rinvenibile in una data opera è, in qualche senso, inevitabile, essendo lo spazio una dimensione che condiziona il logos mediatore dell'esperienza che lo scrittore fa di un dato luogo sia a livello psichico sia fisico. La poesia del primo Novecento, che vede la coerenza del logos farsi "scoria, detrito, residuo", registra, infatti, una fondamentale deriva della verità testimoniabile e del rapporto stesso dell'autore con il paesaggio che gli sta dinanzi. Ciò ha comportato la progressiva astrazione del reale, con la conseguente trasformazione dello spazio fisico in spazio testuale.1 Il tipo di spazialità rintracciabile nella poesia di Campana ne rappresenta un esempio, con i suoi squarci desunti da scenari tutt'altro che unitari, restituiti in frammenti alla pagina, come si rileva negli spaccati spazio-temporali de "La notte":


 
Inconsciamente colui che io ero stato si trovava avviato verso la torre barbara, la mitica custode dei sogni dell'adolescenza. Saliva al silenzio delle straducole antichissime lungo le mura di chiese e di conventi: non si udiva il rumore dei suoi passi. Una piazzetta deserta, casupole schiacciate, finestre mute: a lato in un balenìo enorme la torre, otticuspide rossa impenetrabile arida.2
 


Una stessa sinergia tra spazio e percezione lirica si riscontra nel poemetto La libellula, che estremizza l'instabilità semantica campaniana, dando luogo al crollo simbolico delle strutture del logos e alla creazione di un apparente non-sense ("lascia che il coraggio si smonti in minuscole / parti"). In Rosselli, come in Campana, la prevalenza della poesia afasica crea un pretesto di dissoluzione della base razionale della parola, nei termini studiati da Jakobson, come ho indicato in una mia precedente analisi del linguaggio rosselliano ne La libellula. Qui, Rosselli stabilisce un'elaborata corrispondenza tra linguaggio della necessità ("panegirico") e spazialità straniata in cui si libra la libellula della poesia, 3 nesso che si ritrova in Serie Ospedaliera, costruita su costanti retorizzate del linguaggio afasico. Entrambi i testi presentano strutture semionarrative,4 basate sull'ibridazione dei linguaggi, sull'afasia linguistica e sulla ricorrenza di spazi d'oppressione, chiese, scantinati e reclusori. Impiegando un fitto extratesto di citazioni da Campana, Rimbaud, Scipione, e Montale, le due raccolte presentano dunque un moto disgregatore, che ci pare aderisca alla definizione del rapporto tra "senso del limite" e parola, offerta da Maurice Blanchot ne "Il sapere del limite": 
 
Le forze della vita bastano fino ad un certo punto. [...] Il limite segnato dalla stanchezza delimita la vita. Il senso della vita è a sua volta limitato da questo limite: è il senso limitato di una vita limitata. Tuttavia si produce un rovesciamento che si può sciogliere in vari modi. Il linguaggio modifica la situazione.[...] Il limite non sparisce, ma riceve dal linguaggio il senso, forse senza limiti, che voleva limitare: il senso del limite afferma la limitazione del senso e contemporaneamente la contraddice.5 
 
Come Campana, Rosselli si rapporta dunque al mondo con forti figure di deviazione e scarto grazie all'assunzione di questo tipo di linguaggio che strania le cose nel loro contesto. Nelle poesie in cui questa caratteristica è più evidente, l'autrice fa in modo da comunicare l'impressione al lettore di esercitare un controllo solo marginale sui significati che gravitano intorno al pozzo della coscienza, come indicano metacriticamente i versi "Cercando una risposta ad una voce inconscia..." (SO), in cui il logos è incalzato dalla parola afasica.6
 
 

NOTE  

Cfr. Giorgio Fonio, Morfologia della rappresentazione, Milano: Guerini scientifica, 1995, p. 15. 

Dino Campana, Canti orfici, "La notte", (1914) a cura di F. Ceragioli, Firenze, Vallecchi, 1985, pp. 3-4: Il "balenìo" ("della torre") è metafora di abbacinamento mentale, laddove il lemma "torre" potrebbe designare la memoria stessa, come metaforizzazione presente in innumerevoli istanze della poesia di Campana.

La libellula venne pubblicata inizialmente in Civiltà delle macchine, del 1959, quindi reinserito nella rivista Il Verri, 8, 1963, pp. 41-62.

Per struttura "semionarrativa", Greimas intende una sintassi narrativa, per così dire, "di superficie", sulla quale si innalza "l'impalcatura-distribuzionale del materiale visivo" per lo sviluppo nel suo perimetro del linguaggio figurato.

5 Cfr. Maurice Blanchot, "Il sapere del limite", in Anterem, Quarta serie, No. 57, 1998, p. 17.

6 Cfr. Erminia Passannanti, "La poesia dell'afasia linguistica: una nota su Amelia Rosselli", in Punto di Vista, NO 39, Gennaio-Marzo 2004, Padova: Libreria Padovana Editrice, 2004.