Giovanni Costetti, Dino Campana. Proprietà Centro Studi Campaniani "Enrico Consolini" di Marradi

 


 

Anomalie semantiche nella poesia di Dino Campana

 

di Smiljka Malinar

 

Studia Romanica et Anglica Zagrabiensia Vol. -, No. 38, 1974

 

 

Ringrazio la dott.ssa Smiljka Malinar per avermi permesso la pubblicazione del suo articolo. (p.p.)

 



I. Introduzione

 

   Se c'è ancora motivo di parlare del cosiddetto «caso Cam­pana», oggi, dopo tanti riassestamenti di prospettive critiche, — che portarono a una visione più giusta e più pacata di alcuni spunti più problematici su cui tale «caso» era imperniato — sarebbe lecito farlo, non a proposito di eccentricità di stile e di condotta pubblica (come pareva a coloro che a minore distanza seguivano la breve e fulminante parabola di Campana uomo e poeta), bensì, tutt'al più, con riferimento alle approssimazioni e arbitrarietà, alle analisi sbrigative, ai giudizi parziali e incerti, alle sintesi mancate, che spesso -- soprattutto inizialmente — erano il bilancio più cospicuo di buona parte della critica cani­ Per cui Campana — uno dei protagonisti più signifi­cativi di quella stagione di poesia novecentesca chiamata «se­condo decadentismo», il personaggio più pittoresco e affasci­nante della bohème letteraria fiorentina negli anni intorno all'inizio dela prima guerra mondiale — divenne la figura poe­tica più controversa e più disputata di tutto il modernismo italiano.

   Elogiato in misura che di gran modo superava i suoi meriti, biasimato più in seguito a pregiudizi e incomprensione dei critici che non a causa di reali suoi difetti e manchevolezze, proclamato, dagli uni, promotore di tendenze innovatrici; defi­nito come colui che sfondò la breccia in una tradizione arretra­ta, «isolazionistica», inerte, isterilita, avviando la lirica italiana sul cammino segnato da conquiste di ambienti letterariamente più evoluti; ridotto, dagli altri, a un caso isolato senza risonanza senza seguito, le cui velleità modernistiche erano più risultato di compiaciuta affettazione e di goffa ambizione provinciale che non di affinità intima e genuina -- Campana è stato oggetto di polemiche, di opinioni contrastanti, di giudizi quanto mai disparati, come nessun altro poeta italiano a lui contemporaneo. Ma non tanto a causa di ciò che nella sua poesia appariva sconcertante e oscuro, incompiuto e incerto e che sembrava convalidare in egual misura sia l'una che l'altra interpreta­zione, quanto piuttosto per il fatto che certa critica italiana, partendo da posizioni ermeneutiche inadeguate, facendo uso di strumenti di prova operativamente inefficaci, e inoltre, sin­golarmente noncurante nei confronti del testo poetico, non poteva che mostrarsi inferiore di forze di fronte agli interroga­tivi che presentava la densa e policentrica pagina campaniana.

   Bino Binazzi, assoggettato oltremodo al magnetismo per­sonale di Campana, estremamente disattento alla sostanza autenticamente poetica di ciò che egli chiamava con enfasi «... la più potente e originale raccolta di liriche che abbia pro­dotto il ventiduennio di questo secolo ...»,1 fu il primo a dare impulso a quella che è stata l'infatuazione forse meno felice dell'esegesi campaniana, e cioè, l'equazione analogica vita--poesia e, di conseguenza, l'assunzione di dati biografico-pato­logici come punti di riferimento basilari dell'esame critico ed interpretativo.

   Quel «messaggio di libertà» che pareva messo in atto nella vicenda umana del poeta, negli episodi di nomadismo, di dissi­patezza, di «miseria avventurosa» — che in maniera più palese testimoniavano lo stacco da consuetudini di vita socialmente approvate e auspicabili — a i segni del male che, esiliando Campana da ogni contingenza dell'umanamente abituale, lo liberò alfine dalla sua stessa voce di poeta, con manifesto com­piacimento, venivano identificati anche sulle pagine dei Canti orfici, specie in quegli aspetti che colpivano per la loro ermeticità e la loro «anormalità» espressiva.

   Il fatto che il nome di Rimbaud — di un altro ribelle nella vita e nella poesia — venisse citato non appena si parlava di Campana, anche di Campana poeta, conseguiva in maniera leg­gittima da tale equivoca premessa iniziale. Ciò che sul piano della biografia poteva apparire fino a un certo punto plausibile, su quello più pertinentemente letterario, non contribuì che a intorbidare ulteriormente la prospettiva di un'adeguata siste­mazione critica, in quanto il riferimento costante a Rimbaud non solo assunse il valore di formula d'identificazone, rivelatrice della qualità ed essenza autentica della poesia campaniana, ma divenne anche contrassegno della sua estraneità ed ecceziona­lità nei confronti di altre esperienze poetiche italiane, coeve e precedenti.


1 B. Binazzi, «Gli ultimi bohémiens d'Italia: Dino Campana», in Antichi moderni e altro, Firenze, 1941, p. 255.


   La mossa reattiva, avviata a sgonfiare il mito del Cam­pana rimbaldiano e maudit, a ridimen.sionarne la posizione sto­rico-poetica, a ricondurlo soprattutto alle sue matrici indigene, spesso fini purtroppo col ricreare l'immagine — fortemente ritoccata — di un Campana candidamente «italiano» e «italico», esemplarmente «classico nel tono, nella misura e sodezza della lingua e più ancora nei tempi«,2 intimamente alieno da morbo­sità decadenti e da nefaste influenze straniere. E ciò senza che gli esponenti di tale indirizzo sapessero rinunciare a far ricorso a quegli eventi dai quali principale alimento traeva l'altro filone, da loro avversato — troppi elementi testuli non qua­dravano infatti con lo schema a cui essi intendevano ridurre Campana — sicché «lo squilibrio interiore» a «i momenti di brancolante farneticazione»3 venivano chiamati in causa ogni­qualvolta la pagina dei Canti orfici contraddiva le loro asser­zioni.

   Sono queste le punte, le posizioni più vistosamente anti­tetiche del dibattito sulla poesia campaniana, — sulla sua «vera natura» e sul posto da assegnarle nel prospetto comples­sivo della lirica italiana novecentesca — che si è svolto, essen­zialmente, entro l'ambito nozionale definito e circoscritto dai membri del binomio «visionario-visivo»: due «termini-chiave», ora reciprocamente esclusivi, ora complementari, intor­no ai quali (in atteggiamento di varia adesione e approvazione), è venuta schierandosi tutta quanta la critica campaniana, e che hanno determinato le prese di posizione anche di chi confutava la loro validità esegetica. Due cifre interpretative, dunque, di cui ognuna implica tutta una serie di elementi definitori affini: visionario o veggente equivale a: musico, trasfiguratore, mistico, orfico, modernista, «cosmopolita» (allineati su questa direttiva Boine, Bo, Mattacotta, Solmi, Gargiulo, Macrì ...); visivo signi­fica anche: «temperamento oggettivo», «descrittivista», plastico, colorista, impressionista, «ultimo della tradizione carducciana», seguace di D'Annunzio (Gianfranco Contini è il capostipite e rappresentante più illustre di quest'ultimo filone critico).4

   Se, tenendo presenti i fatti esposti precedentemente (in particolare, la «distratta lettura» e l'apriorismo — imperniato sull'uno o sull'altro presupposto: sulla «suggestione dello spetta­colo», come aveva detto Bo,5 su determinate categorie empirico-psicologiche


2 Cfr. G. Ravegnani, «Dino Campana poeta maudit», in I contempo­ranei, Torino, 1930, p. 290.

3 Ibid., p. 292.

4 Cfr. Dino Campana, in Esercizi di lettura sopra autori contempo­ranei, Firenze, 1939.

5 Cfr. «Dell'infrenabile notte», in Otto studi, Firenze, 1939, p. 108.


o simbolico-metafisiche,6 su insigni precedenti critici, nel caso di G. Bonalumi,7 allievo e proseguitore di Con­tini), ci affidiamo a quanto la pagina del testo poetico è atta a rivelarci, la prima da essere respinta ci pare l'ipotesi di un Campana «poeta classico e tradizionale tradito dall'epoca».8

   Deformazione, alogicità, oscurità, incoerenza, sintomi in­confondibili della «dura modernità»,9 risultano infatti, già a una prima lettura dei Canti orfici, quale trama fondamentale di un insieme complessamente disorganico (che riunisce esempi di varia finitezza e di inegual respiro, e presenta l'artefatto poetico insieme al processo e alla storia del suo farsi)10 e si palesano quale costante espressiva ed impulso unificatore, che coinvolge e sconvolge i paesaggi campaniani, «solari» e «notturni», portan­do allo stesso piano la voce autoctona di Campana e reminiscen­ze di questo o quel poeta, sia egli Carducci o Baudelaire, Whalt Whitman, Rimbaud o D'Annunzio. E anche il titolo della rac­colta manifesta — a un altro livello, quello di poetica program­matica11 — la volontà di emancipazione da forme poetiche «patrimoniali», rivela l'aspirazione a una poesia che non sia più, a modo di quella tradizionale, «quadro idealizzante di materie o situazioni correnti, salutare consolazione anche nella presen­tazione del demoniaco»;12 e ci pare valido come indicazione orientativa anche se ammettiamo che il contestato orfismo campaniano — che certamente difetta di elaborazione concet­tuale al pari di quello esplicitamente antologico, trascendentale «iniziatico», di Rilke e di Mallarmé — non superi la mera «allu­sione o intonazione».13


6 Si veda a tale proposito: O. Macrì, «Due interpretazioni», in Caratteri e figure della poesia italiana contemporanea, Firenze, 1953, pp. 115-112.

7 Cfr. Cultura e poesia di Campana, Firenze, 1953.

9 Cfr. S. Solmi, «I "Canti orfici"», in Scrittori negli anni, Milano, 1963, p. 54.

6 Cfr. H. Friedrich, La struttura delta lirica moderna, Milano, 1971, pp. 7 e 9 (trad. di F. Bernardini Marzolla).

10 L'edizione Valecchi (1966) su cui è condotta la nostra ricerca com­prende 1'«opera omnia» di Campana: i Canti orfici e i vari gruppi degli Inediti, di cui molti sono mere annotazioni e prove, e spesso abbozzi, forme embrionali, delle stesure definitive dei Canti orfici. Sulla vicenda del manoscritto e la fortuna bibliografica dell'opera campaniana, cfr. E. Falqui, «Il manoscritto dei Canti orfici», e «Il Tacuinetto faentino», in Novecento letterario, Firenze, 1956, pp. 83-93, 114-119; e G. Bona­lumi, o.c., pp. 7-18.

11 Cfr. W. Binni: «Sì distinguono dì solito una poetica programma­tica e una poetica in atto», La poetica del decadentismo italiano, Fi­renze, 1936, p. 147.

12 H. Friedrich, o.c. nella nota 9, p. 18.

13 Cfr. P. Bigongiari, Capitoli di una storia della poesia italiana, Firenze, 1968, p. 359.


   Abbiamo presente che l'ipostatizzazione della parola, con­cepita come potenza creatrice che scaturisce dalla fonte più occulta dell'Esistenza Universale, come rivelazione dell'Inco­noscibile, specchio dell'Assoluto, è il fatto centrale dell'orfismo poetico nella sua accezione più propriamente metafisica e spe­culativa. Questo fu allo stesso tempo l'elemento che incise più profondamente anche sull'aspetto tecnico, «artigianale», del pro­cesso poetico creativo, in quanto impose la preminenza dell'ope­rare linguistico sui rapporti esteriori al linguaggio, la primarietà dell'arbitrario poetico sull'obiettiva realtà, e portò alla speri­mentazione di potenzialità di lingua fino allora inattivate, alla conquista di un nuovo linguaggio, «esoterico» e «artificiale». Ed è in questo senso soprattutto che quella del Campana può essere chiamata «la grande stagione dell'orfismo europeo».14

   Leggittima in tale prospettiva ci è sembrata un'indagine rivolta a porre in evidenza alcuni fatti di lingua" reperibili nei testo poetico di cui tratta il presente lavoro. Concretamente, all'esame verrà sottoposto un aspetto particolare del tessuto verbale campaniano, il suo configurarsi a livello della combina­toria semica (aspetto finora piuttosto trascurato, in quanto i critici hanno parlato per lo più di «musica», «sintassi», «ritmo», «colori»), e, più precisamente, le infrazioni attuate a tale livello rispetto alla norma della lingua, fenomeno contrassegnato dal termine «anomalia semantica».

   Per quanto riguarda la pertinenza del fenomeno su un piano poetico globale, basti rilevare che se la poesia è essen­zialmente «an affair of interaction of words»,16 le trasgressioni effettuate sul piano delle interrelazioni semiche, sono uno dei mezzi più notevoli e più frequenti di realizzazione stilistica, sia rispetto alla norma della lingua usata in funzione comunicativa, sia contro, ed entro, forme letterarie canonizatte, in senso sincronico e in quello diacronico, e possono a diritto venir considerate «universale poetico». (Ciò che cambia, a seconda delle opere e dei periodi letterari, sono i tipi d'infrazione e la loro densi tà) .17


14 Ib., p. 357.

15 Scarseggiano inoltre, quando si tratta di Campana, indagini di carettere tecnico-linguistico — di fronte alla quantità di definizioni ba­sate su assunti impressionistici e «contenutistici».

16 Cfr. I. A. Richards, «The Interaction of Words», in The Language of Poetry, ed. by A. Tate. New York, 1960, p. 65.

17 Come ha dimostrato p. es. .1. Cohen comparando poeti classicisti, romantici e simbolisti. Cfr. Strutture du langage poétique, Parigi, 1966, pp. 121-123; 132, 150-151, 189.


 

II. Preliminari metodologici

 

   La base metodologica della nostra ricerca è costituita dalla teoria semantica di J. J. Katz e J. A. Fodor, esposta in «The Structure of a Semantic Theory» (in Fodor/Katz, The Stru­cture of Language, Readings in the Philosophy of Language, Englewood •Cliffs, N. J., 1964, pp. 479-518. Si veda inoltre: T. Todorov, «Les anomalies sémantiques», Langages, I, 1966, pp. 100-123, e J. J. Katz, «Analyticity and Contradiction in Natural Language», pure in Fodor/Katz, The Structure of Lan­guage, pp. 519-543). Obiezioni meritorie alla loro teoria sono state mosse, tra l'altro, da C. J. Fillmore («Les règles d'interfé­rence dans une théorie sémantique», Cahiers de lexicologie, II, 1971, pp. 3-24, trad. di Ch. Moyat-Masson), T. Todorov («Recherches sémantiques», Langages, T, 1963, pp. 26-43) e soprattutto da U. Weinreich, il quale, nell'elaborazione della sua teoria semantica, ha tratto stimolo appunto da quelle che da lui erano considerate lacune e debolezze della teoria di Katz e Fodor (cfr. «Explorations in Semantic Theory», in Th. A. Sebeok ed., Current Trends in Linguistics, Voli. 3, The Hague — Paris, 1966; -in primo luogo: «The semantic theory KF: criticai analysis», pp. 397-416). Comunque, esorbiterebbe dal quadro della presente indagine qualsiasi considerazione di ordine metateorico: ciò che ci riguarda unicamente è il valore operativo di un corpo di concetti rispetto a concreti dati te­stuali: la sua utilizzabilità allo scopo di una procedura di descrizione unitaria e coerente.

   Il procedimento da noi adottato consisterà dunque essen­zialmente nella scomposizione di determinate «utterances» del discorso carnpaniano in costituenti di senso elementari — tratti semantici, differenziatori e restrizioni selettive 19 e del son­daggio della loro reciproca compatibilità, il che, se paragonato alle tradizionali nomenclature retoriche che ormai «ne disent pas ce qu'ils veulent dire et ne désignent pas des types dé­finis»i° (ma che possono essere riformulate appunto nei termini di corretto-anomalo),20 ha il vantaggio di permettere la formulazione precisa e univoca dei vari scontri semantici e di rendere verificabile in termini non-approssimativi la loro distanza da un linguaggio regolare, «trasparente», neutro, comunicativa­mente non-problematico.


18 I primi designano proprietà semantiche generali, i secondi espri­mono elementi di senso idiosincratici, le restrizioni selettive indicano «le possibilità combinatorie del lessema nelle sue diverse posizioni sintat­tiche» (R. Balzarotti, «Semantica e linguaggio», Lingua e stile, n. 1, 1971, p. 113).

19 Cfr. Ch. Bally, Traité de Stylistique fragaise, Ginevra-Parigi, 1959, vol. I, p. 187.

20 Cfr. T. Todorov, Littérature et signification, Parigi, 1967, pp. 97­114. «On pourra dans ce cas» — precisa l'autore a p. 104 — «décrire chaque figure comme la transgression d'une règle particulière du lan­gage, règle qui souvent n'aura pas été enregistrée par les manuels guistiques. Ici s'ouvre une voie inattendue pour l'étude du langage».


   L'aver preso in considerazione solo un aspetto dell'orga­nismo poetico, isolandolo dal resto dell'opera, per quanto limi­tativo e sotto molti aspetti insufficiente, ci sembra adeguato quando si tratta di accertare, e documentare linguisticamente, l'adesione del poeta a un determinato usus scribendi, a certe convenzioni e consuetudini di stile (e tale è appunto l'obiettivo primario di ricerca da noi perseguito), e ci permette inoltre di stabilire un nucleo di dati positivi, un margine di certezza, anche se esiguo, quale fondamento di ulteriori indagini e riscontri.

   Distingueremo i seguenti tipi" di anomalie semantiche:

  1. Anomalie combinatorie, che risultano dall'incompatibilità dei tratti semantici di un termine lessicale e delle re­strizioni selettive di un altro termine.
  2. Anomalie logiche, che risultano dall'incompatibilità — ri­dondanza o antinomia — fra tratti semantici e/o differenziatori di due termini lessicali.

21 Non prenderemo in considerazione le cosiddette anomalie refe­renziali, il cui carattere anomalo non risulta da trasgressioni di regole linguistiche, bensì, come dice Todorov «de l'etrangeté de ce qui est décrit» (Cfr. Les anomalies sémantiques, p. 113.) Katz e Fodor rifiutano di includerle nella loro teoria. L'inclusione delle nomalie referenziali richiederebbe infatti l'elaborazione di una completa «theory of setting selection«, é, in primo liiogo, «such a theory cannot in principle distin­guish between the speakers knowledge of his language and his know­ledge of the world because, according to such a theory, part of the characterization of a linguistic ability is a representation of virtually all knowledge about the world speakers share». Inoltre, «since there is no serious possibility of systematizing all the knowledge of the world that speakers share and since a theory of the kind we have been discus­sing requires such a systematization, it is ipso facto not a serious model for semantics» (o. c., p. 488-489). Nei Canti orfici, esempi di anomalie Meramente referenziali (tipo: Lo stendersi sul piatto di ferro «Pampa», p. 93; Passegiata in tram in America e ritorno, p. 99; Palme grigie senza odore ... O poesia tu piu non tornerai, p. 206) non sono particolarmente numerosi (eccetto le situazioni in cui intervengono i vari angeli e chimere — inventario della «mitologia» decadentistica).


III. Esemplificazione

 

   In base allo spoglio del testo campaniano siamo pervenuti ai seguenti risultati:22

 

1.     Anomalie combinatorie:

1.1. Restrizione selettiva: (+ concreto)23

       /Opposizione dei semi: (— concreto)/( + concreto)/ Esempi:24

Il tempo è scorso, si è addensato, è scorso

«Il. Ritorno», p. 57

mentre la mole bianca della città torreggia come un sogno «Passeggiata in tram in America e ritorno», p. 99

e l'orologio verde come un bottone in alto aggancia il tempo all'eternità della piazza

«Piazza Sarzano», p. 113

Che tutto a lei d'intorno era già arcanamente illustrato del giardino il verde Sogno

«Genova», p. 114

Sui cerchi concentrici di vite quadrilustri

«Specie di serenata agra e falsa e melodrammatica», p. 180

... col silenzioso

Tuo passo inghirlandata dall'oblio

 

«Convito romano-egizio», p. 183

Il mio destino sbocciava roseo e magnetico ...

 

«Il cappello alla Rembrandt». p. 302

 

1.2. Restrizione selettiva: (-F- animato)

/Opposizone dei semi: (— animato)/(± animato)/

Esempi:

La nave

già cieca varcando battendo la tenebra

 


22 Non pretendendo stenderne una lista esauriente, ci limiteremo a segnalare le presenze più frequenti, quelle che, in maniera più scoperta traducono l'«ossessione» espressiva dell'autore.

23 Assumiamo come punto di partenza le restrizioni selettive del modificatore, poiché nel processo di attribuzione esso è l'apportatore di nuove informazioni semantiche. Cfr. J. J. Katz, J. P. Postai., An Inte­grated Theory of Linguistic Descriptions, Combridge, Mass., 1964, p. 22.

24 Data l'estrema complessità delle figure semantiche campaniane, (quasi ognuna potrebbe infatti essere riclassificata in dipendenza dal criterio assunto), nella presente esemplificazione abbiamo necessariamente dovuto astrarre da tutti quegli elementi che non risultavano pertinenti ai criteri adottati.


«Viaggio a Montevideo», p. 63

Le macchine mangiano rimangiano il nero silenzio

 

«Sogno di prigione», p. 80

Nel cielo a respirare

Stanno i tuoi sogni

 

«Una strana zingarella», p. 163

La vertigine della fossa mi guarda in silenzio

 

«Specie di serenata agra falsa e melodrammatica», p. 181

Ha passeggiato il ricordo

Col vostro passo di pantera

 

«Sul più illustre paesaggio», p. 264

1.3. Restrizione selettiva: (+ umano)

/Opposizione dei semi: (— umano)/(+ umano)/

 

Esempi:

La luna sorgeva nella sua vecchia vestaglia . .

 

«II. Il viaggio e il ritorno», p. 22

Stillate dall'umile pianto delle lampade elettriche

 

«La sera di fiera», p. 37

Dentro l'occhio

Disumano

De la notte

 

«Batte botte», p. 69

La luna stanca è andata a riposare

 

«Una strana zingarella», p. 163

L'anima della primavera triste

Lo ricerca nel quadro dove sogna

 

«Ad un angelo del Costa», p. 171

Le navi inermi, drizzate in balzi

terrifici al cielo

Allucinate ...

 

«Pei vichi fondi tra il palpito rosso», p. 223

Lontane passan le navi

Nere perfide silenziose

 

«Lontane passan le navi», p. 214

1.4. Restrizione selettiva: (+ animale)

/Opposizione dei semi: (— animale)/(+ animale)/

Esempi:

Battendo la tenebra l'ale celeste sul mare.

 

«Viaggio a Montevideo», p. 63

dalle criniere dell'erbe scosse ...

 

«Pampa» p. 93

Volavano uccelli lontano dal nido ed io pure

 

«Passeggiata in tram in America e ritorno», p. 101

Saltella una cocotte, cavalletta

Da un marciapiede a un altro tutta verde

 

«O poesia poesia», p. 203

1.5. Restrizione selettiva: (+ artificiale)

/Opposizione dei semi: (— artificiale)/(+ artificiale)/

Esempi:

Le stelle sono bottoni di madreperla

 

«L'invetriata», p. 33

Entro una grotta di porcellana

Sorbendo caffè

 

«Genova», p. 115

... in aurora

Elettrica inumana risplendente

Alla prora per l'occhio incandescente.

 

«Pei vichi fondi tra il palpito rosso», p. 223-224

parole giravano nel soffitto del mio cervello.

 

«Davanti alle cose ...», p. 321

1.6. O. Restrizione selettiva: (± visivo) /Opposizione dei semi:

a: (+ auditivo)/(+ visivo)

b: (+ olfattivo)/(+ visivo)

 

Esempi:

a:

come per una melodia invisibile scaturita da quel vagare.

 

«II. Il viaggio e il ritorno», p. 22

... se udissi la tua rossa aurora nel sospiro della vita notturna delle selve.

 

«I. La Verna (diario)», p. 46

 

La luna stanca è andata a riposare

 

«Una strana zingarella», p. 163

L'anima della primavera triste

Lo ricerca nel quadro dove sogna

 

«Ad un angelo del Costa», p. 171

Le navi inermi, drizzate in balzi terrifici al cielo

Allucinate .. .

 

«Pei vichi fondi tra il palpito rosso», p. 223

Lontane passan le navi

Nere perfide silenziose

 

«Lontane passan le navi», p. 214

1.4. Restrizione selettiva: (+ animale)

/Opposizione dei semi: (— animale)/(+ animale)/

Esempi:

Battendo la tenebra l'ale celeste sul mare.

 

«Viaggio a Montevideo», p. 63

dalle criniere dell'erbe scosse ...

 

«Pampa» p. 93

Volavano uccelli lontano dal nido ed io pure

 

«Passeggiata in tram in America e ritorno», p. 101

Saltella una cocotte, cavalletta

Da un marciapiede a un altro tutta verde

 

«O poesia poesia», p. 203

1.5. Restrizione selettiva: (+ artificiale)

/Opposizione dei semi: (— artificiale)/(+ artificiale)/

Esempi:

Le stelle sono bottoni di madreperla

 

«L'invetriata», p. 33 Entro una grotta di porcellana

Sorbendo caffè

 

«Genova», p. 115

... in aurora

Elettrica inumana risplendente

Alla prora per l'occhio incandescente.

 

«Pei vichi fondi tra il palpito rosso», p. 223-224

parole giravano nel soffitto del mio cervello.

 

«Davanti alle cose ...», p. 321

1.6. O. Restrizione selettiva: (± visivo) /Opposizione dei semi:

    • (+ auditivo)/(+ visivo)
    • (+ olfattivo)/(+ visivo)

Esempi:

a:

come per una melodia invisibile scaturita da quel vagare.

 

«II. Il viaggio e il ritorno», p. 22

... se udissi la tua rossa aurora nel sospiro della vita notturna delle selve.

 

La Verna (diario)», p. 46

 

Dentro il crepuscolo d'oro la bruna terra celando Come una melodia:

D'ignota scena fanciulla sola

Come una melodia

Blu ...

 

«Viaggio a Montevideo», p. 63

Pure i dorati silenzii ad ora ad ora dell'ale

Varcaron lentamente in un azzurreggiare:

Lontani tinti dei varii colori

Ibid.

silenzio occhiuto di fuoco

 

«Sogno di prigione», p. 80

Sbiancava nel cielo fumoso la melodia dei suoi passi ...

 

«Scircicco», p. 107

b:

E soleva vagare quando il sogno

e il profumo velavano le stelle

 

«La sera di fiera», p. 36

Ho il profumo tuo biondo rievocato

 

«Boboli», p. 173

Il ventilatore che ronzava in alto agitava il profumo in striscie che si svolgevano e avvolgevano lentamente e ritmi­camente ...

 

«Ambiente per un dramma», p. 190

1.6.1. Restrizione selettiva: auditivo)

/Opposizione dei semi:

              • (+ visivo)/(+ auditivo)
              • (-1- ollattivo)/(± auditivo)/

Esempi:

e i corpi lassi e vinti nelle fiamme inestinte e mute

 

«La giornata dì un nevrastenico», p. 85

e poi lontana la linea muta della città ...

 

«Il Russo», p. 97

... davanti all'incendio sordo lunare.

 

«Oscar Wilde a San Miniato», p. 168

b:

Ti volgerai, di questa lenta danza

Magnetica il sussurro a respirare.

 

«Una strana zingarella», p. 163

1.6.3. Restrizione selettiva: (-i- tattile) /Opposizione dei semi:

    • (+ visivo)/(+ tattile)
    • (4- auditivo)/(-t- tattile)/ Esempi:

Nel quadro della porta aperta le stelle brillarono rosse e calde nella lontananza

 

«La notte», p. 18

Nel tepore della luce rossa

 

«III. Fine», p. 23

Gelide incombono le stelle

 

«Specie di serenata agra e falsa e melodrammatica», p. 180

gli ultimi soffii di riflessi caldi e lontani ...

 

«Scirocco», p. 108

b:

Nel silenzio caldissimo ambiguo

 

«Pei vichi fondi tra il palpito rosso», p. 223

2. Anomalie logiche:25

2.1. Opposizione dei semi: ( — udibilità)/( --h udibilità) Esempi:

Fuori è la notte chiomata di muti canti


25 Per quanto riguarda la definizione del rapporto di antinomia (che sta alla base del tipo di anomalia semantica qui esemplificato) si veda J. J. Katz, o. c., pp. 532-533.


«III. Fine», p. 23

... e i profondi fruscii del silenzio.

 

«I. La Verna (diario)», p. 46

L'eco dei secchi accordi chiaramente rifluente nell'ombra che è sorda.

 

«Faenza», p. 74

...un fiume che fugge tacito pieno di singhiozzi taciuti ...

 

«Passeggiata in tram in America e ritorno», p. 99

2.2. Opposizione dei semi: (— intensità)/(± intensità)

Esempi:

... nella piazza sonante di voci tranquille

 

«I. La Verna (diario)», p. 47

Aspro preludio di sinfonia sorda

 

«Passeggiata in tram in America e ritorno», p. 99

Le strade suonano al martellare sordo dei passi

 

«Specie di serenata agra e falsa e melodrammatica», p. 181

Soffiando ai morti soffii inquieti

 

«Ad un angelo del Costa», p. 171

Di Ermafrodito in spasimi molli affogato

 

«Ermafrodito», p. 193

2.3. Opposizione dei semi: (continuità)/(+ continuità)

Esempi:

Nella luce uniforme fiammeggiante

 

«Pei vichi fondi tra il palpito rosso», p. 224

... per scalatura abrupta dei colli un grido di tre note lunga­mente canta

 

«Prospectus, III», 326

2.4. Opposizione dei semi: (— effetto gradevole)/(+ effetto gradevole)

Esempi:

... mi rispose insieme ad una grazioso sorriso aggrinzito

 

«La notte», p. 8

il paesaggio quale un ricordo incantevole ed orrido .. .

Ibid., p. 16

arido rosso e dolce è il panorama scheletrico del mondo.

Ibid., p 20

.., le gravi matrone di Spagna

Da gli occhi torbidi e angelici

 

«Viaggio a Montevideo», pp. 63-64

mentre tutto tutto si annega nel dolce rumore dell'ali sbattute degli angioli che riempie la via.

 

«Crepuscolo mediterraneo», p. 110

verso cieli lontani e metallici, splendenti dei colori più delicati dei fiori

 

«Ambiente per un dramma», p. 192.

... di tra il dolce scricchiolio.

De i cordami

 

«Il porto che si addorme, il porto il porto », p. 217

nelle sere delle stridenti grandi città in cui lo stridore diventa dolce (diviene musique énervante et caline

 

«Storie», p. 334


 

IV. Osservazioni conclusive

 

   Pronunciarsi sul significato di determinate presenze non è possibile se non ponendole in relazione a un contesto più inclusivo, che permetta il rilevamento di convergenze e di opposizioni nelle scelte, sia nei confronti di un passo isocrono, sia rispetto a una sequenza cronologicamente anteriore. Poiché, nel presente lavoro, è quest'ultimo versante del problema che c'interessa principalmente, abbiamo paragonato i Canti orfici a due esempi di poesia carducciana, alle Odi barbare e Rime nuove26 (che costituiscono un corpus quantitativamente comparabile a quello campaniano)27 assunte quale voce di un tempo poetico diverso,28 che alla poesia assegnava altre finalità e altri mezzi per raggiungerle.

   In base a tale raffronto le anomalie semantiche campa­niane possono essere divise in due, o, piuttosto — volendo essere precisi — in tre gruppi: nel primo rientrano quelle presenti in numero pressoché uguale in tutti e due i termini del confronto. Esempi: 1.1., 1.2., 1.4.; nel secondo, la figura 1.3.28 (personificazione nella terminologia retorica), che nel testo carducciano appare con estrema densità, nettamente superiore a quella di tutti gli altri tipi di anomalie semantiche (la personificazione è dunque la dominante figura semantica carducciana); nel testo campaniano, invece, si colloca numericamente accanto alle altre figure menzionate precedentemente. Le anomalie semantiche del terzo gruppo — esempi 1.5., 1.6., 2., assenti o presenti in misura quantitativamente irrilevante nelle Odi barbare e Rime nuove (mentre nei Canti orfici la loro presenza è considerevole non solo in senso assoluto, ma anche in proporzione alle ano­malie semantiche del primo e secondo gruppo)," costituiscono invece il fattore differenziale del corpus campaniano rispetto a quello carducciano.


26 Poesie di Giosuè Carducci 1850-1900. Bologna, 1944.

27 Allo scopo di una maggiore corrispondenza quantitativa non ab­biamo preso in considerazione i libri V11 (sonetti del gruppo «ca ira»), VIII (versioni e traduzioni) e IX (Congedo) delle Rime nuove, e le «Ver­sioni» che chiudono le Odi barbare.

28 Il rapporto Carducci -- Campana, un altro punto neuralgico della critica campaniana, c'interessa qui principalmente sotto questo aspetto «spersonalizzato».

29 Comunque, tratteremo i tipi 1. 1., 1. 2., 1. 3., 1. 4., come un unico gruppo di anomalie semantiche, poiché è tra essi e le anomalie semantiche del terzo gruppo che avviene lo stacco numerico decisivo.

30 Lo si può affermare anche senza dover ricorrere a procedimenti di precisazione quantitativa — utili soprattutto quando si tratta di stabilire tipologie stilistiche di più vasto perimetro. 


   Nei Canti orfici dunque, l'attacco alla «razionale evidenza» delle manifestazioni verbali e ai limiti imposti dall'inerzia comunicativa si fa più radicale e invade zone di linguaggio fino allora integre e compatte.

   Il legame incoerente di fatti che appartengono a dimensioni di realtà non-commensurabili, di termini attinenti a sfere sensoriali diverse, l'accordo e la compresenza simultanea di valori semantici che mutualmente si escludono — indizi di un ulteriore dilatamento dei margini di senso precisi e di un'accresciuta interpermeabilità sematica — segnano l'attuarsi di ciò che Eliot chiamava «the far-fetched association of the dissimilar»,31 o che, citando ancora, potrebbe dirsi anche »ricerca dell'universale corrispondenza e analogia32 delle cose»,33 che è la caratteristica, fondamentale di quell'arte accentrata su sé stessa, attenta soprattutto alle proprie potenzialità autonome, alla dinamica intrinseca del proprio fondamento costruttivo, quale fu la lirica «pura», «assoluta», del primo Novecento; che il motivo centrale di quell'orientamento di poesia, europeo e italiano,34 entro il cui campo d'irradiamento si svolse anche la traiettoria poetica campaniana.

   Più complessa anche qualitativamente la configurazione delle anomalie semantiche campaniane, più complicato il meccanismo del loro collegamento reciproco e del loro aggancio agli altri livelli formativi dell'opera.35 


31 T. S. Eliot, «Donne in our Time», citato in G. R. Hocke, IZ manie­rismo nella letteratura, Milano, 1965. p. 11.

33 II piano delle anomalie semantiche non è che un aspetto della svariata fenomenologia analogica. che caratterizza il testo dei Canti orfici a tutti i livelli strutturali.

" Cfr. F. Flora, «Poetiche moderne», in Orfismo della parola, Fi­renge, 1953, p. 376.

34 Sono gli, anni, in Italia, della «rivolta» contro la tradizione, della revisione e aggiornamento delle istanze poetiche — che per opera divulgativa della Voce si orientò essenzialmente nella direzione indicata dal­l'esperienza del simbolismo francese — gli anni delle prime prove erme­tiche. t del 1914 la prima stampa dei Canti orfici, delle Liriche di Onofri, del Pianissimo di Sbarbaro (cfr. S. Ramat, «Nota critica ai Canti orfici», in D. Campana, Canti orfici e altri scritti, Firenze, 1966, p. XVI). Nel 1915 viene publicato (su Lacerba), per la prima volta, un gruppo di liriche di Ungaretti. Il 1916 è l'anno della prima raccolta ungarettiana Porto sepolto.

35 Un fatto questo che caratterizza in egual misura le figure semantiche di ambo i gruppi: quelle «modernistiche», e quelle che a livello del meccanismo semico combinatorio, presentano la stessa struttura delle anomalie semantiche carducciane.


   Spesso contrappuntivo il loro strutturarsi, in cui la sovrapposizione e compenetrazione di materiali tematici eterogenei, di elementi che provengono da zone semantiche disparate, crea intorno a ogni termine uno spettro di fosforescenze polisemiche, un campo di alta tensione tra elementi di senso dissonanti; e conviene qui citare gli esempi:

 

Nuda mistica in alto cava

Infinitamente occhiuta devastazione era la notte tirrena.

«Genova», p. 120

 

Ragazzine alla marinara, le liscie gambe lattee che passano a scatti strisciando spinte da un vago prurito bianco.

                                                            «Faenza», p. 74

 

Sulla piazza acciottolata rimbalza un ritmico strido: un fan­ciullo a sbalzi che fugge melodiosamente.

                                                            «Piazza Sarzano», p. 112

 

ove tale procedimento è portato all'estremo e l'aggrovigliarsi di deviazioni e ambiguità di vario ordine rende pressoché insensato ogni tentativo di classificazione.

   A tale riguardo, le anomalie semantiche carducciane risultano, per la maggior parte, unisone e omogenee: l'organizzazione e la successione dei nuclei di senso si svolge in un ordine coerente, rettilineo, facilmente afferabile; converge in un unico punto focale, concorre a un effetto «di sintesi»: intensifica un'immagine delineata in maniera netta 'e univoca, rende più incisiva un'idea precisa o uno stato d'animo chiaramente definibile.

   Differenze queste di ordine linguistico che trovano la loro cifra corrispettiva anche in un diverso atteggiarsi dei diie testi (e delle due correnti di poesia da essi rappresentate)36 in quanto fenomen «mimetici»37 e «oggetti di ricezione».38


36 Ossia del decadentismo simbolista e di ciò che, seguendo il Petri­ni, si potrebbe chiamare «romanticisimo italiano tra conservatore e sen­suale». Cfr. «Poesia e poetica carduccian a», «Carducci barbaro», in Dal barocco al decadentismo, Firenze, 1955, pp. 126-127.

37 «Tanto più necessario è quindi, per il critico» — scrive Friedrich — «prendere a confronto euristicamente la realtà, giacché solo allora si comprenderà la misura della distruzione ormai in atto della realtà, come pure la violenza della rottura del vecchio stile metaforico» (o. c., 78). Tanto più, potremmo aggiungere, è necessario prendere a confronto la realtà, cioè il contesto refenziale, non-linguistico — sfuggente, mutevole, impossibile a circoscrivere con esattezza, e ciò nondimeno presente e fondamentale (che per motivi di coerenza e rigore avevamo escluso dalla parte esemplificativa della nostra ricerca) in quanto la poesia non è unicamente ed esclusivamente un fatto di lingua, bensì un fenomeno complesso, polidimensionale, che sottintende e attivizza la to­talità dell'esperienza umana. Sulla «qualità di divergenza» nel senso di «deformazione creativa della realtà», presso i formalisti russi, si veda: V. Erlich, Il formalismo russo, Milano, 1960, p. 274, trad. di M. Bassi.

38 Ognuno di essi puo essere concepito come membratura connettiva tra autore e lettore, condizionata da un particolare rostrato storico-metafisico e poetico-culturale, il quale determina anche le modalità di tale rapporto.


   Carducci infatti non varca i limiti del chiaro e del comprensibile, rimane ancorato alla realtà — biografica, storica, sentimentale, paesistica — (e, in più, orienta tutti i suoi aspetti nella direzione dell'umano, li avvicina, li conforma alle misure dell'umano; abbiamo visto che la personificazione è la domi­nante figura semantica carducciana), oppure, negli excursus dalla «realtà circostante», dalla sfera dell'obiettivamente vero­simile (nel senso più letterale di tale termine) si muove entro l'ambito sanzionato da una secolare tradizione letteraria; «la ricerza preziosa della parola rara e bella», il «sensualismo este­tico», l'accentramento sul particolare finemente cesellato (nelle Odi barbare soprattutto),39 non fanno sfumare i contorni di uno spazio concreto, univoco, comunemente riconoscibile; il poetare di Carducci procede sempre in consonanza con uno sfondo di esperienze comunicabili e condivise, la sua parola presuppone un destinatario anche nei momenti di maggiore solipsismo e introspezione."

   Suggestione dell'irreale, fascinazione dell'ambiguo, sono i mezzi con i quali «comunica» Campana, attento più all'oscuro pulsare del linguaggio, al molteplice riverberarsi delle molecole di suono e di senso, alle «fantasie, note musicali, colorismi, effetti di colori e di armonia di colore e di assonanze, di forme»,41 che non ai fatti da presentare, agli eventi da narrare, ai messaggi e sentimenti da trasmettere al lettore."

   Partendo anch'egli da aspetti del mondo empirico, per mezzo «dei trapassi e delle misture eterogenee»43 sconvolge e annulla l'ordine delle cose imprigionate nell'uso della lingua che mira alla comprensione inostacolata, allontanandole in una sfera di esistenza autonoma e irreale.


39 Cfr. D. Petrini, o. c. nella nota 34, pp. 123-163; cit. pp. 126, 151­-152.

40 Il Binni parla p. es. del «solido mondo poetico carducciano in cui mancano spunti di una nuova sensibilità, di una sensibilità che superi quella del romanticismo italiano» (corsivo nostro); cfr. W. Binni, o. c. nella nota 11, p. 30.

41 Sono parole del poeta riportate dal medico C. Pariani nel libro: Vite non romanzate di Dino Campana scrittore e di Evaristo Boncinelli scultore, cfr. O. Macrì, o. c. nella nota 9, p. 144.

42 Infatti anche in alcuni componimenti piu ideologizzati, sono sem­pre «gli strani e allucinanti giochi di parole» (E. Cecchi, «Dino Campana», in Di giorno in giorno, Milano, 1964, p. 292) l'elemento dominante (si veda p. es «Prospectus I, II, III»). E nel caso dell'orfismo, vitalismo, «primitivismo», supermismo, e di tutte le altre componenti della Welt­anschauung campaniana, non si può mai parlare di un messaggio vero e proprio, indirizzato al lettore. L'atteggiamento di Campana è sempre quello dell'esiliato e del solitario; sintomatico è, a tale riguardo, anche il suo definirsi «poeta germanico».

43 Novalis, Schriften, Fragmente II, citato in G. R. Hocke, o. c. nella nota 31, p. 198.


   La srealizzazione e «surrealizzazione» che penetrano anche le parti più volutamente diaristiche e riproduttive del testo campaniano, che trasfigurano e deformano i paesaggi e gli itinerari più puntuali, non attingono tuttavia il limite supe­riore dell'estraneazione, non significano ancora emancipazione totale da ogni attinenza del cosiddetto «ordinamento naturale». Espresso in termini linguistici, ciò significa che la deseman:- tizzazione non è radicale; anzi, si osserva -- lo attesta l'evidenza contenuta nella parte esemplificativa — che le combinazioni se­manticamente abnormi non investono uno spettro di possibilità particolarmente vasto: ne risultano, in tutto, quattro tipi di figure nel primo gruppo che, in base ai criteri adottati nel presente lavoro, chiameremo «tradizionali», e tre tipi di figure «modernistiche»44 (mentre a casi isolati si riducono gli esempi di opposizione):

 

(+ temporale/ + spaziale) es.:

... più vasta più ardente del sole notturna estate mediter­ranea?

«Crepuscolo mediterraneo», p. 109

 

... come a stare sempre sulla riva di un giorno

«L'infanzia nasce ...», p. 340

 

(— solido/ + solido) es.:

... nel cavo della notte serena

«Genova», p. 120

 

(— numerabile/+ numerabile) es.:

Era la notte

Di fiera della perfida Babele

Salente in fasci verso un cielo affastellato

«La sera di fiera», p. 36


44 «Modernistiche» e «tradizionali» in senso relativo, poiché appunto l'ossimoro, l'accostamento artificale/naturale e la catacresi (che presso alcuni retori inglesi coincide con quella che sarà la sinestesia dei simbo­listi) erano anche le figure tipiche della poesia barocca. Cfr. R. Wellek — A. Warren, Theory of Literature, New York, 1956, pp. 198-199.

Sulla consonanza d'impostazione e di stilemi tra la poesia moderna e quella barocca, hanno parlato, a più riprese, alcuni autori citati nel presente articolo: H. Friedrich, F. Flora e G. R. Hocke.


   (+ liquido/± aeriforme)

   es.:

   ... sotto l'ombra dei portici stillata di goccie e goccie di luce sanguigna ...

«La notte», p. 13

 

   e le tautologie:

   Le fiamme pallide dei ceri torno torno sui candelabri ne erano impallidite.

«Ambiente per un dramma», p. 190

 

   Giovinetta trafitta che invermiglia Il sangue sulle labbra orribilmente

«Pei vichi fondi tra il palpito rosso», p. 223

 

che offrivano forse possibilità di realizzazione più originali rispetto alla linea stilematica «ufficiale» del simbolismo.

   Entro una tale configurazione semantica del testo cam­paniano, particolarmente significative risultano le figure 1.6. e 2., chiamate tradizionalmente sinestesia e ossimoro. Sono esse, infatti, le strutture che manifestano più palesemente lo stacco di Campana da concezioni e forme poetiche tradizionali, quelle che, allo stesso tempo, «creano un mondo in antitesi con il mondo conosciuto e anche con quello della passata e più felice poesia» ;45 inoltre, essendo appunto questi due tipi di anomalie semantiche le figure «canoniche» del decadentismo simbolista, è in virtù di esse che Campana va identificato espli­citamente e inequivocabilmente, partecipe di una precisa condizione e prassi letteraria novecentesca;45 e infine, ambedue queste figure si rivelano caratteristiche ancora in un senso, più


45  H. Friedrich, o. c. nella nota 9, p. 220.

46 Sul piano delle sinestesie trova conferma anche l'indubbia e un tempo controversa (cfr. p. es. M. Costanzo, «Cultura e poesia di Campana», in Studi critici, Roma, 1955, p. 101) incidenza di Carducci su Campana; di un Carducci più sensibile e sensuale, più vicino alla tecnica e al gusto decadentistici. Si confrontino p. es. le sinestesie carducciane: «roseo fiato», «i silenzi del verde fondo», «freddo fulgore», «silenzio freddo», «gelida luna» (Odi barbare, 819, 835, 849 e 891 rispettiva­mente); «pian silenzio verde», «fresco mormorio» (Rime nuove, pp. 578, 593), «da i silenzii de l'effuso azzurro», «fresco sussurro», «grigio silenzio» (Rime e ritmi, pp. 996, 1002, 1022), con gli esempi campaniani riportati alle pp. 136-137, 138 di questo contibuto; e inoltre: «rosea fres­chezza», «puri silenzii», «nel silenzio azzurino», «verde canto«, «luce scialba e gelida» (Canti orfici, pp. 36, 50, 69).

   Integrati ai contesti rispettivi tali esempi attestano pari tempo «che continuità di materiali linguistici e tematici non significa necessaria­mente continuità di poetica e di «ideologia». (P. V. Mengaldo, «Da D'Annunzio a Montale», in Ricerche sulla lingua poetica contemporanea, Padova, 1966, p. 175).


specificatamente campaniano. L'ossimoro, e precisamente, la sua variante più numerosa e articolata 2.4. (v. esemplificazione p. 139) proietta e riassume, a livello della microstruttura sintattica, il fondamentale «antinomismo»47 dei Canti orfici; la tensione, coesistenza e compenetrazione, delle due tonalità contrastanti, dei due contrari espressivi e «affettivi» (si tratta però di un'affettività disumanizzata e «disentimentalizzata»): da una parte, ciò che potrebbe essere definito » caoticità dissonante», «intesità del disarmonico», dall'altra l'atmosfera trasognata, i toni tenui, smorzati, ambigui, dotati di. una particolare suggestività, «narcotizzante».

   Un tipo particolore di accostamento sinestetico, di trasposizione dall'udito alla vista — che utilizza materiali del livello semantico e di quello fonico — possono essere considerati i casi in cui gli elementi coloristici hanno la funzione di strutturare il discorso poetico anche in senso ritmico-musicale. t questo un altro tratto saliente della tessitura verbale dei Canti orfici, che particolare efficacia assume in alcuni componimenti, «La notte», «Viaggio a Montevideo», «Sogno di prigione», «Piazza Sarzano», «Arabesco — Olimpia», ritenuti tra le cose più riuscite di quanto Campana abbia scritto.

   La studiata disposizione dei segnali coloristici48 crea i fulcri reggenti del movimento sonoro, l'ossatura del complesso dinamismo della audition colorée campaniana, i colori «sono come tante note, note musicali, che rompono il silenzio del tempo  , suscitando accordo»," e concorrono a quella poesia «europea, musicale, colorita», che Campana stesso — con chiara consapevolezza poetica — aveva indicato come la meta a cui aspirava il suo operare, la sua arte costruttiva, i suoi «giuochi d'equilibrio» verbali. Come osserva giustamente Silvio Ramat nella chiusa del commento ai Canti orfici," «Campana giungeva al 'sublime' che era stato sempre il suo traguardo artistico, e con una irruenza sentimentale tutt'altro che pro­grammaticamente 'barbara' o 'germanica', bensì in linea con la più trepida poesia del simbolismo, di cui egli resta», in Italia, «esempio di singolarissimo ardore».


47 II termine è di M. Petrucciani; cfr. «La sensualità campaniana e il suo processo antinomico», in Poesia pura e poesia esistenziale, Torino, 1955, p. 12.

48 Conformemente a quella tendenza costruttiva, combinatoria palese — a volte in modo fastidiosamente manieristico — in quasi tutti i pezzi dei Canti orfici.

49 Cfr. G. de Robertis, «Dino Campana», in Altro Novecento, Firenze, 1962, p. 158.

50 Canti Orfici e altri scritti, Firenze, 1966, p. 354.