Irrazionale e assurdo nella poesia di Campana

 

di Mario Petrucciani

 

da: Idea, luglio 1951

 

 

Sia ben chiaro che l'Indagine sullo « irrazionale » del Campana non intende in nessun modo ricondurre la genesi della sua poesia ai fattori biografici e clinici da cui fu travolta la sua esistenza terrena, ma aspira ad un approfondimento esclusivamente critico della sua opera, perchè ne risulti meglio individuata la posizione storica e più acutamente chiarita la forza di commozione.

Il problema dell'irrazionale in letteratura, già avvertito in passato da qualche geniale esegeta ma enucleato In formulazioni confuse e sommarie, ha acquistato solo nel nostro tempo una più precisa individuazione, polarizzando l'attenzione degli studiosi e fornendo un affascinante avvio alle loro ricerche critiche: le quali vennero considerando l'irrazionale sotto due aspetti del tutto analoghi e tuttavia, almeno per comodità d'analisi, ben distinti.

Sulle orme del Vico e accettando dal Bergson la superiorità gnoseologica dello slancio intuitivo sull'attività strettamente logica, e ancora, riconoscendo crocianamente in ogni fatto estetico l'assoluta priorità dell'intuizione fantastica, i più definiscono oggi l'irrazionale come insostituibile condizione generale dell'arte, cioè come unica possibilita umana dl cogliere, al di là delle risapute schematizzazioni concettuali, l'ineffabile Verità del mistero: non certo per spiegarlo, ma almeno per rappresentarlo nell'accordo lirico dl immagini e di musica.

Altri invece, cansiderando sopratutto la produzione poetica cosiddetta classica, accolsero l'irrazionale in una accezione più limitata, e lo riscontrarono soltanto in particolari scene e figure: nelle opere costruite su un'organatura intenzionalmente predisposta e condotte con conseguenzali epici e drammatici, l'irrazionale sembra infatti affiorare solo a tratti e quasi all'insaputa dello stesso spirito creante.

Con II suo valore più esteso o con quello particolare, il principio dell’irrazionalità dell'arte fu dunque inteso nel nostro tempo dapprima come mera categoria estetico-metodologica; ma più tardi, e sempre nel primo cinquantennio del Novecento, esso si venne via  via trasmutando per il concorso di determinanti molteplici (non escluse le correnti psicanalItstiche) e assunse un significato che gli ha consentito più complesse ed inquietanti avventure.

L’irrazionale fu rivalutato, con funzioni più rilevanti, venne generalizzato ed esasperato a tal punto che travalicò i confini del fatto artistico per investire alle fondamenta il problema stesso dell'esistenza: da categoria estetica divenne concezione, o meglio, interpretazione del mondo, e con tale valore permeò ed impegnò tutta la vita lino ad accamparsi come ethos integrale che condiziona la scelta dell'uomo nel suo comportamento morale, religioso e perfino politico. L'evoluzione dell'irrazionale (li surrealismo non ne fu che una tappa) sfociò cosi nella teoria dell'assurdo.

L’assurdo parve ad alcuni l'estrema e decadente deformazione del pessimismo pseudo-romantico, ad altri una forma di più amara e coraggiosa consapevolezza; e vi fu chi volle esistenzialisticamente contrapporvisi, magari col suicidio, o chi invece lo accettò come superiore prova della dignità umana, o chi infine lo escluse dalla propria condotta attiva, preferendo lo agnosticismo e l'indifferenza.

In tutti i casi, è noto che sulle varie interpretazioni dei motivo dell'assurdo si fondano molte delle opere più significative del nostro tempo. Poi, l'acutizzarsi della crisi e la guerra da un lato accentuarono la sensibilità dell'assurdo, dall'altro segnarono il suo tramonto, sotto l'urto dl quei principi da cui nacque il nuovo umanesimo.

Nella poesia dl Dino Campana, una delle caratteristiche di più alto rilievo, che però non i' stata ancora lumeggiata dalla critica, può essere scoperta in questa constatazione: che quella poesia ha vissuto con singolare pienezza l'evoluzione dall'irrazionale all'assunto, o meglio, che essa rappresenta inequivocabilmente il momento cruciale di quella trasmutazione.

La poesia dl Campana costituisce infatti, per molti aspetti, l'estremo trionfo dell'irrazionale, il punto della sua maggiore macerazione, quando cioè la esuberanza alogica si fa sovraccarica e tende a smarrire nel tono delirante ogni misura di statistica compostezza: d'altro canto, questa poesia nelle sue sconvolte movenze, nella sua evocazione dl un mondo che perennesnente combatte con i termini delle comuni certezze, prelude ed anticipa le forme tipiche dell'assurdo, pur senza rivelarlo. come è ovvio, in quelle più coscienti e articolate !classificazioni che esso verrà ad assumere soltanto in una fase posteriore.

Col riconoscere che i Canti Orfici si svolgono sull'itinerario dall'irrazionale all'assurdo, non si vuole esclusivamente precisarne la posizione storica nella letteratura italiana del Novecento, o peggio, limitarne il valore alla mera funzione documentaria: quel riconoscimento si rivelerà particolarmente fecondo di spunti critici soltanto se non sarà ristretto alla sua utilità di registrazione cronistica, ma sarà piuttosto accettato conte un principio vitale dell'arte campaniana. Principio operante perciò non tanto sul piano storico,quanto su quello della fantasia e dell'espressione.

Allora, a chi consideri gli Orfici come il dominio dell'irrazionale già lanciato verso le fascinose figure dell'assurdo, non potrà sfuggire una seconda constatazione: che la poesia del Canmpana, proprio perchè punta decisamente su questi due elementi, risulta rispetto alle altre del Novecento assai più ricca di immagini, dl trasposizioni, di trastigurazioni alogiche e analogiche, o meno appesantita da intrusioni riflessive e concettuali.

Quella del Campana è un'inventiva di genuina e a volte sfrenata vivezza: perciò il limite negativo della poesia campaniana va spesso ricercato non già in un indebolimento della visione lirica, bensì nel suo offuscamento, che è prodotto dalla precipitosa e ingombrante irruenza dello slancio intuitivo.

Ancora, in virtù del riconosciuto sviluppo irrazionale-assurdo, non sarà più sufficiente accostare la poesia del Campana a quella di Rimbaud anche se questo motivo tanto insistito ed abusato dalla critica sia legittimato da qualche parallelismo di stile (ma esagerato per meno probanti analogie biografiche). Bisogna piuttosto ricollocare molti fantasmi campaniani a certe scene abnormi di Edgard Poe o anche ad alcuni atteggiamenti dello stesso Rimbaud, ma in lui derivati, attraverso Baudelaire dal poeta dei Corvo.

La critica, inoltre, ha dimenticato di sottolineare una più recente concomitenza sul piano della fantasia, suffragabile peraltro con puntuali raffronti dei testi, tra alcuni fenomeni espressivi campaniani e quei processi di dissociazione psichica ovvero di allucinato realismo che caratterizzano certe angosciose pagine del Malte di Rilke.

E' questo, tuttavia, un accostamento che va meditato senza compiacenze e forzature polemiche che possano dilatarne l’esatta misura, anche perché in Malte, che vive già oltre il fatto irrazionale in senso stretto, la coscienza dell’assurdo è assai più lucida e consequenziale che non nel Campana, ove si manifesta ancora informe e indisciplinata.

Così sarebbe forse imprudente precisare se le riscontrate analogie Campana - Rilke siano consapevoli oppure fortuite; anche perché le due ipotesi potrevvero verificarsi entrambe e perciò coesistere senza escludersi: molto più sostanziale e significativa è invece la considerazione che, nell’uno e nell’altro caso, Campana e Rilke e moltissimi altri si venivano orientando verso quelle forme creative che già allora (e ancor più in seguito) attingevano suggestione ai mondi dell’irrazionale e dell’assurdo.