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Sebastiano Vassalli: Il matto Campana e il suo biografo

 

 Dal Corriere della Sera, 11 ottobre 1998, p. 27

 

Viviamo in un mondo dove c'è sempre meno da fare, e dove le alternative al grattarsi le ginocchia sono sempre più rare: almeno, così sembrerebbe. Leggo su «L'Espresso» che il portavoce della famiglia Di Bella, tale Camponeschi, ha a sua volta un portavoce; e ora ricevo una «Biografia di Carlo Pariani medico psichiatra», scritta da Roberto Maini e pubblicata in una miscellanea della Biblioteca Marucelliana di Firenze. La biografia di un biografo. Carlo Pariani, per chi non lo sapesse, è l'autore di quella «Vita non romanzata di Dino Campana», che Vallecchi pubblicò nel 1938 e che, oltre a esser piena di balle, è un documento per molti aspetti agghiacciante. (Ma alcuni, tra cui il Maini, sono tuttora convinti che sia la fonte della verità). Dalla biografia del biografo emerge un dato curioso.

Lo psichiatra Pariani aveva dei problemi, anche piuttosto seri con le donne, e ne attribuiva la causa ai libri. Già anziano, scrisse alla nipote Elena: «I libri rendono infelici, perdi tutto, mi hanno fatto soffrire»; e le raccontò di essere fuggito, tanti anni prima a Firenze, davanti a una signora giovane e bella. («Che mani calde che ha», e lei, avvicinandosi con fare invitante: «Ho tutto caldo, anche il cuore»). Da allora, il nostro psichiatra aveva dedicato le sue energie esclusivamente ai matti e agli studi. L'incontro della sua vita fu, nel 1926, quello con il matto Dino Campana: che inutilmente (lo dice lo stesso Pariani) recalcitrò e cercò in ogni modo di sottrarsi agli entusiasmi dell'aspirante biografo. Era chiuso in un manicomio, e non poteva sfuggirgli.       


Paolo Pianigiani: Recensione a una recensione

Agosto 2006

Biografi di biografi, si stupiva Vassalli… E io, parafrasandolo, sarò recensore di un recensore, che non mi è piaciuto, nemmeno quella volta, e non smette di non piacermi, anche a distanza di anni. Anche allora (e si era nel 1998) il sig. Vassalli non  perse l’occasione di stare zitto, pur avendolo promesso il 26 novembre del 1993, a tutta pagina sul Corriere della Sera: … "Non credo che scriverò più su Dino Campana".

Promessa al vento, ha scritto ancora e ancora scriverà.

Aveva da dire, infrenabile, la sua sparata puntuale e in negativo su chi si era presa la briga e l’impegno di ricercare fonti certe e documentate, su persone e avvenimenti grazie alle quali abbiamo notizie indispensabili per conoscere il poeta Dino Campana. La vita non romanzata, pubblicata dal Pariani nel 1938, è ancora oggi un documento fondamentale e insostituibile, preso come fu, dal vivo (qualunque fosse il senso di questa parola in quelle stanze, lassù, a Castel Pulci, in quegli anni). Per non dire dei documenti che lo accompagnano, la celebre foto, le riproduzioni della lettera a Binazzi, estremi segnali che ancora ci parlano degli anni ultimi dell’autore dei Canti Orfici.

Certo alcune notizie vanno analizzate, comprese, giustificate, come i 5 anni di permanenza in Argentina: evidentemente troppi.

Ma quale altra fonte ci avrebbe dato le stesse informazioni e le stesse emozioni?

Forse il libro di Vassalli, che pure dal libro del Pariani ha preso a piene mani spunti e riferimenti? Un libro che è nulla di più di un romanzo, e come tale deve essere letto,  e che certamente non è una biografia, nel senso che in lingua italiana si dà a questa parola.

Roberto Maini col suo articolo, frutto di un attento lavoro di ricerca, ci ha restituito un profilo professionale e umanissimo del medico biografo, che ci aiuta a meglio comprendere le pagine che raccontano i suoi incontri con Dino.

E questo risulta chiaro da una semplice lettura del testo.

Macchè! Come direbbe Campana! "Nulla di utile…", ci manda a dire Vassalli: quello che ci rimane dal testo del Maini (probabilmente quello che lo scrittore genovese ci ha capito o ci ha voluto capire) è che lo psichiatra interrogatore era impotente con le donne, era un sadico aguzzino buono solo a perseguitar matti, che non potevano scappare alle sue fobie, rinchiusi com’erano nei manicomi. Dove invece avrebbe dovuto essere rinchiuso lui, il Pariani, e a quattro mandate di chiavi, lui che era matto, e sul serio!

Non serve a nessuno, se non, forse, ai botteghini degli editori, questo ruolo di interprete, piagnucoloso e ostile verso tutti, della difesa di Dino, o della immagine che di Dino, Vassalli si ostina a riproporci.

E’ l’ora che la smetta e si decida a prendere atto che la verità, qualunque essa sia, è sempre il frutto dei documenti certi, e non va ricercata nelle difese a oltranza di punti di vista personali o, peggio ancora, nei suoi altrettanto personalissimi punti di vista da romanziere.

Come, del resto, non mi è piaciuta per nulla la sua edizione “al sangue” delle opere di Campana.

Ma di questo ne ho già detto male in altra sede.