papinidedica

 

DINO CAMPANA A GIOVANNI PAPINI

 

[Genova, maggio 1913]

Caro Papini,

Leggendo il vostro Lacerba mi sentivo1 invaso da un senso di rispetto verso l’immortale pedanteria italiana: come maestosa impassibile troneggia nelle vostre truculenze.

Lacerba è un foglio riformatore! Infatti è il perfetto catalogo dei comandamenti dell’Anticristo: così voi dite a tutte le altre pecore che vi leggono o che vi odiano: così fanno dell’arte rivoluzionaria i vostri Govoni ecc. «Le cose che fanno la Primavera»2. Ora Bergson3 direbbe che colle cose che fanno la Primavera non si fabbrica la Primavera.

Non ho letto il vostro discorso sul futurismo4 ma lo stato di filosofo implica una purità di coscienza tale che non può essere altro che artistica5: ora se io ammettessi che voi foste filosofo e che foste riuscito ad esserlo tanto doverosamente, tanto latinamente, e tanto classicamente da riassorbire questa coscienza artistica, non vi dovreste voi vergognare tuttavia di sputare in faccia al sentimento artistico che infondo è l’unica ragione del vostro essere come filosofo, di sputare in faccia dico a questo sentimento artistico facendo servire da mezzana per la propaganda delle vostre idee un’arte falsa e bastarda? ????? E se di arte non capite più niente cavatevi da quel focolaio di cancheri che è Firenze e venite qua a Genova e se siete un uomo d’azione la vita ve lo8 dirà e se siete un artista il mare velo dirà.

Ma se voi avete un qualsiasi bisogno di creazione non sentite che monta attorno a voi 1’energia primordiale di cui inossare i vostri fantasmi?

Accademia della Crusca

        »       dei Lincei

        » del Mantellaccio: si, voi siete 1’accademia del Mantellaccio; con questo nome

che ora vi dico in confidenza, io vi chiamerò se non rispettate di più 1’arte.

Mandate via quella redazione che a me sembrano tutti cialtroni. Essi sono ignari del

«numero che governa i bei pensieri»10.

La vostra speranza sia: fondare l’alta coltura italiana. Fondarla sul violento groviglio delle forze delle città elettriche sul groviglio delle selvagge anime del popolo, del vero popolo, non di una massa di lecchini, finocchi, camerieri cantastorie, saltimbanchi,  giornalisti e filosofi come siete a Firenze. Sapete, essendo voi  filosofo sono in diritto di dire tutto: del resto vi sarete accorto che sono un’intelligenza superiore alla media.

Per finire, il vostro giornale è monotono, molto monotono: l’immancabile Palazzeschi, il fatale Soffici: come novità: Le cose che fanno la Primavera.

In verità vi dico tutte queste cose non fanno la Primavera ma l’inverno. Ma scrivete un po’ a Marinetti che è un ingegno superiore, scrivetegli che vi mandi qualche cosa di buono: e finitela colla critica. Mostri di contradizione siete: avete la spudoratezza di riportare [:«] No, se noi che siamo guariti abbiamo ancora bisogno di un’arte [»] (in ogni caso, suppone Nietzsche, noi non avremo mai bisogno di una filosofia) [«] è di una tutt’altra arte11: di un’arte giuliva, leggera, fuggevole [»] ecc.12... Ah! ha.un bel dire Nietzsche, in fondo avete ragione voi: egli predica agli elefanti.

Per finire io vi mandai due mesi o tre o quattro fa un bozzetto13 più corto di questa lettera, un bozzetto meraviglioso di un’arte veramente nuova. Molto probabilmente non ci avrete capito nulla e l’invidia dei vostri collaboratori ve lo avrà fatto distruggere: io non ve lo invierò certamente più (Honny, s.q.m.y. pense).

Scrivetemi se ne avete voglia. Non comprerò più il vostro giornale e farò propaganda contro che difendete i bastardi della poesia.

Con nessuna stima per ora vostro

Dino Campana

Vico inferiore del Roso - 3 piano ultimo

Genova


Note:

IV. Lettera di quattro facciate in carta da pacchi di color lilla. La data approssimativa di questa lettera si arguisce dalla pubblicazione del periodico, citato da Campana: “Lacerba”, I, 9, l maggio 1913. FPC/AGP. Edita in LML, pp. 99-101, poi in Souvenir, pp.52-54.

1 Nell’autografo: «pensavo» sostituito con «mi sentivo».

2 Cfr. C. Govoni, Le cose che fanno la primavera, in «Lacerba», I, 9, l maggio 1913, p. 95.

3 Il filosofo francese Henri Bergson era molto letto in ambienti italiani antiintellettualistici. Vd. G. Papini, Sul pragmatismo, Libreria Editrice Milanese, Milano 1913 e G. Boine, La novità di Bergson, «Nuova Antologia», XLIX, 1025, 16 settembre 1914, pp. 24-27.

4 Cfr. G. Papini, Discorso di Roma, in «Lacerba», I, 5, l marzo 1913, pp. 36-41.

5 Nell’autografo: dopo « artistica», «infatti», cassato.

6 Nell’autografo: «all’arte», sostituito con «al sentimento»

7 Nell’autografo: dopo «Firenze», «se siete un uomo d’azione», cassato.

8 Nell’autografo: «lo», aggiunto fra le righe.

9 Nell’autografo: dopo « voi», «sie», cassato.

10 Vd. Gabriele D’Annunzio, Elettra, Canto di festa per Calendimaggio, v.79:

     “Torbidi uomini.uscite dalla porta,

      Disertate le mura ove il tribuno

      Stridulo, ignaro del misterioso

      Numero che governa i bei pensieri,

      Dispregia il culto delle sacre Fonti;...”

Da: Souvenir d'un pendu, a cura di G.C.Millet, Edizioni Scientifiche Italiane, 1985