TACCUINETTO FAENTINO

 

Nota al Testo

 

di

 

Domenico De Robertis

 

 

 

Quadernuccio per appunti di formato piccolo allungato (mm. 13,8 d'altezza x 80 di larghezza), del tipo di quelli sui quali i clienti si fanno segnare dal bottegaio i debiti della spesa giornaliera, di carta a quadretti piccoli del tipo protocollo, dagli angoli arrotondati, rivestito di tela cerata, nera, ora assai logora in costola, e dal taglio tinto di rosso.

Nel rovescio di uno dei due piatti della copertina, della stessa carta a quadretti, una stampigliatura a inchiostro da timbri violaceo con scritto: Cart. C[...]i - Faenza (la seconda parola cancellata a lapis copiativo: il tratto illeggibile, rappresentato dai puntini tra parentesi quadre, corrisponde allo spazio massimo di 3 lettere).

Consiste attualmente di 39 carte, cioè 78 pagine, riunite in due fascicoli diseguali cuciti alla copertina mediante due punti metallici ciascuno: ma almeno 8 carte (pari a 18 pagine) risultano strappate, sicché in origine il fascicolo maggiore consisteva di 19 fogli (pari a 38 carte, di cui 32 superstiti), il minore di 5 fogli (cioè 10 carte, di cui 7 superstiti).

Non è escluso che al centro del fascicolo maggiore sia stato strappato almeno un altro foglio, dato che non c'è continuità testuale tra le due pagine interne del foglio centrale; mentre non sembra che altrettanto possa essere avvenuto per il fascicolo minore, dato che le pagine interne del foglio centrale sono occupate da un testo unico.

Siffatte disparità nella composizione dei fascicoli sono comuni in quaderni come questo, ed è comunque impossibile che il fascicolo minore raggiungesse in origine la mole dell'altro, la copertina essendo ben stretta intorno ai fogli, e appena sufficiente per lo spessore di una cinquantina di carte.

Le pagine non sono numerate, né si può stabilire, a rigore, da che parte il taccuino cominci e dove finisca, dato che esso è scritto in entrambe le direzioni, e cioè cominciando dai due estremi. La stampigliatura della cartoleria faentina non costituiva naturalmente regola per lo scrivente; né alcun elemento interno ci aiuta a risolvere il problema della « direzione ».

Anzi un esame accurato porta a concludere che probabilmente non esistette nemmeno un « tempo » in cui una direzione prevalse sull'altra, e che l'aver cominciato a scrivere, necessariamente, da uno dei capi non significa che lo scrivente persistesse in quella direzione, e che a un certo momento capovolgesse il taccuino e si fissasse sull'altra.

Le due stesure furono praticamente sincroniche, cioè continuamente alternantisi, e si corsero incontro fino a sovrapporsi e superarsi, finché cioè non restò allo scrivente che utilizzare gli spazi lasciati bianchi dalla stesura opposta. Occorre comunque, per comodità di lettura e di identificazione delle parti, e per poter rendere esatto conto della nostra trascrizione, stabilire un ordine pratico di successione delle pagine, e quindi un punto di partenza.

Il taccuino fu acquistato in una cartoleria di Faenza. E proprio all'estremo opposto della stampigliatura che reca il nome di quella cartoleria s'inizia una lunga serie di appunti su quella città e sul suo museo, che è oltre tutto il più lungo testo organico dell'intero taccuino. Assumiamo perciò l'inizio di tale testo (sulla pagina esterna del fascicolo maggiore) come origine della numerazione. Indichiamo con A la direzione di stesura procedente secondo la numerazione così fissata (pp. 1 sgg.), con B la direzione opposta; con a e con b rispettivamente le facce interne della copertina da cui parte e a cui arriva la numerazione.

Le carte strappate sono esattamente: una avanti p. 1, due fra p. 26 e 27, due fra p. 42 e 43, una fra

p. 62 e 63, tre dopo p. 78. Il taccuino è scritto prevalentemente a lapis, soprattutto copiativo, in misura minore normale di grafite. Ma son numerose anche le pagine a penna. Non è raro il caso di due tipi di materiale scrittorio impiegati nella stessa pagina, o l'uno sopraggiungendo all'altro per correzioni o integrazioni, o per occasioni diverse.

Oltre a due opposte direzioni di stesura, talvolta anche concomitanti in una stessa pagina, si hanno due diversi sensi per ogni direzione, normale, cioè da sinistra a destra della pagina tenuta verticalmente, o longitudinale, cioè tenendo il taccuino aperto con la costola orizzontale. E anche qui in parecchie carte capita che si mescolino direzioni e sensi diversi. E si dà persino il caso di tre pagine contigue (73-5), scritte ciascuna in direzione A, ma dall'una all'altra delle quali il testo procede a ritroso in direz. B, dalla 75 alla 74 alla 73.

Tutto ciò verrà specificato di volta in volta nelle note ai singoli testi. Diremo qui solo che la direz. A prevale nella prima parte del taccuino, copertina a e pp. 1-35, con l'eccezione di p. 26, adoperata in direzione B ma in continuazione di un testo scritto in direzione A, e del mescolarsi delle due direzioni a p. 31 (in senso longitudinale solo una parte della copertina a, una nota di p. 4, parte di p. 24, e le pp. 26 e 30-2); ma si spinge ben addentro nel territorio dell'altra direzione (parte di p. 42, la p. 53, parte di pp. 54 e 55, le pp. 73-5, parte di p. 77, e la copertina b).

Nella stesura della direzione B prevale invece il senso longitudinale (in senso normale solo le pp. 78-76, 60, 58, 56, 52, 50, 36). In un caso, p. 44, un testo scritto in direzione B si capovolge e continua in direzione A, sempre in senso longitudinale. Sono bianche le pp. 37, 47-8, 66-8.

Nella nostra trascrizione i tratti compresi tra < > si intendono cancellati. I passi illeggibili si rappresentano con puntini tra parentesi quadre. Le lettere o i segni d'interpunzione tra parentesi quadre sono nostre integrazioni congetturali. La riproduzione del testo è scrupolosamente diplomatica. Non sono segnalati esclusivamente i rifacimenti di lettere dovuti soltanto a sforzo di chiarezza grafica, o per ovviare a meccanici trascorsi di penna.

Tutti i richiami ai testi di Campana già editi si riferiscono al volume Canti orfici e altri scritti, quinta edizione a cura di Enrico Falqui, Vallecchi, Firenze, 1960, che qui si cita con la sigla C.o. seguita dall'indicazione delle pagine relative.