Dino Campana nel ricordo di Viola Papini


dal libro "La bambina guardava"

ricerca di Claudio Mercatali

 

 

Viola Papini, figlia di Giovanni, il noto critico letterario, sposò Stanislao Paszkowski, della famiglia proprietaria del famoso bar di Firenze, cenacolo di artisti e poeti nel primo Novecento.

Da piccola era abituata al gran via vai di scrittori, giornalisti e critici d'arte che frequentavano il bar e la casa di suo babbo, in via Colletta, vicino a via Bolognese, a Firenze. I suoi ricordi rimasero chiari e precisi, come spesso quelli impressi nella memoria infantile e così nel 1956 scrisse il libro La bambina guardava, edito da Mondadori. Che cosa rammenta Viola di Dino Campana?

 

 

 

 

Leggiamo:

" ... Dino Campana arrivò trafelato una mattina verso mezzogiorno; anche questa volta tu (Giovanni Papini) non eri in casa. Quando gli dissi che eri fuori rispose: "Fammi entrare nel suo studio". Io gli spalancai la porta.  Fissata per qualche istante la tua scrivania deserta, voltò su di me il suo torace affannato, rimpinzato di cenci, infrittellato, e guardatomi con rammarico pronunciò questa sola parola: tornerò. Sembrava un accattone accaldato, le gote bolse e rosee per la corsa che aveva fatta, le guance velate di pelame chiaro da adolescente, la pelle lustra e tirata da sacerdote orientale.

M'intenerisco, adesso, a ripensare di essere stata in quel mattino, per qualche minuto, la testimone della sua "passione".

Infatti, come seppi in seguito, era venuto a Firenze da Marradi per imbattersi con Soffici, al quale aveva consegnato il suo manoscritto dei Canti Orfici con la speranza che venisse pubblicato nelle edizioni della Voce, ma il manoscritto per disgrazia andò perduto, ed egli, che lo rivoleva ad ogni costo non avendone altro, s'era fissato di vendicarsi uccidendo Soffici, oppure te in mancanza di lui, perché avresti anche potuto essere la causa di questo smarrimento.

 

 

 

Aveva cercato uno o l'altro di voi alla libreria della Voce e nei caffè cittadini, e come extrema ratio era arrivato in via Colletta. Pare, a quanto si dice, che avesse proprio in quel mattino che parlò con me, un coltellaccio dentro la tasca del pastrano. Io dunque ho parlato con un tuo fallito assassino.

Ho letto una lettera di lui spedita da Lastra a Signa dall'albergo Sanesi indirizzata alla mamma; la calligrafia è di analfabeta, il contenuto straziante, esaltato, sconvolto. Si raccomanda a lei perché interceda presso di te:

"Voglia aiutarmi a trovare un' occupazione per me presso qualche giornale. Andrei tanto volentieri presso suo marito, col quale spero di ritornare amico e che mi perdonerà, visto il mio stato d'animo nel quale ho sempre vissuto finora".

E questo per liberarsi di una perfida donna. "Quella donna mi ha iniettato il veleno nel sangue""Questa carogna è piombata su di me come la collera di Dio, e mi ha lasciato distrutto dall'orrore".  


Fonte: Paskowski Papini Viola, La bambina guardava, Arnoldo Mondadori 1956