Alberto Tallone, lo Stampatore di Alpignano

 

 

DINO CAMPANA E I TALLONE

(con fermata a Empoli)

 

di Paolo Pianigiani

 

 Articolo pubblicato su il Bullettino Storico Empolese anno 2018, dedicato a Giuliano Lastraioli

 

Premessa

Parlare di poesia con Giuliano non era facile. Quando, credendo di fargli piacere, gli parlai del suo primo e unico libro di poesie, i Canti nell’ombra, mi apostrofò: l'ho rifiutato! Son cose da ragazzi. A me interessa solo la storia, la storia degli uomini... Ma quando, recentemente, siamo andati a prendere la sua biblioteca privata, donata dalla famiglia, insieme agli altri libri, a tutti gli empolesi, ecco la gran sorpresa che non ti aspetti: nella libreria che Giuliano si teneva in casa, lontana dagli occhi di tutti, si è visto che la poesia era ben presente, letta e commentata. Tutta, dai lirici greci fino a Montale. Immancabili i Canti Orfici di Dino Campana. Ne parlammo una volta, lui assolutamente carducciano, io assolutamente, campaniano. Si finì con parlare della Sibilla, concordando che la sua figura di musa per il poeta di Marradi era di secondo piano e forse inesistente, essendo apparsa nella vita di Dino solo dopo la pubblicazione del suo unico libro. Ho approfondito, quel poco, un aspetto della biografia di Dino Campana. Pensando che Giuliano lo avrebbe letto con piacere, con quella benevolenza che non mancava mai. Incidentalmente si citerà anche la nostra Empoli, cosa che gli avrebbe fatto subito alzare in aria il sigaro. Si fermi, qui si deve approfondire! Lui era così, il mondo girava intorno a Empoli. Si ricordi, meglio primo a Empoli che quarantesimo a Firenze!


 

I Tallone

Una grande famiglia, nata per l'arte. Nelle sue forme più alte. Cesare, il capostipite, pittore e maestro di pittori. E a seguire tutti i suoi figli, tutti appassionati e protagonisti nei settori prescelti, cari alle Muse. E i soprannomi, che usavano in famiglia, bellissimi. Una famiglia sempre aperta e sempre in movimento. Erano amici della Sibilla, al secolo Rina Faccio, unico amore di Dino Campana. Anni indietro davo una mano al biografo di Campana, Gabriel Cacho Millet, lo scrittore argentino che era in procinto di pubblicare l'ultima edizione del carteggio che sarebbe uscita nel 2011, presso Polistampa a Firenze. Nessuno sapeva nulla dei rapporti fra il poeta e i Tallone. Solo una flebile traccia in un ricordo di Sibilla, conservato all'Archivio Gramsci di Roma. Teresa e Somarè che si sposano... Viene fuori il cognome di Teresa: Tallone. Comincia la caccia... Contatto Gigliola Tallone, a Milano, responsabile dell'Archivio di famiglia. Gigliola è una instancabile ricercatrice e ha pubblicato, fra l'altro, la monografia dedicata al nonno, Cesare.

Lei contatta i parenti, alla ricerca di tracce o ricordi persi negli anni. Abbiamo fortuna. Un ricordo scritto nel libro delle firme appartenuto alla "zia di Parigi", come la chiamava lei. Virginia Tango,1 sorella di Eleonora. Ma lei signora, ha del talento. Peccato che non se lo ricorda mai.2 Assolutamente autografo. Nel 1916, in agosto, come ha scritto Mario Luzi, divampa nei boschi di Casetta di Tiara l'amore fra Dino e Sibilla. Inizia con alti e bassi la convivenza fra i due scrittori, la collaborazione letteraria, le traduzioni per l'Istituto Francese che saranno uno dei pochi lavori retribuiti del poeta dei Canti Orfici. Sibilla presenta Dino a tutti i suoi amici. A Firenze abitava in quegli anni Virginia, detta Virgo. In via della Fornace. È una scrittrice di libri per ragazzi ed è anche mille altre cose. Fra l'altro è socia del Lyceum di Firenze e una delle lettere di Campana (che scriveva dove capitava) ha appunto l'intestazione di quel benemerito sodalizio.

Le cose fra i due amanti precipitano e Sibilla, dopo l'ennesimo litigio, scappa da Firenze affidando Campana agli amici, perché lo aiutassero se possibile a dimenticarla. Si sono ritrovate lettere che testimoniano i momenti drammatici che si susseguirono intorno a quegli anni: 1916, 1917... fino ad arrivare a quel drammatico 13 gennaio 1918, quando Campana a Lastra a Signa, dove risiede con la famiglia, combina qualcosa contro la sicurezza pubblica, e viene rinchiuso per il resto della sua vita in manicomio. Ma a dicembre del 1917 due sue lettere, quasi uguali spedite con qualche variante a due diversi destinatari, riportano in ballo indirettamente i Tallone. Dino per trovar pace si era trasferito in Piemonte, a Rubiana, su suggerimento proprio di Sibilla. Qui era stato ospite, presentato da amici comuni (i Tallone) di una tenuta agricola degli Albano di Roma, la Gran Vigna. E una delle due lettere è appunto scritta ad Elisa Albano. L'altra, la minuta, corretta con cancellature, la spedisce a Carrà. In chiusura si offre di custodire durante l'inverno la Granvigna, purché gli venga fornita la scorta di legna e siano cancellati i disegni del povero parente.

Uno dei misteri rimasti irrisolti, fin dalla pubblicazione di questa lettera... chi era questo povero parente? Lo ha scoperto Gigliola: era un pittore polacco, Zygmunt Perkowicz, ospite di Elisa Albano e morto suicida nel 1916. 


1 Gigliola Tallone, Virginia Tango Piatti Agar. Verona: Transfinito Edizioni, 2010.

2 Da Lettere di un povero diavolo, a cura di Gabriel Cacho Millet. Firenze: Polistampa, 2011, p. 241.


 

Disegni sul muro del "Povero parente" (da Archivio Tallone, Milano)

 

 

Si era innamorato, sembra corrisposto, di Emilia Tallone, detta "Milini", che frequentava con i fratelli la Granvigna. Il "povero parente" fu affrontato e convinto a ritirarsi da un altro pretendente, di cui è meglio dimenticare il nome; Zygmunt, come uno Jacopo Ortis, di foscoliana memoria, insomma. Si sono ritrovati questi disegni in una fotografia di famiglia e, quindi, è comprensibile come Campana, trovandosi in visita nella tenuta, li abbia visti sul muro e fosse venuto a conoscenza della storia. Superstizioso com'era aveva chiesto la cancellazione.

 

 

 

 

Nadia

E Empoli? Che c'entriamo noi? Cercando notizie e pubblicazioni di Virginia Tango, in arte "Agar", nella nostra straordinaria biblioteca ho trovato un suo libro. Conservato nel fondo di Nadia Cantini. Virgo lo aveva inviato ad Alfredo Cantini in occasione del primo compleanno della figlia Nadia, in seguito nota insegnante da noi, con casa in via Chimenti. Fu lei a farmi tenere in mano la prima penna a pennino. Aprendo quel librino, Rori e le sue bestie, edito a Torino nel 1926, è saltato fuori un messaggio, vergato da Virginia, che chiede all'amico di spedire a suo nome una missiva, che era allegata, da Empoli, per testimoniare il passaggio della scrittrice, che invece si trovava a Milano. Probabile indizio, secondo Gigliola Tallone, che la polizia fascista teneva d'occhio la scrittrice e che erano necessari di questi strattagemmi per potersi muovere a proprio piacimento in quegli anni difficili.

 

 

 

Paolo con Enrico e Maria Rosa Tallone a Pescia

 

 

Enrico Tallone

Sempre sui Tallone: qui vicino a noi, a Vinci, mi piace ricordare Enrico Tallone, che la mamma Bianca volle far nascere nella città di Leonardo. Storia anche questa straordinaria. La riassumo per parlare di un altro Tallone, Alberto, lo Stampatore. Alberto era andato a Parigi, perché aveva scelto la sua missione, stampare i libri a mano. Era il 1932. Con una lettera di presentazione di Sibilla Aleramo si era presentato a Maurice Darantière, che nel febbraio del 1922 aveva stampato l'Ulisse di Joyce. Solo quattro anni dopo rileva dal vecchio maestro la stamperia e apre la sua casa editrice, la Alberto Tallone Editore. Nel 1957 trasferisce tutto in Italia, ad Alpignano, in una proprietà di famiglia, utilizzando casse di legno che prima avevano contenuto bottiglie di Moët Chandon.

Era già un mito fra gli amanti dei suoi libri, stampati rigorosamente a mano in edizioni magnifiche. Nel 1950 era venuto a Vinci, con l'intenzione di stampare un libro su Leonardo, dedicato al Volo degli uccelli. Incontrò per caso Bianca, giovanissima sorella del suo ospite, Rolando Bianconi, il falegname che in quel periodo lavorava alla Biblioteca Leonardiana e che si era offerto di ospitarlo. Fu amore a prima vista. Tre anni dopo nasce Enrico, che ancora oggi dirige la stamperia Tallone, mettendo al mondo meraviglie rigorosamente composte a mano. È sua la magnifica edizione dei Canti Orfici. Ed è appunto nel suo archivio di famiglia ad Alpignano, che si sono ritrovate alcune delle carte campaniane di cui sopra si è parlato.


Bianca Lusena ritratta da Bianca Fabroni

Bianca Lusena

Finisco e chiudo con un'altra Bianca, in qualche modo legata a Empoli. È la bellissima crocerossina Bianca Lusena, di cui Campana si innamorò durante la sua visita a Bianca Fabroni Minucci, in arte "Donnabianca", pittrice marradese in villeggiatura ad Antignano in quel di Livorno; provò a conquistarla con una bugia, scrivendole all'impronta sotto un magnifico albero in giardino una poesia, dedicata al fidanzato appena morto in guerra. La poesia, intitolata "All'Italia", era stata, però, pubblicata da qualche mese su La Riviera di Mario Novaro. E regalata nell'originale da Bianca a Gabriel Cacho Millet, al termine dell'intervista romana concessa al biografo. Gabriel, da gran gentiluomo, si dimenticò di svelare il piccolo imbroglio. Grande fu la mia sorpresa quando si scoprì che Bianca era figlia del generale Leonardo Lusena, che abitò da noi intorno agli anni venti, proprio nel villino appartenuto a Renato Fucini, nella via omonima.

Lo stesso Leonardo Lusena che fu fra i fondatori della nostra Pubblica Assistenza e che partecipò, in evidenza nell'alta uniforme, nonostante la bassa statura, fra le autorità locali, all'inaugurazione del monumento alla Vittoria nel 1925. È stata la nipote di Bianca, Eleonora Chiarugi, empolesissima anche se oggi residente a Volterra, a raccontarmi tutto. E a portarmi le foto di famiglia e lo splendido ritratto di Bianca eseguito a Trieste proprio da Bianca Fabroni Minucci.

Il caso poi ha voluto che a Empoli sia nato anche il sito che contiene tutto quanto è stato possibile raccogliere su Dino Campana: documenti, fotografie, trascrizioni, filmati. Ma di questo non merita parlarne più di tanto, perché parla da solo:  è qui, intorno a voi!