La Stampa

12 Agosto 1988

 

TORINO — Sulla pagella c'è scritto 6 e 6 in lettere italiane, 6, 7e 6 in lettere latine, 6 e 7 in lingua greca, 4 in storia e geografia, 7 in filosofia, 6 in matematica, 4 in storia naturale. L'alunno deve riparare nella sessione autunnale. E nella sessione autunnale, con un 7 e un 6 in luogo dei due 4, passerà.

L'alunno, rubricato con il numero 11 di protocollo, è “Campana Dino di Giovanni, nato a Marradi il 30 agosto 1885”. Il liceo è il D'Azeglio di Torino, nel 1903. Assai prima di Pavese e di Mila, di Babbio e Giulio Einaudi. di Natalia Girtzburg e Primo Levi, la scuola di via Panni ha avuto fra I tuoi allievi l'autore dei Canti orfici, ma nessuno, all'interno del D'Azelio, lo sapeva.

 

 

Non lo sapeva neppure il preside, Giovanni Ramella, un intelligente studioso di letteratura contemporanea, che proprio su Campana aveva tenuto alcune lezioni ai suoi alunni della sezione F. Si è stupito quando — dietro nostra richiesta — ha trovato il documento negli archivi, dove giaceva da 86 anni. La fotocopia l’abblamo già consegnala al sindaco di Marradi, che ci aveva chiesto dl compiere una ricerca sulla presenza di Campana in Piemonte, per le annuali celebrazioni del poeta.

Per quali motivi Campana, bocciato al “Torricelli” di Faenza dopo la prima liceo, vagabondo l'anno successivo, abbia voluto dare l'esame di ammissione alla terza a Torino, in una scuota impegnativa come il D'Azeglio, non si riesce a sapere. Il nome del liceo torinese è dato di sfuggita nelle biografie, condite di inesattezze: e non solo su questo punto. Le inesattezze si ripetono per la terza liceo, Compiuta — anche questa non si sa perché — a Carmagnola. “Nel convitto Bresso”, Come scrivono alcuni, o addirittura “Breglio”, come riprendono altri, amplificando l'errore. Non è mai esistito un collegio Bresso a Carmagnola, ma soltanto un prof. Bresso che dirigeva l'istituto, come confidò Campana tantii anni dopo allo psichiatra Pariani, nel manicomio di Castel Pulci. Esisteva allora, ed esiste ancora oggi, il liceo Guglielmo Baldessano, realizzato nel 1888, e intitolato a un canonico torinese del '300, pioniere dell'educazione pubblica. E qui un'altra pagella, procurata dal preside Domenico Giraudo — anch'essa già a Marradi — aiuta a seguire la formazione del poeta.

Il dato più vistoso è l'assiduità alle lezioni. Quel ragazzo, che al “Torricelli” avevano considerato perduto per le troppe assenze, qui è sempre a scuola. Undici sole lezioni mancate nel secondo bimestre, due nel terzo. In compenso devessersi alterato qualche cosa nei suoi rapporti col professore di filosofia, la materia dove era passato a Torino can un bel 7. A Carmagnola, nel secondo bimestre, Campana si becca addirittura un 3 di orale e un 5 di condotta; deve presentarsi all'esame finale con un 5. Rimangono forti i voti di latino e greco, più deboli quelli di italiano, e ancora insufficienti di storia e geografia. La pagella non ci dà i risultati dell'esame finale. Secondo quanto scrive Sebastiano Vassalli nel suo libro su Campana, La notte della cometa la prova di maturità gli è favorevole. Il giovane di Marradi passa subito, con cinque 7 e tre 6; è praticamente la sola affermazione sicura della sua vita.

Poi comincia il suo itinerario ramingo, da un'università all'altra, sulle navi, nella pampa argentina, a Odessa; Campana passa di manicomio in manicomio, con qualche sosta in carcere. Ci sono vari fermi, anche in Piemonte. Il 30 luglio 1906 è arrestato a Bardonecchia, mentre ritorna da una fuga in Francia Nell'estate del 1909 fermato a Pallanza per “misure di pubblica sicurezza”. La polizia è messa sempre in allarme da quell’uomo senza fissa dimora, con l'aria sospetta, spesso privo di docu-menti.

Nel 1915 e dl nuovo a Torino. Ha già pubblicato i Canti Orfici, riscritti dopo che Papini e Soffici gli hanno perso l'originale, ma questo non basta a fare di lui un personaggio riconosciuto. La fama di squilibrato l'accompagna sempre. Per fortuna a Torino ha trovato un amico marradese che può aiutarlo. E' Anacleto Francini, giornallsta da qualche anno alla Gazzetta del Popolo, che gli procura un piccolo lavoro con la vendita dei giornali. il poeta, che ha venduto amanacchi e stelle filanti nelle fiere, può ben fare lo strillone per le vie di Torino.

Francini, come si apprende da una nota marginale del maggiore studioso di Campana l'argentino Gabriel Cacho Millet, è conosciuto in arte come Bel Ami, autore di testi goliardici che Campana recitava a Marradi. E “Bel Ami” è il personaggio che in duo con l'avv. Miaglia, in arte Ripp, inventerà negli Anni Venti il teatro dl rivista italiano Fra i loro spettatori, senza che lo sappiano, c’è tutta Ia giovane intelligenza torinese. Leone Ginzburg, Pavese, Mila, qualche volta ci trascinano anche Augusto Monti, tutti ad applaudire entusiasti

La vicenda di Campana sarà assai meno felice. Nel 1916 il poeta inizia la piu lacerante avventura della sua vita, con l’alessandrina Rina Faccio, in arte Sibilla Aleramo, in quegli anni a Firenze. Lei è già stata la donna di Cena, di Papini, di Boccioni, di Cardarelli e ora accende il poeta di Marradi, che ha undici anni meno di lei. Il rapporto è disastroso, i due si distruggono uno con l’altra. Dopo sei mesi di incontri e scontri, qualcuno cerca di divederli. Per salvare Campana ci vuole l’ara dei monti, un ritiro sulle Alpi. Un amico della Gazzetta del Popolo (ancora Bel Ami), lo indirizza a Rubiana, in Valle Susa.

Dove? Nell’epistolario Campana - Aleramo ci sono varie lettere datate Villa Irma. E, nonostante i toni passionali, hanno una serie di note tranquillizzanti. “Qua non mi manca nulla” “La casa è  ospitale” “Dovresti venire quassù. Si sta tranquilli.  Non c’è nessuno”. Secondo Vassalli sarebbe una villa in territorio di Almese, appartenente alla famiglia Rosa: ma il dato non è certo, neppure i vecchi per lui sanno dare notizie precise.

Invece no, i vecchi sanno. Alfonso Giorda, (il patriarca di Rubiana, classe 1901, per oltre ventanni sindaco del paese, ce l’ha indicata con sicurezza. Villa Irma , col nuovo nome La Pineta, è alla frazione Molar, nel cuore della montagna, a 800 metri di altezza. Era stata costruita nel 1913 dal prof. Renzo Bottinelli su un’antica proprietà della moglie, Irma Gallo. E li si era ritirata la famiglia durante la grande guerra, ospitando alcuni amici. Uno di questi era Campana.

Ora la villa è diventata un ristorante, ma non ha mai cambiato proprietà. La figlia di Bottinelli, Bruna, classe 1912, ci ha mostrato la sala con il grande caminetto, dove il poeta passava la serata con i suoi. E ricorda distintamente i racconti che le faceva la mamma su quel singolare personaggio. “Dicevano tutti che era matto, ma noi non ce ne siamo mai accorti”, ha ripetuto tante volte la signora Irma. Il clima di Rubiana gli faceva bene, i boschi di castagni e i monti che lo circondavano dovevano esercitare un influss benefico sulla sua salute.

Però qualche cosa di strano c'era. “In pieno inverno, scendeva sul torrente Messa, rompeva il ghiaccio, si spogliava e taceva ll bagno”. Ancora un segno di follia? O di poesia. La signora Irma non poteva sapere che, prima di viverla, quella scena Dino l'aveva scritta, in un poemetto dei Canti orfici, “La notte”: “Il torrente mi raccontava oscuramente la storia… E povero, Ignudo, felice di essere povero Ignudo, di riflettere un istante il paesaggo… Giunsi fino là dove le nevi delle Alpi mi sbarravano il cammino…”

Non scendeva solo al ponte, il poeta. Secondo quanto scrive Vassalli, andava tutti i giorni nel giardino della canonica, dove incontrava una donna, una specie di signorina Felicita valsusina, “nipote del parroco”, su cui non si dice molto di più. Ancora con la memoria dei vecchi, l'abbiamo Identificata il parroco era sicuramente Ariosto Re, arrivato a Rubiana nel 1915. Ma non aveva nipoti. almeno in parrocchia. La donna con la quale Campana cercava di dimenticare la Aleramo doveva essere “tota Maria”, un personaggio ancora oggi ben ricordato in Rubiana, che a don Re faceva da governante. Si chiamava Maria Encini, di Bussoleno, era nata nel 1887, due anni meno di Campana. dunque. Chi la ricorda allora parla di una donna alta, bionda e, in quegli anni, bella. La nipote, classe 1911, aggiunge che era una donna socievole, e non fa mistero della sua robustezza fisica. Se è lei la donna alla quale Campana ha dedicato due fra le sue ultime poesie, come suggerisce Vassalli, i conti tornano. “Grassa canonichessa sdraiata nel carrettino / che la bocca non si vede / che il seno non si scorge / il viso è muscoloso seta pallida nel riso della prima gioventù”.

Abbiamo trovato la sua fotografia. nel cimitero di Rubiana il viso sembra davvero muscoloso, “Gli occhi conscii e tranquilli”, come scrive Campana in altra poesia. Ma la cosa più impressionante è la somiglianza, nel naso diritto, nel disegno forte del viso, con Sibilla Aleramo. Fuggito dalla donna che lo stava perdendo. Campana aveva ritrovato una sua controfigura alpestre E' stato l'ultimo soggiorno sereno, forse il solo della sua vita. Pochi anni dopo, quello che oggi tiene riconosciuto come uno fra i grandi poeti del 900, sarebbe sprofondato nel buio del manicomio, per sempre.

 

Giorgio Calcagno

 


I premi Campana

MARRADI — I premi Dino Campana sono stati consegnati durante l'annuale manifestazione per ricordare l'autore dei Canti orfici. Il premio dl poesia è stato diviso ex aequo tra Marianna Bucchich per Il bosco Viennese (Garzanti) e Gino Nogara per L’ottavo giorno (Edizioni del Leone). II premio per la migliore tesi di laurea su Campana è andata a Marco Bulgarelli. Mario Maranzana ha recitato testi del poeta.


La Aleramo quando incontrò Dino Campana. Nei riquadro, il poeta ritratto da Primo Conti