Amalia Guglielminetti, fotografata da Mario Nunes Vais

 

 

Giovanni Boine

 

Plausi e botte

 

III Edizione con aggiunte e altri scritti a cura di Mario Novaro

Guanda Editore - Modena, 1939

 


 

14) AMALIA GUGLIELMINETTI

I volti dell'amore

Treves, 1914

 

Sono i volti di cartapecora di un amore blasé fatto fra gente in guanti e colletto spesso imbellettata e bistrata, per gli atrii d'hôtel, in sleeping, a caffè e qua e là nelle stazioni climatiche.

Novellette ciascuna con un suo caso curioso di gelosia senile, di adulterio compiuto alla svelta, di sentimento molto riflesso, di giochetto acido dove la passione non c'entra ma il ripicco, il capriccio, o la noia, o la vanità od il calcolo.

Arte non ce n'è; né caratteri né stile; ci son dei casi indicati rapidamente.

I quali non dico non abbiano anche, nel complesso di psicologico verismo che ostentano, la lor verità. Ma senti in fondo a questo sprezzo affettato, a questa elegante aridità di salottaia navigata qualcosa che è non delle novelle ma della novelliera; l'ostentazione di sé medesima come femina, l'esibizionismo.

Non ci arrabbiamo mica; né gridiamo allo scandalo. Perchè che cosa può importare in fondo ad una donna, dell'arte e della sua oggettività? Le donne scrivono - (ed anche molti uomini) per esibirsi; come passeggiano per strada o come si scollano a teatro.

Il libro prolunga le occhiate, il profumo, il dondolamento dell'anche, che par via via quand'è stampato, sentimentalità, spirito, o come qui leggera ironia di blasée, ma mira sempre in conclusione com'è naturale ed è giusto, all'eccitamento del maschio.

— Chiuso uno di questi volumi, questo od un altro, ognuno che veda chiaro dovrebbe concluder fra sè così: « Va bene. E vuol ora, signorina, passarmi il suo indirizzo? »

Gli arzigogoli critici, i giudizi, le classificazioni estetiche e storiche son fuor di luogo assolutamente.

 


 

20) AMALIA GUGLIELMIÑETTTI

L'insonne

Ed. Treves, 1913

 

Le botte date al numero 14 non impedirebbero i plausi al numero 20.

Qui si giudica libro per libro e non si leggono le critiche degli altri critici. E questa scrittrice m'interessa perchè spero di farle un giorno o l'altro accettare un filosofico consiglio che le darò più sotto.

Ragion per cui è probabile (qui, fino a nuovo avviso, i padroni siamo noi), che avendo cominciato con una sua pubblicazione del '914, risalga dopo quella del '13 a quelle. che So io di quand'ha principiato. Finché riescirð nell'intento.

— Poichè nemmeno qui v'è luogo a gran plausi; e che plauso si può dare a versi come questo che non sai se sia un verso od un rutto; e potrebb'essere messo come epigrafe a tutti gli altri: « Quasi per un bisogno di sadismo spirituale? »

Ma ecco qui la più benevola definizione di questo volume, per i distici del quale (sei a sei, mai di più), qualcuno fece il nome delle Elegie romane di d'Annunzio. Niente Elegie romane; questo è il ritmo d'infinite quartine di Graf, accomodato barbaricamente con rimalmezzo.

E proprio del sapiente tedio del Graf c'è qui, per la sostanza, il tentativo di contraffazione: come che so io, una monelluccia di dodici anni che si mettesse in capo di scimmiottare il nobile contegno e le pose della signora zia a cui ha fatta la visita.

— Senonchè qui la monella è una signorina emancipata ed i tedi e le noie li traduce in termini di esasperata sessualità, o bramosa, o sazia, od insoddisfatta. E riesce qualche volta all'idillio, crudo ma insomma vivo, come in Convegno al bosco, o spessissimo alla stupidità vanitosa di un giovanotto liceale che ci enumeri le sue nuove conquiste.

Una conquista ogni poesia; quanti cuori, signorina, e quanti corpi han distrutti questi suoi occhi « Si grandi, cosi ombrati di sfumature viola » ; questo fianco magro questa sua lunga forma... simile ad una tanagra » eccetera! E lei niente; crudele, fatale, dominatrice: — « Per un istinto — dominatore, vinto ti vuole il mio arido orgoglio.

Perchè già è inutile; vorrebbe bene sentirsi una volta tanto » « preda conquistata in fiero conflitto « Ma fragil donna, in sorte da amore ebbi un dono costante — l'orgoglio umiliante 'di sentirmi io la più forte ». (Cosicchè, è terribile, la par infine l'ira di Apollo nel primo canto dell'Iliade « molte anzi tempo all'orco — generose travolse alme d'eroi Che sebbene siano del castissimo Monti, son pur bei versi).

— I quali s'intende son tutti sfoghi donneschi da non badarci granchè; e tranne qualche ragazza in fregola o qualche critico che le somigli è impossibile che uno ritorni su questa roba come si torna sulla poesia sincera.

— Tuttavia, messa così la faccenda in chiaro, posso ora dire che qualcosa di sincero qui dentro c'è.

Ed è una febbre, ed è un’ansia come una sete, ed è una torbidità bramosa e malata, che poichè io non faccio l'ostetrico o lo psichiatra, non mi curo di caratterizzare nei suoi elementi o nella sua radice anatomica, ma che insomma ribolle scontenta e dolorosa sotto questo paludamento eccessivo di parole in ritmo.

C'è qui una inquieta sofferenza non espressa mai nettamente ma che anche attraverso la inutilità letterata del verso - fisso, ti turba e quasi ti angoscia. Il che era giusto dire.

— Ed ora ecco il consiglio. In Weininger Sesso e Carattere (ed. Bocca, che la Guglielminetti dovrebbe leggere per pigliar bene coscienza di sè) si osserva:

 come sia difficile parlar di psicologiche intimità femminili, perchè le femmine le celano, le mascherano, non le dicono agli uomini mai.

Legga Weininger la Guglielminetti e veda preciso. Ora l'autrice par disposta ad osare, anzi dice che « osò il coraggio insolito di chi confessa — con verità se stessa. Ma l'averci detto apertamente in All'amica folle che lei non ha gli stolti fervori di Saffo » e che più precisamente le piacciono i maschi soltanto; o l'averci descritta con aria tragica una sua notturna porcheria fatta in carrozza (pag. 135 e segg.) non vuol dir niente.

E' più di mezzo secolo che Madame Bovary l'ha fatta anche lei con più arte dietro gli sportelli chiusi di un brumme, su giù, per le vie maravigliate di Rouen — No, la sincerità non ha bisogno di ritmi o di contorni tragici.

Può la Guglielminetti dire una volta tanto in tre versi, non più, come Saffo se le riesce, quell'alcunchè di ansiosamente doloroso che le abbiamo riconosciuto più sopra.

Ma ci confessi più minutamente in prosa la poca poetica sessualità inutilmente truccata, la vanità, le psicologicheanatomiche intimità weiningeriane di tutto il resto; che si farà (dico sul serio) un merito scientifico e ci caverà una curiosità.