Bino Binazzi
Poeta Scrittore e Giornalista
Ritratto di un Figlinese a cavallo fra due secoli
di Gloria Manghetti
«Ci compiacevamo allora di ricordare il nostro stupendo Valdarno culla di sommi congeniali...»
Binazzo (Bino) Binazzi nacque a Figline Valdarno, in via Castel Guinelli, il 12 novembre 1878 da una famiglia di origine contadina, figlio di Olimpio Binazzi e Massimina Sommazzi.
Il nonno, Natale Binazzi, aveva un’attività piuttosto fiorente come fabbricante di cotonine e tintore tale da permettere un agiato benessere per sé e per tutti i suoi familiari a lungo riuniti sotto il medesimo tetto a Figline: la moglie Pergentina Margiacchi e i suoi figli, a loro volta sposati e genitori.
Quando in tarda età il capostipite venne a mancare, Bino, che tra i nipoti era «il più vispo e promettente», lo ritrasse in pochi versi che ne restituivano le «virtù patriarcali» e le indubbie qualità:
«Ne’ continui privati negozi esempio di probità / di munificenza a nessuno secondo / spirito vivace e arguto fino alla morte».
La famiglia possedeva un piccolo podere a Castelfranco di Sopra dove i ragazzi trascorrevano le vacanze, tra giochi e natura, alla scoperta di un mondo tutto nuovo.
Fu in questo ambiente, riscaldato dall’affetto dei nonni e dei genitori, che Binazzi trascorse un’infanzia serena, in compagnia del fratello Mario, della sorella Pergentina – a lui minori di dieci e tredici anni –, e di un folto numero di cugini.
A posteriori Ardengo Soffici, che di Binazzi fu caro amico, affermò che «il ceto da cui uscì, come il paese nel qual si destò prima la sua anima bambina», lasciarono sicuramente un’impronta profonda nella formazione della sua personalità.
Terminate le elementari a Figline, frequentò il ginnasio locale, alla scuola del maestro Giuseppe Frittelli, ritenuto il più famoso pedagogo del paese, ricordato per la sua severità e al tempo stesso per la solida formazione che impartiva ai suoi alunni nell’ambito degli studi classici ma non solo.
Dopo il ginnasio Binazzi, continuando la famiglia a risiedere a Figline, fu costretto a trasferirsi ad Arezzo per iscriversi al rinomato Liceo Petrarca, dove rimase fino alla licenza.
A quel periodo risalgono, insieme ai primi amori e alle lunghe camminate per le campagne e i poggi del Casentino, anche i primi versi, dopo le prove abbozzate fin da bambino.
E sempre in quegli anni, stando a quanto ricordato ancora da Soffici, durante le vacanze faceva per beneficenza «il filodrammatico, il ballerino e persino il prestigiatore in pubbliche rappresentazioni nei ritrovi e nei teatrucoli del suo paese».
Dopo il liceo, Binazzi lasciò Arezzo per iscriversi al fiorentino Istituto di Studi Superiori, ma purtroppo, compiuto il secondo corso dei suoi studi letterari, si trovò a dover interrompere la sua carriera di studente e ad abbandonare l’università a causa del tracollo finanziario del padre che, trasferitosi a Prato, aveva proseguito l’attività di Natale.
Era il 1900 e Binazzi, dopo un’infanzia agiata e serena, poco più che ventenne, improvvisamente precipitò in una condizione di disorientamento dalla quale, forse, non trovò mai il modo di riemergere.