20 AGOSTO 2002
 
 
 
 
Un giorno verso la fine del '59, avevo vent'anni e una vecchia millequattro, mio zio mi chiese di accompagnarlo in un grande ospedale allora quasi fuori Roma: dovevamo fare visita a una poetessa morente.
 
"Non solo la conosco da tutta la vita", mi spiegò lo zio durante il tragitto, "le devo i primi vaghi fremiti di erotismo. Quando ero bambino mi portava al cinema, qualche volta, innocentemente. Ma sapevo della sua fama di mangiatrice di uomini, e perciò la vedevo in una luce tutta speciale. In qualche modo, mi turbava".

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